70° edizione della Mostra del Cinema di Venezia

Alessandro Rossetto ci parla di "Piccola Patria"

Il lungometraggio del regista padovano nel giorno della sua prima proiezione nella sezione Orizzonti della rassegna

30 Agosto 2013

Alla 70° edizione della Mostra del cinema di Venezia, nella sezione Orizzonti, sbarca al Lido l’opera prima del documentarista padovano Alessandro Rossetto. Una sceneggiatura, quella di “Piccola Patria”, nata 5 anni fa, poi il progetto è entrato in fase operativa negli ultimi due anni. “La storia è drammatica, ci sono elementi di amore, di ricatto, c’è pure action - ci racconta il regista Rossetto - ma resta una tragedia con una sua parabola classica. Poi ho utilizzato, con molta libertà, la forma del linguaggio cinematografico”.

Un film indipendente che ha compiuto “l’impresa” di essere sostenuto dalle Film Commission dell’intero Triveneto, Veneto, Friuli e le province autonome di Trento e Bolzano: “sì, c’è stato un grande lavoro per questo ed è bello averle riunite, anche se la prima che ha creduto nel progetto è la Film Commission del Veneto”. E, seppur ambientata a Nordest, la storia potrebbe trovare collocazione “in ogni dove - ricorda Rossetto - ciò che viene descritto è la periferia.”

Una periferia-enclave, una “Piccola Patria” appunto, in cui si parla veneto e albanese ma non per collocare da un punto di vista territoriale la vicenda, piuttosto per essere più intimamente e profondamente vicini ai sentimenti dei personaggi che si esprimono con la lingua del territorio cui appartengono: "sì, i personaggi usano il dialetto, abbiamo lavorato per uniformarne le inflessioni, e credo sia un punto di grande credibilità della pellicola. Si parla anche albanese, visto che uno dei protagonisti e uno dei personaggi secondari, provengono da questa terra; la scelta è legata a rendere un senso di appartenenza più profondo. Il dialetto ci ha permesso di entrare di più nelle storie reali. Con Caterina Serra, con cui abbiamo scritto i soggetti - alla sceneggiatura ha poi collaborato anche Maurizio Braucci - abbiamo tracciato i soggetti, traendoli dalle storie che abbiamo sentito raccontare e le abbiamo sentite in dialetto".

Un casting fatto dal regista in un tempo ristretto e ricercando negli attori un certo tipo di formazione e una duttilità della lingua. Una recitazione che ha utilizzato la tecnica dell’improvising fiction, ossia l’immersione in situazioni di realtà, per poter sviluppare le scene pensate senza una precisa direzione ma lasciando aperta la finzione alla fluidità del reale.

Rossetto li ha fatti dormire, mangiare, vivere nello stesso luogo per un lungo periodo di tempo, sfruttando la possibilità di usare gli strumenti più affini al concetto del documentario e mettendoli al servizio della finzione. Per far dimenticare loro di esserlo e per fargli rivivere la storia e le sensazioni dei loro personaggi: "gli attori si sono preparati - racconta Rossetto - cercando un'appartenenza alla realtà che li circondava. In questo modo siamo poi riusciti a costruire delle scene che partivano da nuove idee, anche se poi alla fine non sono andati così lontano dalla sceneggiatura originale. Costretti in un piccolo spazio per portare una finzione in un quadro di realtà, con riprese non classiche, devo dire che hanno fatto un lavoro egregio, c’è una grande qualità nelle loro performance. E’ anche un film di corpi che narrano la vicenda".

La pellicola è stata girata la scorsa estate a Villafranca Veronese, in particolare all’hotel Antares, location al centro del lavoro come protagonista architettonico del film, e poi nel veronese, a Bussolengo, nel padovano, a Cittadella, nel trevigiano, in Friuli vicino Gradisca d’Isonzo, a Trieste e Monfalcone e poi, in Val di Non in Trentino e lungo la periferia autostradale, a Bolzano e a Merano.

Il Veneto è molto rappresentato fra gli interpreti del film: Maria Roveran è della provincia di Venezia, Roberta Da Soller è trevigiana ma vive a Venezia, Mirko Artuso è trevigiano, Diego Ribon è di Venezia ma vive a Roma, Nicoletta Maragno è padovana, poi Valerio Mazzucato è della provincia di Padova, ed è anche padovano Stefano Scandaletti che partecipa ad una scena in maniera amicale.

I  giovani protagonisti del film sono: Maria Roveran, allieva all’ultimo anno del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, Vladimir Doda, studente dell’Accademia d’Arte Drammatica “Nico Pepe” di Udine e Roberta Da Soller, curatrice di “S.A.L.E. Docks” presso i Magazzini del Sale di Venezia. Giulio Brogi infine che è stato uno dei volti, ad esempio, nella “Strategia del Regno” di Bertolucci, fa un vecchio veronese, brusco e con un’esperienza passata interessante.

Un film corale: “ci tengo molto a questo aspetto. I personaggi ci tengo a sottolinearlo sono stati pensati in questo senso, la secondarietà non c’è, nessuno dei caratteri finisce per essere solo un passaggio. Luisa-Maria Roveran e Renata-Roberta Da Soller sono le due protagoniste giovani, vivono un’amicizia abbastanza ambigua e sono anche abbastanza stanche di stare dove stanno, senza motivi profondi; ci sono delle cose nel passato di Renata che la rendono più solitaria e chiusa.

Entrambe sono selvagge in quello che fanno. Con l’aiuto dell’ignaro Bilal-Valdimir Doda, che è il fidanzato albanese di Luisa, un personaggio candido che si ritrova suo malgrado coinvolto in cose da lui nemmeno immaginate, ricattano sessualmente Rino Menon-Diego Ribon, oscuro amico del padre di Luisa, Franco Carnielo-Mirko Artuso. Franco è un personaggio sofferente da molti punti di vista, e con l’amico Rino condivide un’amicizia grezza e in parte xenofoba, di cui Bilal sarà vittima. Anna-Lucia Mascino è la mamma di Luisa, il loro è un rapporto complesso, la figlia “ne fa parecchie” ma lei le resta sempre vicina; Itala la sorella di Rino Menon è interpretata da Nicoletta Maragno, con lui forma una strana coppia di famiglia, entrambi ultra cinquantenni, con degli aspetti di ordine incestuoso, Matteo Cili è Anes, un guascone molto amico di Bilal che diventa protagonista nel finale del film. Giulio Brogi è una presenza, in un luogo del film, che potremmo chiamare la “casa dei ricatti”.

Mazzucato e Scandaletti fanno gli amici di Franco e Rino”. Per la distribuzione – conclude Rossetto - ci sono degli interessi diffusi”. Interessi da sondare lungo la Mostra, dove sono iniziate le proiezioni del film che è già stato selezionato per la 7° edizione del Queer Lion, premio collaterale della rassegna, premio cinematografico attribuito al “miglior film con Tematiche Omosessuali & Queer Culture”.

Un Nordest fuligginoso, fangoso e torbido, quello di Rossetto, ma pure disperatamente vitale in cui fra città e campagna si muovono e crescono le vite ai margini dei suoi protagonisti.

 
 

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