L'essere in divenire

Intervista a Stefano De Ponti

19 Dicembre 2014

Come sempre una presentazione è di rigore. Chi è Stefano De Ponti e di cosa si occupa

Sono ciò che divento attraverso tutto ciò che mi accade, mentre cerco di limitare il lavoro alienante e necessario per dedicarmi il più possibile alle cose cui tengo: la mia famiglia e la mia ricerca artistica, che in molti casi mi lega a persone vicine e lontane mantenendo vivi rapporti importanti.

Archivio Italiano Paesaggi Sonori, qual'è il tuo rapporto in seno a questa importante realtà di ricerca.

In realtà il mio nome non compare in AIPS, anche se ho avuto e ho dei contatti con alcuni degli artisti coinvolti e ne ammiro da sempre le attività e la dedizione . Non ti nascondo che ho avuto più volte la tentazione di contattare AIPS per capire come e se poter collaborare con loro, ma negli ultimi tempi sono sempre stato impegnato su molti fronti. Poi avevo bisogno di maturare più competenze in materia e capire meglio quello che stavo facendo e come.

Cerchiamo di spiegare ad un pubblico non esattamente orientato verso il suono di ricerca cos'è il field recording, una modalità di registrazione oramai parecchio diffusa ma ancora non molto conosciuta.

Non per cavarmela facilmente, ma c’è chi ne ha scritto molto meglio di come potrei fare io… consiglio a curiosi e ignari due nomi fondamentali come punti di partenza: Alain Lomax e Raimond Murray Schafer.

Quali sono le realtà italiane, oltre ad AIPS, che si occupano di questa espressione artistica.

Sono in contatto con Vacuamoenia e poi conosco paesaggiosonoro.it

 

“Sonospace” rappresenta un'altra tua collaborazione sempre nell'ambito del soundscape, un lavoro svolto a Venezia, se non vado errato.

Harry Sumner, creatore di Sonospace, mi ha chiesto di parteciparvi con un mio lavoro dopo aver sentito Teufelsberg selezionato da Vacuamoenia  per la compilation Crepe. Questo è stato il pretesto per concludere Venice - Soundscapes for a rediscovered picture, lavoro iniziato nel 2012. (http://www.sonospace.org/venice) La collaborazione è poi proseguita con la pubblicazione di Morocco Sketches, (http://www.sonospace.org/morocco/) che chiude la prima trilogia del progetto Hearing is Seeing / landscape series che presenterò il 19 e il 20 dicembre allo spazio ZUT! di Foligno.

Stefano De Ponti è un artista che si muove in autonomia o preferisce agire all'interno di una realtà nella quale agiscono altri sound artists.

Cerco sempre collaborazioni su più fronti, anche con artisti che usano linguaggi non direttamente collegati al suono. Per me è importante non diventare espressione di un ambiente. Non mi interessa l’appartenenza ad un sistema dove gli scambi avvengono sempre tra le stesse persone; è una condizione rassicurante ma allo stesso tempo asfittica.

Potresti dirci quali sono in Italia i nomi con i quali ti sei meglio confrontato?

Rimanendo tin ambito musicale durante il 2014 di sicuro Stefano Santabarbara aka My Dear KillerTonylight e il gruppo Otolab, loro abbastanza distanti dai miei sentieri musicali attuali e per questo estremamente stimolanti. In passato il violoncellista ticinese Zeno Gabaglio con il quale sono ancora in contatto e Matteo Uggeri degli Sparkle in Grey: lui mi ha davvero aperto dei mondi, gli devo moltissimo. Ultimamente ho fatto la piacevolissima conoscenza di Alessandra Novaga che secondo me ha fatto un dei dischi più interessanti del 2014. Poi ci sono le persone conosciute durante le esperienze fatte in ambito teatrale negli ultimi dieci anni: quasi mai musicisti e tutti, dal primo all’ultimo, in modi diversi, preziosi. L’elenco sarebbe lunghissimo, ma senza voler fare torti a nessuno cito i primi nomi che mi vengono in mente: Compagnia NUT, Gianni Farina, Zoe Teatro, Riserva Canini e Daria Deflorian. Ultima in elenco ma prima per importanza Eleonora Pellegrini: matematica, danzatrice e musicista, mia compagna nella vita e collaboratrice in diversi progetti non solo musicali, ascoltatrice acuta e spietata. Un punto di riferimento fondamentale.

 De Ponti e le macchine: come e cosa usi per creare il tuo sound?

Non so se il mio suono è determinato dalla macchine che uso, di certo ne è condizionato… ora che te ne parlo ci leggo per la prima volta l’aspetto negativo, ovvero quello dell’essere ancorati ai propri schemi, ai propri codici, nonostante l’ostinazione a volersi reinventare di continuo. Penso al sottile confine che delimita lo stile dalla maniera, così come la varietà dalla impersonalità. Comunque al momento sto scoprendo le infinite potenzialità dei Lumanoise made in Otolab…

 

Se non erro la tua produzione discografica comprende un solo cdr, ora sold out, uscito lo scorso anno per la Old Bicycle Records. Come mai solo una release fisica e molte digitali in tanti anni di attività?

Il Cd è uscito per Old Bicycle e Under My Bed in CDr e cassetta e di questa c’è ne sono ancora delle copie. In effetti è stata la mia prima uscita su label dopo anni di pubblicazioni fisiche e digitali sempre autoprodotte. La verità è che prima d’ora non mi ero mai veramente impegnato a cercare un’etichetta, mentre questa volta mi sono sentito più solido nella mia proposta e ho avuto un approccio più determinato. Non mi poteva andare meglio. Sarò sempre grato a Vasco e Stefano per la fiducia che mi hanno dato e la dedizione con cui hanno seguito tutto il progetto, anche e soprattutto dopo l’uscita del disco. Sembra una cosa scontata ma non lo è, per niente.

Qual'è il tuo parere riguardo un suono di cui, tutto sommato, anche tu ti occupi: l'ambient.

La considero una categoria datata, niente di più. L’ambient in quanto tale ha ancora senso solo se inserito in un contesto sonoro più ampio e articolato o rapportato ad altro. Di per se trovo che sia un genere che si è esaurito da tempo. Partendo dai capolavori di Brian Eno, passando per Michael Brook e Labradford, per arrivare agli Orb e a Dj Spooky per fermarsi poi a chi si diletta con la musica auogenerativa isolazionista da touch screen…

Ultimamente ho sentito i tuoi suoni a teatro, precisamente su Radio3 all'interno di un radiodramma tratta da uno scritto di Handke.  So che il teatro e la video arte sono parte integrante della tua attività artistica.

Si, fanno parte del mio percorso di ricerca da sempre. La video arte è arrivata prima del teatro, durante gli anni passati all’Accademia di Brera: Jonas Mekas, Michael Snow, Bill Viola così come Laurie Anderson e Stan Brakhage o Tacita Dean per citarne solo alcuni, sono stati una folgorazione. Le loro mi arrivavano come opere “totali”, dove tutti i linguaggi usati coesistevano in un rapporto sinestetico continuo. Il difficile è stato orientarsi, trovare un metodo e una direzione disciplinata, non farsi influenzare troppo senza negarsi la libertà di sperimentare. Il lavoro sul testo di Handke è stata un’occasione di quadrare un cerchio, l’anello di congiunzione tra letteratura, poesia, teatro e cinema e per quanto mi riguarda tra il mio passato e il mio futuro. È un autore a me caro da tempo, al quale con il precedente progetto musicale Passo Uno ci ispirammo molto. Approfondirlo attraverso un suo testo inedito da cui trarre un radiodramma insieme a due maestri come Daria Deflorian e Attilio Scarpellini è stato molto appagante; in particolare la mise en espace allo spazio Argot a Roma dove ho ricreato dal vivo tutta la drammaturgia sonora.


 Suono e immagine, mi sembra questo sia il tuo principale interesse. Perchè questa scelta e come operi.

Non si tratta di una scelta, è così, non posso scegliere. Ad esempio non riesco a pensare a un suono senza un corrispettivo cromatico e viceversa. Un rosso non sarai mai solo un rosso ma sarà anche un La. Diesis o naturale, calante o crescente dipenderanno da diversi fattori dovuti a intensità, luce, tonalità e al rapporto con altri colori.

Quali i tuoi sound artists di riferimento?

Ovviamente ce ne sono molti, quindi ti cito l’imprescindibile Phill Niblock e la scoperta Nicolas Bernier, del quale ho fatto per caso la conoscenza quest’anno, trovando il suo lavoro semplicemente unico.

Quali programmi ha Stefano de Ponti nel futuro?

Quanto prima spero di potermi prendere del tempo per riflettere su tutto quello che è successo durante gli ultimi dodici mesi, ma nell’imminente futuro mi occuperò di sostenere le prossime uscite già in calendario: il 22 dicembre su Many Feet Under(http://www.manyfeetunder.eu/), nei primi mesi del 2015 su Apparizione (http://aappppaarriizziioonnee.blogspot.it/) e contemporaneamente chiuderò il mix del nuovo My Dear Killer, prodotto in collaborazione con Stefano Santabarbara.

 
 

Link utili:

www.stefanodeponti.it

 
 

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