Laura Marling – Short Movie

by Aria (Vinylistics)

15 Aprile 2015

Sembra strano dirlo, eppure essere giovani e talentuosi sono due carte che non sempre formano il connubio perfetto dell’artista ideale. Più che altro per una questione di pregiudizio, di aspettative e di confronti con chi la storia della musica l’ha già fatta o comunque la sta già facendo da tempo.

Così se hai solo 25 anni, sei giovane e brava, vieni definita come l’erede di Joni Mitchell e ti chiami Laura Marling, forse un certo peso sulle spalle inizi a sentirlo. Scatta la paura di deludere le aspettative del pubblico ma anche, e soprattutto, quelle verso te stessa. Aggiungere a questo anche l’amaro per delle relazioni amorose finite male, e in più, la frustrazione di sentirsi delimitata, artisticamente parlando, proprio nei confini di queste stesse storie, non aiuta affatto. Si, perché le storie di cui si parla, sono relazioni famose avute tempo fa, prima con Charlie Fink dei Noah And The Whale (un minuto di silenzio per la loro fine avvenuta recentemente), band di cui ha fatto parte e con cui ha spesso collaborato e poi successivamente con Marcus Mumford dei Mumford And Sons (che poi magari un minuto di silenzio tocca pure per loro viste le premesse del nuovo album ma di questo parleremo in seguito). La Marling in realtà, sotto questo punto di vista, si è già ampiamente riscattata col suo penultimo album Once I Was An Eagle, un vero e proprio gioiellino intimo e personale dove ha saputo dimostrare e confermare nuovamente le sue capacità di cantautrice folk.

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Ma aveva ancora bisogno di ulteriore tempo, di un viaggio alla ricerca della sua vera identità, personale e artistica, di un’esperienza che le desse i giusti stimoli per esprimere al meglio la sua essenza. Così, dopo aver scritto e rifinito un disco completo e pronto per essere pubblicato, butta tutto nel cestino e ricomincia da capo. E’ una cosa sconfortante già solo a scriverla, figuratevi come si sarà sentita lei.. Bene. In realtà si è sentita più che bene, essendo convinta che quel lavoro non rappresentasse appieno se stessa. Così, in cerca della luce divina, decide di partire da sola per gli Stati Uniti dove ha girovagato per mesi, in svariati posti, in cerca della giusta ispirazione. L’esperienza americana l’è piaciuta cosi tanto da non voler tornare più in Inghilterra. Ora Laura vive a Los Angeles.

Pubblicato con la solita etichetta discografica Virgin, Short Movie esce il 24 marzo scorso divenendo ufficialmente il quinto disco della giovane cantautrice.

L’album prende il suo titolo da un episodio accaduto realmente proprio durante il viaggio on the road in giro per l’America, quando alla fine di un suo concerto, proprio nel locale in cui ha suonato, conosce un personaggio singolare, un hippy sulla sessantina che si siede al tavolo con lei e gli racconta tutta la sua vita, ripetendo più volte “Is a short movie”. Quante ne succedono oltreoceano, eh?

Proprio la title-track è stata il singolo che ha anticipato l’uscita dell’album. Uno dei pezzi più riusciti del disco che nei suoi quattro minuti e mezzo evidenzia proprio una delle componenti fondamentali che differenzia questo disco dai precedenti: un’interpretazione personale molto intensa, un tono più maturo e seducente. Tutto questo su una base musicale in continua progressione man mano che si porta avanti. Anche in questo senso, la sua musica cambia. Non più solo duetti tra voce e chitarra acustica. Il suono si arricchisce e quasi in tutto il disco si sente l’entrata in scena della chitarra elettrica e di una strumentazione più complessa a creare sonorità ancora più eccentriche. Decisamente in linea con la sua personalità.

La bellezza di Short Movie infatti sta proprio in questo, nella capacità che la Marling ha avuto nel portare avanti lo stesso flusso sonoro di sempre ma riuscendo allo stesso tempo a rielaborarlo arricchendolo di tutto ciò che ha avuto modo di imparare in questi ultimi due anni. Per questo motivo tutti e dieci pezzi sono riconducibili al suo stile e alla sua personalità, presentando allo stesso tempo ognuno un’essenza diversa.

La si trova intima e malinconica in pezzi come How Can I dove la performance con la chitarra acustica ci ricorda sempre chi è e da dove viene. Così come in Strange, dove la sua chitarra acustica incalza un ritmo tribale proprio a dimostrare la voglia e la capacità di cimentarsi anche in altri stili. Più cupa e inquieta nel brano d’apertura Warrior, dove la Gibson presa in prestito dal padre per realizzare queste canzoni si fa sentire forte. La risentiremo in False Hope e Gurdjieff’s Daughter, i pezzi più electric-rock dell’album. Più country-folk in Easy.

 

 

Pubblicato con la solita etichetta discografica Virgin, Short Movie esce il 24 marzo scorso divenendo ufficialmente il quinto disco della giovane cantautrice.

L’album prende il suo titolo da un episodio accaduto realmente proprio durante il viaggio on the road in giro per l’America, quando alla fine di un suo concerto, proprio nel locale in cui ha suonato, conosce un personaggio singolare, un hippy sulla sessantina che si siede al tavolo con lei e gli racconta tutta la sua vita, ripetendo più volte “Is a short movie”. Quante ne succedono oltreoceano, eh?

Proprio la title-track è stata il singolo che ha anticipato l’uscita dell’album. Uno dei pezzi più riusciti del disco che nei suoi quattro minuti e mezzo evidenzia proprio una delle componenti fondamentali che differenzia questo disco dai precedenti: un’interpretazione personale molto intensa, un tono più maturo e seducente. Tutto questo su una base musicale in continua progressione man mano che si porta avanti. Anche in questo senso, la sua musica cambia. Non più solo duetti tra voce e chitarra acustica. Il suono si arricchisce e quasi in tutto il disco si sente l’entrata in scena della chitarra elettrica e di una strumentazione più complessa a creare sonorità ancora più eccentriche. Decisamente in linea con la sua personalità.

La bellezza di Short Movie infatti sta proprio in questo, nella capacità che la Marling ha avuto nel portare avanti lo stesso flusso sonoro di sempre ma riuscendo allo stesso tempo a rielaborarlo arricchendolo di tutto ciò che ha avuto modo di imparare in questi ultimi due anni. Per questo motivo tutti e dieci pezzi sono riconducibili al suo stile e alla sua personalità, presentando allo stesso tempo ognuno un’essenza diversa.

La si trova intima e malinconica in pezzi come How Can I dove la performance con la chitarra acustica ci ricorda sempre chi è e da dove viene. Così come in Strange, dove la sua chitarra acustica incalza un ritmo tribale proprio a dimostrare la voglia e la capacità di cimentarsi anche in altri stili. Più cupa e inquieta nel brano d’apertura Warrior, dove la Gibson presa in prestito dal padre per realizzare queste canzoni si fa sentire forte. La risentiremo in False Hope e Gurdjieff’s Daughter, i pezzi più electric-rock dell’album. Più country-folk in Easy.

In effetti Short Movie è l’espressione adatta per definire questo lavoro che, ancora una volta, ha dato prova di una certa maturità di cui la sua personalità si è arricchita. Che più che un cortometraggio, questo disco potrebbe essere il trailer di una nuova fase ormai arrivata, di una certa capacità musicale raffinata, di tutto ciò che Laura sa fare e che nel tempo, disco dopo disco, ci regalerà facendoci dimenticare ogni termine di paragone.

Che poi è fin troppo facile cosi: timbro alla Regina Spektor, cantato alla Ani Di Franco, musicalmente vicina a Nick Drake. Se ne potrebbero citare davvero tanti di nomi a seconda delle caratteristiche. La vera sfida però è trovarne un’altra nata l’altro ieri come lei che abbia tutte queste qualità messe insieme.

Pensateci gente, pensateci.

 
 

Vinylistics

 
 
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