Considerato uno dei più grandi racconti della letteratura tedesca, “La gita delle ragazze morte” (1943-44) unisce felicemente gli aspetti apparentemente inconciliabili dell’opera di Anna Seghers: impegno politico e dimensione mitica.

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Anna Seghers: “La gita delle ragazze morte” (1/4)

25 Giugno 2015


ReadBabyRead #235 del 25 giugno 2015

Anna Seghers
La gita delle ragazze morte

(parte 1 di 4)


per info su F. Ventimiglia e C. Tesser:

Lettura e altri crimini
iTunes podcast


Legge: Francesco Ventimiglia


Anna Seghers: tedesca, ebrea, comunista, scrittrice, moglie, madre. Per ognuno di questi termini c’è da fermarsi a riflettere. Tante identità contraddittorie, che apparentemente si escludono, tanti legami profondi e dolorosi…”
[Christa Wolf]

Anna Seghers (il cui vero nome era Netty Reiling), nata a Magonza nel novembre del 1900, era ebrea e comunista, e fu costretta per queste ragioni all’esilio dalla madrepatria tedesca dal 1933, in Francia e in Messico. Dal padre antiquario apprese l’amore per l’arte, nella Germania del Novecento sono invece le sue radici culturali e personali che l’hanno condotta a percorrere le strade della letteratura. La sua produzione narrativa è permeata dall’intento di dimostrare come la cooperazione tra le persone possa giungere a combattere le oppressioni, seguendo il canone narrativo “socialista”, arricchendolo però di una potenza immaginativa non comune.
“…non sempre è facile, ma ciascuno di noi è chiamato a rispettare i sogni della propria giovinezza” scrisse l’autrice, documento programmatico a cui rimase di certo fedele, un istinto a lottare per un mondo più giusto documentando le brutture della storia non senza rinunciare al piacere della narrazione e della poesia, però!


Anna Seghers, La gita delle ragazze morte, Marsilio

Considerato uno dei più grandi racconti della letteratura tedesca, “La gita delle ragazze morte” (1943-44) unisce felicemente gli aspetti apparentemente inconciliabili dell’opera di Anna Seghers: impegno politico e dimensione mitica, fedele rappresentazione della realtà e trasfigurazione della parola poetica, coralità e autobiografia. Viaggio nel ricordo e ricordo di un viaggio, una gita scolastica a ridosso della prima guerra mondiale diventa l’affresco di un’epoca e attraverso i destini individuali raffigura il suicidio di un’intera società. Sguardo femminile, dolente confronto con l’ebraismo, tecniche della visualità s’intrecciano nella riflessione su appartenenza collettiva e responsabilità individuale in tempi oscuri, sui grandi temi della vita e della morte, come messaggio di speranza in un linguaggio di palpitante attualità.


Cosa sarebbe il secolo senza di lei?
di Rita Calabrese 

Il percorso a ritroso di interrogazione e rilettura, fino alle origini della cultura occidentale, che qui prende le mosse, ha come riferimento autorevole Anna Seghers (1900-1983). Grandissima narratrice, ebrea, antifascista, tra i fondatori della RDT, in un famoso carteggio con Lukács del 1938 sulla questione cruciale del realismo, di fronte al concetto rigido e aprioristico del filosofo, aveva sottolineato l’importanza dell’esperienza concreta come fondamento dell’opera d’arte e si era espressa in difesa della creatività poetica, contro una visione dello scrittore quale specchio passivo, riprendendo il modello tolstojano di elaborazione della realtà attraverso tre diverse fasi, fino alla riacquisizione di una più ricca immediatezza. Alla critica ideologica, al metodo che produce «descrittori» e non  «narratori» contrappone, come ha sottolineato in perfetta consonanza Christa Wolf, «un modo di pensare e di vedere dialettico, non dedotto da un processo creativo ideale, astratto, bensì da quello reale, accidentato», l’importanza della creazione poetica a un metodo assurto «a criterio di misura». (ASGL, 401). Se per Lukács sono esemplari la sublime sintesi di arte e realtà di Goethe e il suo distacco dall’opera, Anna Seghers fa un’appassionata difesa dei poeti che non raggiungono compiutezza classica, artisti emarginati che, invece di adattarsi alla società, si sono «feriti la fronte» cozzando contro il muro del conformismo e, morti giovani o finiti pazzi o suicidi, come Büchner, Kleist, Günderrode, per lei sono ammirati antecedenti della letteratura rivoluzionaria. Del Romanticismo sottolinea inoltre la visione utopica e critica, indispensabile, contrariamente alla convinzione del filosofo ungherese, per la società socialista.

Alla riflessione sulla scrittura e sul compito dello scrittore nella lotta antifascista e, successivamente, in una società socialista che Anna Seghers, salda, almeno ufficialmente, nella sua appartenenza ideologica, continua per tutta la vita con posizioni dissonanti ma mai espressamente eretiche o con apparente adesione, si ricollegano le elaborazioni teoriche – l’autenticità soggettiva, il futuro ricordato, il valore fondamentale dell’esperienza, il ruolo della memoria, l’impegno nutrito di fantasia e piacere della scrittura – che Christa Wolf ha poi sviluppato anche in altre più personali direzioni. Sarebbe troppo lungo analizzare in tutti i risvolti, ancora non completamente esplorati, la portata di questa forte relazione tra donne che segna in misura determinante la produzione più felice della letteratura e della critica tedesco-orientale, contribuendo alla revisione del canone consolidato nell’una e nell’altra Germania. Senza la complessità di piani temporali nel panorama di destini femminili del bellissimo racconto La gita delle ragazze morte, senza il respiro epico di La settima Croce, senza il tessuto simbolico di Transito, senza il panorama umano della produzione seghersiana, sarebbe impensabile gran parte della produzione di Christa Wolf, nutritasi di queste letture, ma anche di altri scrittori e scrittrici. Senza l’avallo indiretto delle sue affermazioni sarebbe stato certamente più difficile sostenere certe forme di dissidenza.

Autentico monumento della letteratura rivoluzionaria, modello d’impegno senza cedimenti, Anna Seghers diventa per la giovane intellettuale, ancora entusiasticamente allineata, riferimento legittimante per atteggiamenti eterodossi e posizioni di rottura. Invece di confermare certezze, la grande scrittrice sembra aprire dubbi e avallare alternative. Rappresentante ufficiale della letteratura tedesco-orientale, viene vista come madre simbolica, come illustre precedente, da cui prendere le mosse per andare lontano, dalla generazione successiva di scrittrici che alle idee di emancipazione e di uguaglianza e all’ideologia totalizzante farà critica radicale, sviluppando la potenzialità di ribaltamento e di superamento della sua opera e cogliendone anche gli aspetti contradditori, cancellati dalla visione ufficiale.

Attraverso la lezione seghersiana, Christa Wolf appare a questo punto come un’allieva dotata che ha saputo riprendere e ampliare in maniera brillante le istanze della maestra fino alla matura autonomia, con grato riconoscimento ma anche con consapevolezza del proprio valore, raggiungendo l’originalità senza dimenticare l’origine del suo percorso. Se in quest’ottica la sua opera critica e narrativa sembra perdere tratti di originalità, acquista ulteriore importanza perché inserita in una tradizione femminile che ha consapevolmente contribuito a costruire.

La riverenza iniziale si è fatta progressivamente confronto critico e ininterrotto dialogo anche attraverso le opere, con citazioni, riferimenti, domande e risposte indirette. Esempio significativo del rapporto produttivo tra affinità e differenze, tra loro appare una frase ricorrente per tutte e due in numerose varianti. «Ciò che si può raccontare è superato» di Seghers diventa nella reinterpretazione wolfiana «Ciò che si deve superare deve essere raccontato». Il superamento lineare attraverso la scrittura e la fede che ciò avvenga in maniera diretta dell’una, è per l’altra un processo visto nel suo svolgimento, dall’esito non determinato ma dalle illimitate possibilità, ignote allo stesso autore, come se alle certezze ideologiche e artistiche fosse subentrata la dimensione produttiva della ricerca e del dubbio (…).

Rita Calabrese

Estratto da: “Rita Calabrese, Cosa sarebbe il secolo senza di lei?” in “Risa antiche, echi spezzati”. “Christa Wolf, Anna Seghers e la revisione del canone nella Republica Democratica Tedesca”, in “Oltrecanone”. “Per una cartografia della scrittura femminile”, a cura di Anna Maria Crispino, “Manifestolibri”, Roma 2003.


Le Musiche, scelte da Claudio Tesser

FKA Twigs, Preface [FKA Twigs]
CSR Symphony Orchestra, Pavan [Gabriel Fauré]
Academy of St. Martin-in-the-Fields (dir.: Neville Marriner), Elegy Op. 58 [Edward Elgar]
David Sylvian, Praise [Shree Maa]
Orchestra e Coro de “La Scala” (dir.: Tullio Serafin, soprano: Maria Callas), Manon Lescaut [Giacomo Puccini]
Kodály Quartet, String Quartet - Adagio [Franz Joseph Haydn]
Tom Waits, A Sight For Sore Eyes [Tom Waits]
Metropolitan Opera Orchestra (dir.: James Levine, soprano: Mirella Freni, tenore: Luciano Pavarotti), Manon Lescaut [Giacomo Puccini]
Tom Waits, Cinny's Waltz [Tom Waits]
Academy of St. Martin-in-the-Fields (dir.: Neville Marriner), Fantasia Theme By Thomas Tallis [Ralph Vaughan Williams]
Caetano Veloso, Cuccuruccu Paloma [Méndez Sosa, Tomás]

 
 

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Il libro “La gita delle ragazze morte” di Anna Seghers (2012, Marsilio, Letteratura Universale).

 
 

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