Grimes – Art Angels

by MonkeyBoy (Vinylistics)

24 Novembre 2015

Non ci crederete ma siamo di nuovo qui a parlare di artisti che svoltano nel famigerato pop. Ne scrivevo poco tempo fa per i Deerhunter e torno a parlarne oggi. Ma se il mondo è bello perché è vario, allora esistono diversi modi di avvicinarsi al mainstream, ed in alcuni casi non è nemmeno detto che sia quello l’approdo definitivo cui si vuole arrivare. Claire Elise Boucher in arte Grimes è una producer canadese che esordì nel 2010 non con uno bensì con due album: Geidi Primes edHalfaxa. Sembrano passati secoli. Per la maggior parte dei fan, invece, il suo nome comincia a circolare insistentemente solo due anni più tardi quando la pubblicazione di Visions ne fa un’icona del do it yourself, proiettandola al top di molte classifiche di quell’anno e nell’immaginario collettivo come quella strana ed un po’ inquietante che fa musica da aliena.

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A seguito del successo clamoroso di quel disco, Grimes si imbarca in un tour massacrante (da notare anche quello a supporto di Lana Del Rey) per ricomparire nel 2013, quando comincia a realizzare materiale inedito per un LP poi scartato, a sua detta perché troppo deprimente e troppo simile a quanto fatto in precedenza. In realtà, in mezzo c’era stato il criticatissimo singolo Go uscito nel 2014 e composto col suo amico e compatriota Mike Tucker aka Blood Diamonds, destinato a Rihanna, rifiutato da questa e quindi inciso dalla stessa autrice. La reazione dei fan (e di una certa parte della stampa) è stata assai dura. La Boucher si affrettò a dire che non era stato quello il motivo del ritorno in studio, ma ormai la frittata era fatta ed in tanti si chiesero se sapeva esattamente cosa stesse facendo. Nel marzo scorso rilascia una versione demo di Realiti proveniente dalle vecchie session, poi il singolo Entropy featuring Bleachers per la serie tv Girls. A quel punto è chiaro che stia tornando e il singolo ufficiale Flesh Without Blood preannuncia il quarto album, Art Angels, prodotto come sempre dalla stessa Grimes.

Visions ed il conseguente tour hanno svuotato e rischiato di distruggere il personaggio Grimes. La canadese sfugge dalla “merda Hollywoodiana” per rifugiarsi nei boschi di Squamish, nella British Columbia, lontana dalle tentazioni (leggi droghe e alcol) tornando rigenerata nel suo studio casalingo di L.A. per comporre, registrare e mixare in piena e totale autonomia, in nome del controllo assoluto. Ispirato da quella che definisce ‘bro-art’ (la cultura del maschio, si pensi ai gangster movie), da Billy Joel e Bruce Springsteen, Art Angels è indebitato con i 90’s (breakbeat, dancehall e qualcosa di rave) così come ricorda una certa idea di New Order. Da sottolineare l’utilizzo di Ableton Live al posto di Garageband e di una strumentazione varia e reale (si parla di chitarra, violino, batteria e ukulele), oltre alle collaborazioni con la rapper taiwanese Aristophanes – conosciuta tramite SoundCloud – e l’amicona Janelle Monáe. Per non farsi mancare nulla decide di disegnare da sé anche la cover, che penso farebbe la fortuna di ogni psicoterapeuta del pianeta.

Che Grimes abbia sempre apprezzato l’ambito dell’easy listening è il segreto di Pulcinella, ma se questo è un disco che possiamo definire pop, si tratta di una sua deviazione sporca e decisamente non mainstream il che, tradotto nella lingua della producer, significa sbattere in faccia i brani piùpoppy e allo stesso tempo carichi di rabbia proprio nella prima metà, senza tirarsi indietro. Perciò se il synth-countrypop di California (che riecheggia proprio Pon de Replay) finisce per essere il momento forse più personale fra tutti – con annessa tirata polemica a quelli di Pitchfork ed alla loro ossessione di scrivere qualunque cosa su di lei – che getta nuova luce sugli ultimi difficili anni della Boucher (“The things they see in me I cannot see myself, when you get bored of me, I’ll be back on the shelf”), Flesh Without Blood è un gioiello elettro-dance di ottima fattura, carico di synth e drum machine, dedicato agli haters che l’accusano di darsi al pop solo per i soldi (“Your voice, it had the perfect flow. It got lost when you gave it up, though. Cuz you want money, you want fame”). Completa il terzetto Kill V. Maim – col suo immaginario totalmente fuori dalla logica fatto di Al Pacino de Il Padrino incrociato con un vampiro transgender che viaggia nello spazio – dietro il cui velo k-pop/t.A.T.u. si nasconde il suo lato più corrosivo e combattivo (“B-E-H-A-V-E aggressive”).

In mezzo a questi pezzi grossi troviamo momenti minori ma non meno incisivi, come l’intro vagamente inquietante laughing and not being normal (in effetti, una volta letto il titolo non possiamo che convenire con lei), la minacciosa SCREAM – dove Aristophanes rappa in mandarino (ehm) – e Belly Of The Beat forse la più trascurabile non fosse per il fatto che nelle liriche ci propone una Grimes addirittura esistenzialista (“And you never get sad, and you never get sick, and you never get weak. We’re deep in the belly of the beat”). A questo punto però Art Angels cambia pelle. In tempi di cosiddetta sessualità fluida, la stessa Boucher evolve rendendo il proprio sound mai così fluido e mutevole. Rimane lo stesso animale ma si adatta all’ambiente, a seconda delle necessità, esattamente come il camaleonte a cui state pensando.

Anticipata dalla semplicità melodica e mid-tempo di Easily, che tra piano, violini ed elettronica è un vero e proprio cuscinetto ammortizzatore, la seconda metà dell’album è quella in cui si riprendono e mettono a fuoco alcune delle migliori idee di Visions rendendole in alcuni casi ancora più stranianti e notturne. Realiti (qui in versione alternativa rispetto alla demo) è forse la migliore fra tutte le quattordici; si fissa semplicemente su sintetizzatori, drum machine, tastiere e basso mentre Grimes alza qua e là il registro vocale cantando “every morning there are mountains to climb”, ché la vita non è mai facile per nessuno. Con una prova magnifica da produttrice prima ancora che da musicista, dimostra di possedere piena padronanza della strumentazione elettronica a disposizione. La successiva World Princess, Pt.II (seguito della song contenuta in Halfaxa) non può che confermare quanto appena scritto, curiosamente risultando solare ed ariosa, nonostante una voce completamente stravolta che non sono sicuro sia del tutto rassicurante... continua su Vinylistics

 
 

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