Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese

con Valerio Mastrandrea, Giuseppe Battiston e Alba Rohrwacker

21 Febbraio 2016

E' un film gradevole, spicca nell'attuale panorama cinematografico italiano che per altro da qualche anno e' di buon livello. Se poi, in un film riesci a mettere assieme attori come Valerio Mastrandrea, Giuseppe Battiston e Alba Rohrwacker diciamo pure che parti col piede giusto e di strada ne puoi fare.

La storia per sommi capi è questa. Una cena fra amici di lunga data, tre coppie e un uomo, Peppe, il quale partecipa da solo perché la sua compagna è malata, almeno cosi' lui sostiene (la sua vicenda sarà una delle chiavi di volta della storia). Nel corso di questa cena, la padrona di casa Eva, ad un certo punto, si dice più che sicura che tante coppie si lascerebbero se ogni rispettivo partner potesse controllare il contenuto del cellulare dell'altro. L'affermazione è il pretesto per una sorta di gioco per cui tutti dovranno mettere il proprio cellulare sul tavolo e accettare di leggere sms/chat o ascoltare telefonate pubblicamente. Il classico gioco della verità e come ogni gioco della verità che si rispetti, si evolverà e si risolverà in un massacro, in un regolamento di conti dove nessuno si salva. Il pretesto narrativo non e' originale, schemi analoghi sono stati utilizzati più volte, (a mio ricordo “Cena tra amici” un film francese , Carnage di Polanski, Ferie di agosto di Virzì )in questo caso c'è sul tema una variante fondamentale , un'aggiunta/aggiornamento di natura tecnologica:il cellulare. Con felice definizione , nell'ambito di una sceneggiatura veramente brillante, viene definito come la “scatola nera” che contiene tutti i nostri dati . Le coppie sono tre e tutte quante alle prese con dinamiche di crisi determinate piu' da noia e apatia che da altro, Giuseppe , il settimo commensale, quello non ufficialmente accoppiato e anch'egli profondamente lacerato. Il film e' come diviso in due parti anche se scorre fluido e liscio, senza sbavature e cali.

Nella prima parte prevale l'aspetto ludico del gioco, la sceneggiatura e' incalzante, fitti i dialoghi, notevoli i picchi comici, la regia è attenta: movimenti della camera e gli stacchi sono dosati sapientemente e accompagnano con discrezione i dialoghi, senza dilungarsi in primi piani o approfondimenti ma assecondando il ritmo della conversazione. In questa fase il vero protagonista e' la “scatola nera”ossia il cellulare o meglio ancora i cellulari, piazzati in mezzo alla tavola. I messaggi si susseguono, le suonerie, cosi' come i corifei nelle tragedie greche, annunciano l'arrivo di probabili nuovi segreti o intriganti primizie: in questa fase le incomprensioni e i dubbi hanno ancora la forma del malinteso, della leggerezza, della battuta In sala il pubblico ride, poichè,secondo me, scattano meccanismi di identificazione e le risate , devo dire molte, appaiono come parte di un inconsapevole rito catartico in cui si esorcizza questo nuovo totem invadente e devastante ma irrinunciabile quanto diabolico : il telefonino.

Dopo l'inizio brioso, però, inizia ad aleggiare cupa e pesante una nube gravida di menzogne, di nodi che si snodano, di grovigli che si dipanano, di verità che sgomitano: una nube pronta da un momento all'altro a scaricare fulmini e tempeste.

Nella seconda parte il film senza perdere ritmo cambia registro regia e sceneggiatura sono esemplari in questo cambio di passo. Ciò che prima era un gioco, degenera e si rovescia nel suo contrario. A dire il vero anche questo è uno sviluppo classico in film di questo genere e a questo schema non si sottrae i “Perfetti sconosciuti” , malgrado ciò, però, il film mantiene un suo percorso originale, non cade nei clichè, ne tanto meno negli stereotipi. La seconda parte e' drammatica. Ciò che prima era accennato, ora esplode, mentre le coppie, invece, implodono devastate da brandelli di verità che calano come mannaie. L'interno borghese, con vista spettacolare su una Roma magica in piene eclissi di luna, in cui i nostri cenano e chiacchierano, si trasforma in una giostra infernale nella quale ogni forma e' la maschera del suo contrario. Il passaggio dalla fase comica a quella tragica e' quasi repentino,il pubblico in sala fatica a metabolizzare questo cambio,continua come a cercare battute che però non arrivano piu': ora a far sorridere ma, questi sorrisi sono piu' che altro i colpi di coda delle fragorose risate della prima parte , è la sequela continua di colpi di scena che una dopo l'altra, inghiottono e vomitano i personaggi. Un regista genio come Bunuel avrebbe trascinato i personaggi alle estreme conseguenze giocando con i registri anarchici del grottesco e del surreale ma Genovese per quanto bravo non è Bunuel. Se a scandire il ritmo nella prima parte era la struttura fitta e incalzante dei dialoghi,nella seconda è lo scatenarsi funambolico dei fatti . Il ritmo ' la costante del film, è la cifra stilistica. La regia di Genovese non si sofferma, non fa introspezione, non cerca sfumature ma, come un treno impazzito corre fino alla fine, senza curarsi di stazioni e panorami ma macinando strada e persone. Il finale è, a sua volta, una ulteriore sorpresa ,una licenza poetica, una bizzarria, innesca dubbi mantenendo le certezze, consola inquietando, ci ricorda che tutto nello schermo è finzione ma che quella finzione non sarebbe possibile se tutto poi non fosse già stato vero da qualche altra parte. Il finale è un ossimoro. Può turbare o tranquillizzare: dipende da noi e forse la nostra reazione al finale è la cartina di tornasole del nostro rapporto con una modernità che ci rende inadeguati e inaffidabili.

Il film è corale: sette magnifici attori affiatati, come in un orchestra. Diretti da una grande regia e supportati da una sceneggiatura virtuosa e funambolica.

 
 

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  • Perfetti sconosciuti - Trailer Ufficiale
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