Allah-Las – Calico Review

by MonkeyBoy (Vinylistics)

23 Settembre 2016

Calico è una città nella contea di San Bernardino, California del sud. Wikipedia dice che fu un celebre centro minerario fino all’inizio del secolo scorso, quando venne abbandonata e divenne una città fantasma, per poi essere in parte recuperata a partire dagli anni cinquanta. Non è un caso se gli Allah-Las, nel preciso istante in cui si sono messi attorno ad un tavolo per scegliere il titolo del loro terzo album, abbiano optato proprio per Calico Review. La loro è sempre stata musica che viene dal passato, carica di echi e voci di tempi andati. Dopo Worship The Sun, però, erano davanti ad un bivio: esplorare nuove vie coi rischi del caso o mantenere un approccio ormai difficilmente migliorabile?

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Miles Michaud (voce, chitarra), Pedrum Siadatian (chitarra), Matthew Correia (batteria e percussioni) e Spencer Dunham (basso) sono andati al famoso Valentine Recording Studiodi Los Angeles – chiuso fin dai tardi anni ’70 e riaperto solo l’anno scorso – per registrare il nuovo disco, il primo per la label newyorchese Mexican Summer. Come al loro solito durante le sessioni si sono avvalsi di un equipaggiamento storico di tutto rispetto tra cui vale la pena citare il mixer Universal Audio 610 del 1964, lo stesso con cui i Beach Boys registrarono quella pietra miliare della musica che è Pet Sounds. Inoltre hanno aggiunto alla consueta dotazione da fottuti retromaniaci una viola, un clavicembalo, un mellotron e persino un theremin. Perché questo doveva essere a tutti i costi un lavoro analogico, come loro del resto.

Ispirato dal periodo passato in tour, tra concerti e tempi morti, Calico Review è prima di tutto un album maturo e saggio. Gli Allah-Las fanno sfoggio di grande sapienza tecnica e ci permettono di riconoscere un netto percorso di crescita che dagli esordi li ha portati a comporre cose come High & Dry con disarmante facilità. Con Correia alla voce, questo brano è un classico della band, un pop emozionale dotato di ottima melodia e che riesce ad essere distaccato e caldo allo stesso tempo. Altrove, momenti come Warmed Kippers – forse la più particolare del lotto, cui una chitarra ronzante conferisce durezza ed abrasività – e soprattutto Place In The Sun rivelano ulteriori miglioramenti sia in fase di scrittura che di arrangiamenti.

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Quello da cui non si può prescindere, però, è che si tratti di un disco di tradizione e mood californiani, dall’inizio alla fine. L’ottima Could Be You – brano molto ben arrangiato ed eseguito, che alza i giri con percussioni incalzanti in mezzo ad un dilagante mid-tempo da cui non ci si stacca quasi mai – è un surf-pop sulle seconde possibilità e sul lasciare andare le cose senza resistere al cambiamento ma allo stesso tempo parla di Los Angeles e dei suoi continui mutamenti. Non sarà difficile riconoscere nella dicotomia passato/presente la stessa essenza degli Allah-Las, che tra retrò e modernità si sono sempre lasciati cullare da un certo nostalgico fatalismo (“But if you had the chance to, would you do it all again?”). Gli fa eco la spensieratezza agrodolce di 200 South La Brea, strada in cui si trova una delle tipiche agenzie di casting losangelina, piena di gente di ogni genere che prova la fortuna nella città dei sogni, e di cui questo pezzo riflette molto bene ansie ed eccitazione.

Forse meno solare e più crepuscolare dei precedenti, Calico ha un forte carattere da outsider – come in Roadside Memorial, blues-rock alla Bo Diddley in cui la voce di Siadatian ci porta nel deserto da far-west – e come tale si fa portatore di idee e sentimenti di libertà (Terra Ignota) o autodeterminazione senza però nascondere una certa malinconia latente. Famous Phone Figure, primo singolo di lancio, al di là di un gusto prettamente beatlesiano, è emblematica di quanto appena detto; parla di una donna sconosciuta ed inconoscibile e si regge tra archi, tenui percussioni e organo, elementi che concorrono a dare un senso di tristezza profondo ma mai tragico. E qui ci si accorge come i quattro non cantino più l’estate bensì l’inizio dell’autunno, un tramonto californiano che li rende però indolenti almeno in un paio di occasioni: l’iniziale e cauta Strange Heat, e la successiva Satisfied.

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Al di là di ciò, anche dall’assenza di pezzi strumentali si nota l’impegno degli Allah-Las in questo LP...continua su Vinylistics

 
 
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