Casa del Mirto live report

Studio 2, Vigonovo (VE) - 4 febbraio 2012

9 Febbraio 2012

di Prefe

Il primo weekend di febbraio, oltre all’apocalisse climatica che perdura tuttora, ci ha offerto l’apertura di un nuovo locale alle porte di Padova (ammesso che una casa in centro possa avere l’entrata a Vigonovo): lo Studio 2, nato come studio di registrazione e recentemente upgradato a club dedito alla musica dal vivo.
La connotazione tipicamente live e la programmazione discretamente ricercata sembrano studiate per consentire allo Studio 2 di raccogliere l’eredità dell’Unwound, che come saprete ha chiuso bruscamente a inizio stagione (o, per meglio dire, non ha mai riaperto) lasciando improvvisamente a bocca asciutta una sparuta nicchia patavina di feticisti di un certo tipo di concerti underground.

Venerdì 3 febbraio, si diceva, è stata l’inaugurazione ufficiale: evento palesemente osteggiato da un clima più adatto alle foche che agli umani, specialmente per i molti non ancora dotati di tessera Arci, che hanno dovuto affrontare mezza fila all’esterno del locale con una temperatura di circa sei gradi sottozero (che, ricordiamolo, sono dieci in meno rispetto ad un frigorifero ben funzionante).
L’apertura di questo nuovo spazio ha creato un discreto clima di attesa intorno a sé, l'organizzazione ha peccato di qualche ingenuità logistica di gioventù (tipo "saldare il conto delle drink card per poter uscire a fumare una sigaretta" o "munirsi di un vespasiano, uno, per l’intera clientela maschile"), che comunque i gestori sembrano avere risolto nelle successive serate.
Un plauso va alla decisione di non imporre un biglietto di ingresso e ugualmente apprezzabile è stata la scelta di offrire omaggi per i prossimi eventi a chi non è riuscito a entrare per la troppa calca; il locale è infatti spazioso quanto basta per ospitare concerti “di nicchia” (anche se l'ubicazione del palco rischia di relegare un po' troppa gente verso i lati della pista), ma venerdì si sono presentate più persone di quante era umanamente possibile accogliere. L'arredamento è piuttosto spartano e salta all'occhio la preponderanza di colori caldi, scelta piuttosto inusuale per un live club (in cui generalmente il nero spadroneggia).

Il dettaglio più caratteristico è la decorazione del muro alle spalle del palco, che potrei descrivere come “un vestitino di Barbara Bouchet del ’67 usato a mo’di carta da parati”.
La serata, stando alle premesse, avrebbe dovuto ospitare il live de La Casa Del Mirto prima ed un djset poi, ma a sorpresa (visto che non c'era traccia della loro presenza nelle varie pubblicità) i primi a presentarsi sul palco sono gli Hate Boss, gruppo trevigiano in forza alla Redled Records, attivo da soli due anni, ma con alle spalle una quarantina di concerti di un certo peso (il loro sito).
Il loro live trasuda eclettismo, mescolando elementi tipici delle rock band ad altri provenienti dal mondo dei Dj: questo contrasto è ben rappresentato dall’accostamento fra il cantante, che suona il basso e gestisce il palco con piglio tipicamente rockettaro (e che allo scrivente ricorda Pierre dei Red Worms’ Farm), e il bizzarro tizio che alle sue spalle manovra synth e computer facendo trasparire un amore incontrollabile per gli arpeggi e l'entusiasmo di uno Steve Aoki di fronte a centomila persone.

Verso mezzanotte è il turno degli headliner: La Casa Del Mirto milita nelle fila della Mashhh! (e il punto esclamativo è parte integrante del nome dell'etichetta; qui il sito del gruppo), sono tre trentini, portabandiera della Chillwave italica secondo alcuni, pionieri del Glo-fi secondo altri (tanto i due termini sono sinonimi), "un ottimo gruppo che suona elettronica dopo aver parcheggiato sul palco un’astronave targata anni ‘80" secondo me.

La formazione vede un bassista e un chitarrista ed un cantante barricato dietro a una folta strumentazione elettronica che sfugge alla mia comprensione. Il loro live è coinvolgente ed onirico, le parti percussive sono in base e i sintetizzatori creano un tappeto sonoro inarrestabile e indubbiamente raffinato, i richiami ad ogni tipo di musica elettronica partorita negli ultimi 30 anni si susseguono in maniera intelligente e mai epigonale (potrà essere frutto della mia fantasia, ma ho riconosciuto tanto gli Air quanto i Pet Shop Boys), l’attenzione per il suono è più che evidente e risalta da ogni singola nota; il pubblico sembra gradire e infatti rimane immobile anche nei pezzi più ballabili. Ma questa è una caratteristica tipica dell’audience italica piuttosto dura a morire. 

Verso l’una il live si conclude e i tre trentini trotterellando si incamminano verso la data del giorno successivo, al Mi Ami a Milano, in compagnia dei Righeira. Già, proprio quelli. Leggo una certa ironia nella hit Vamos a La Playa cantata in una Milano a -12. 

 
 

Links utili:
www.studio2club.com
Studio 2 su FB 

 
 
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