Movie Star Junkies - Son Of The Dust

Un forestiero misterioso, un prete di frontiera e un contadino, “figlio della polvere”, che lotta contro tutto e contro Dio per salvare il suo villaggio dalla siccità e dalla carestia.
No, non è la trama del nuovo romanzo di Cormac McCarthy, anche se potrebbe tranquillamente esserlo, ma è il terzo disco dei Movie Star Junkies, un concept album che ruota intorno alle vicende di questi tre personaggi enigmatici.

La scrittura dei brani è ormai giunta a maturazione completa: siamo di fronte a un flusso di musica e parole che ci prende per mano e ci conduce fra le pieghe della narrazione, anche grazie alla voce di Stefano Isasia ormai perfettamente calato nella parte del cantastorie da bettola umidiccia e fumosa lungo le sponde del fiume. Tra blues, folk, spaghetti western, garage rock e psichedelia, con cori suggestivi, schitarrate “sgangherate” (in senso filologico), organi vintage e un'atmosfera da storia importante, ci sentiamo calati in un altrove perfettamente descritto anche se sconosciuto.
Sorrisi e disperazione, esaltazione e lacrime, romanticismo e spavalderia, riempiono il sottile solco tra l'amara sconfitta e la promessa di una grandiosa rinascita: riuscirà il figlio della polvere a compiere l'impresa?

Si avverte l'influenza di Nick Cave, Leonard Cohen e Tom Waits, ma i Movie Star Junkies rimescolano la lezione di questi grandi maestri in una maniera del tutto originale, diventando sempre più riconoscibili anche grazie a un suono analogico e sporco che in pochi oggi possono permettersi senza risultare démodé.

La ballata iniziale un po' british These Woods Have Ears, la cavalcata apocalittica Cold Stone Road e il saliscendi emotivo di This Love Apart sono le tappe più riuscite di questo viaggio tra la polvere e il cielo.

Attenzione a non perdere il biglietto, sarebbe un peccato.