Craxi è una divinità in esilio

Una notte in Tunisia di Vitaliano Trevisan

Teatro Toniolo, Mestre (Ve) - 23 Novembre 2012

28 Novembre 2012

Vitaliano Trevisan, nell'immaginario di chi scrive, è il folgorante protagonista demoniaco del “Primo Amore” di Garrone, dove con il suo violento accento vicentino modella un ideale estetico perverso sul corpo sacrificale di Michela Cescon.
È anche l'autore del romanzo Una notte in Tunisia (Einaudi, 2011) da cui viene tratta l'omonima piéce andata in scena lo scorso weekend al Teatro Toniolo di Mestre, per la regia di Andrée Shammah.

Protagonista dello spettacolo è un reietto del teatro italiano, quell'Alessandro Haber condannato alla pubblica gogna dopo gli episodi ambigui della scorsa stagione, che interpreta il reietto per eccellenza della Prima Repubblica, Bettino Craxi, il corrotto corruttore della fede politica, il grande ingannatore, esiliato ad Hammamet per morire lontano dalle monetine degli italiani traditi.

Le premesse per una grande messinscena ci sono tutte.

Eppure Una notte in Tunisia non funziona, annoia, reclude in platea lo spettatore per un'ora e quaranta di infinite parole. Haber è sontuoso, Martino Duane nei panni del servo-ascoltatore Cecchin una spalla superba, Pia Lanciotti e Pietro Micci, pur non eccellendo (anzi!) non sono la prima causa del fallimento.

Ovunque leggo recensioni positive, poco ci manca che si gridi al miracolo, alla rinascita, alla nuova epifania. Ma sul testo di partenza grava il peso di una quantità opprimente di parole, di fogli, d'analisi, di letture, di scritture. Seduto alla sua scrivania, Craxi, per l'occasione ribattezzato signor X, pontifica. Pontifica. Pontifica.
Hammamet non è un luogo fisico, è un esilio metafisico, e lui è il dio morente di questo limbo che precede l'inferno. Di un dio Craxi non sentivamo il bisogno, non occorre dirlo. Ammalato lui, ammala di logorrea ogni orecchio presente in teatro.

Il contenuto è straordinariamente profondo, l'ossessione del politico di lasciare una traccia definitiva del proprio pensiero è nell'ordine delle cose di questo mondo, il metaforone sul cancro che, una volta estirpato, continua a far impazzire tutte le cellule che gli giravano intorno, accelerando la decadenza del corpo e della morale, è chiaro e illuminante. Ma tutta la messinscena è viziata di colpevole staticità, i protagonisti leggono le didascalie (la parola, la parola, il meta-teatro, che noia infinita!), i pensieri di Craxi inanellano sentenze di grande spessore intellettuale, la scenografia puzza giustamente di morte, ma allo spettatore non resta che combattere con le tentazioni della propria palpebra, e tanto amaro in bocca per l'occasione sprecata, per un teatro che invece di attirare nuovo pubblico, allontana il vecchio beandosi dei propri giochi sofisticati e stantii, della bella conversazione, dei complimenti dei critici ottuagenari, di un intellettualismo inattaccabile che nasconde in soffitta ogni fresca rivoluzione.

 
 

Credits: Foto di Tommaso Le Pera

Dettagli:

Una notte in Tunisia

di
Vitaliano Trevisan

con
Alessandro Haber
e con
Maria Ariis, Pietro Micci e Roberto Trifirò

uno spettacolo di
Andrée Ruth Shammah

scene e i costumi di
Barbara Petrecca
luci di
Gigi Saccomandi

Yuval Avital per la scenografia sonora di Mise en abime
sperimentazione sonora realizzata da RAI-Direzione Strategie Tecnologiche con il CRIT di Torino e il CPTV di Milano
i cieli proiettati sul fondale sono di Pietro Guccione

una produzione Teatro Franco Parenti
si ringrazia per la collaborazione Gli Ipocriti

 
 
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