Casino Royale live report

Rivolta, Marghera - 28 maggio 2011

30 Maggio 2011

Premessa, non sono mai stata una grande amante della musica italiana, causa eccessiva esterofilia.

Al concerto dei Casino Royale ci finisco più che altro per volontà altrui.

Il Rivolta è stranamente poco abitato, gli Aucan offrono nuovi spunti alla definizione di noise fine a se stesso, l'umore non è dei migliori e la spina della birra rossa, malfunzionante, mi costringe a ripiegare sulla sorella bionda.

Nonostante mi fossi ripromessa di rimediare in qualche modo alla mia ignoranza, mi presento con un bagaglio minimo. Qualche frase rubata a wikipedia e un ascolto pigro di "Sempre più vicini".

Qualcosa so però.

So che hanno un album in uscita, (so) che sono passati 5 anni da Reale, (so) che Giulano Palma non c'è più ( ok, è cosa vecchia ormai, ma ripeto, i CS non me li sono mai filati più di tanto).

Ah si, so anche che il nuovo album sotto sotto un pò mi prende. Grazie ad un mix di congiunzioni astrali favorevoli, fortuna del principiante e conoscenze giuste, "Io e la mia ombra" gira on repeat già sabato pomeriggio.

Torniamo al live.

Le luci si abbassano, la gente inizia a farsi più vicina. I CS fanno il loro ingresso in scena. Basta un attimo e prendono il controllo del palco.

Alternano pezzi del nuovo lavoro a pezzi storici come “Pronti al peggio”, “Ogni singolo giorno”, “Sempre più vicini”. Un orecchio informato mi fa notare con entusiasmo che stanno facendo anche qualcosa di CRX. Relata refero.

Dalla mia posizione registro sorrisi e movimenti di bacino. Chiaramente il pubblico conosce, apprezza, segue.

Il basso è caldo, esplosivo, guida le canzoni e ti accompagna per mano.

La tastiera non permette distrazioni. Ipnotica. Benifei riesce a farmi piacere brani che avevo accolto con aria indifferente fino a qualche ora prima. "Ora chi ha paura" è bastarda, si scava un buco in testa e non mi lascia più. "Ogni uomo, una radio" ed "Il fiato per raggiungerti" fanno anche peggio.

La gente si lascia trascinare, qualcuno canta. Mi faccio trasportare anch'io e accompagno le pulsazioni ritmiche con passetti timidi ma sempre più cadenzati.

I riff energici della chitarra sono un completamento perfetto. Pardo, in un'apparente stasi indotta, contrasta il dinamismo del resto dell'ensemble. Traccio linee mentali per legare gli altri componenti e lo escludo momentaneamente dal mio campo visivo.

Le percussioni. Masi alla batteria non sbaglia un colpo, instancabile.

Alioscia balla, canta, fuma, interagisce con l'audience. Ha un modo tutto suo di muoversi e descrivere con il corpo le traiettorie della musica. La voce si intreccia a quella di Benifei. A tratti prende il sopravvento, a tratti si fa più piccola.

C'è anche il tempo per un ultimo saluto all'immenso Gil Scott-Heron, spentosi il giorno prima.

Suona tutto molto più elettronico di quanto non avrei mai osato sperare.

Piccola pausa e poi di nuovo sul palco per gli ultimi brani. Alioscia saluta e ringrazia il pubblico, applausi ed è tutto finito.

In parcheggio ancora canticchio. Maledetto Benifei.

Casino Royale 1, esterofilia 0.

 
 

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