Incontro con Alberto Corradi

L'editoria italiana da entrambi i lati della barricata

5 Dicembre 2013

Alberto Corradi non è “solo” fumettista, ma è anche scrittore, saggista, illustratore per l'infanzia, graphic designer, pittore, medievista, curatore di mostre, insomma un autore immerso a 360° nel mondo artistico italiano ed internazionale da più di vent'anni.

Se allora una delle critiche che si sente di muovere al mondo del fumetto è quella dell'eccessiva “autoreferenzialità”, non si può di certo negare il fatto che Alberto abbia cercato di uscire da quel “mondo chiuso” che è a volte il fumetto, per tuffarsi in un mare di collaborazioni, esperienze editoriali, mostre e progetti che valicano i confini dell'arte sequenziale, tornandovi però con un bagaglio di esperienze capace di arricchirne il linguaggio e l'immaginario.

Molti lo conosceranno per le celebri collaborazioni con le riviste XL e Linus e i personaggi Mostro & Morto e Conte Vlad, altri per la rivista Snuff fondata con Maurizio Ercole, per le esperienze editoriali con Black Velvet, con cui ha pubblicato il romanzo grafico Smilodonte, o ancora per le avventure de Il mostro nella tazzina, ora in edicola per Gbaby.

Quello che pochi lettori conosceranno è però la persona “dietro” all'autore, le riflessioni che l'hanno portato ad elaborare uno stile, ma anche un approccio assolutamente originali. Noi abbiamo avuto l'occasione di incontrarlo sabato 23 novembre al Seminario che ha tenuto presso la Scuola Internazionale di Comics di Padova e di fare con lui un breve viaggio da una parte all'altra di una stessa barricata: il mondo dell'editoria del fumetto (e non solo) in Italia (ma anche all'estero) dalla fine degli anni '80 ad oggi (e anche domani).

Al di là delle collaborazioni più note, emergono allora interessanti intersezioni con la scena musicale indipendente, come quella con la rivista cyberpunk Neural o il progetto di Manuel Agnelli Hai paura del buio?, interessi per il cinema e la cultura giapponese che troveranno presto spazio in un'opera in corso di lavorazione ambientata nel Giappone del XVII secolo; interessi che si intrecciano a loro volta con racconti personali e citazioni di scrittori e artisti, da Italo Calvino a Andrea Pazienza, passando per Dino Buzzati, Hokusai e Massimo Giacon, tutti autori che insieme hanno composto un mosaico personale le cui tessere provengono da generi e arti a volte anche lontani tra loro.

Sono stimoli che ritornano nella sua arte e si insinuano di continuo anche nel racconto di Corradi, in un discorso che vorrebbe rivolgersi ai propri uditori per dare loro dei consigli anche pratici per imparare a districarsi tra i contratti, i rifiuti e anche le fregature che fanno parte della vita del fumettista, mettendoli in guardia forse, ma che finisce per essere invece un'incitazione alla scoperta di questo stesso mondo, attraverso il racconto della propria storia.

Si scopre allora che dietro ai tòpoi dei suoi personaggi, al ricorrere delle ossa, dei cuori, della morte e dei mostriciattoli che abitano un mondo nato già negli anni '70, quando l'immaginazione aveva ancora spazio in un “mondo in divenire”, che dietro anche agli elementi più consolidati e ricorrenti di uno stile, sta in verità un'evoluzione ininterrotta. Continua, “alla ricerca di un equilibrio tra noi e il foglio”, di un tratto identificativo che unisca ai propri stessi personaggi: “se prendete Mostro & Morto, il primo ampolloso e un po' logorroico, il secondo un mostriciattolo che al posto dello stomaco ha un buco nero, e li strizzate insieme avrete Alberto. E quel buco nero altro non è se non l'insaziabile fame dell'artista” che ha bisogno di continuare a esplorare, per esistere nei suoi stessi personaggi, per disegnare.

Soprattutto in questo momento per inserirsi “in quella macchina infernale che è l'industria del fumetto”, continua Corradi, è allora necessario non chiudersi all'interno dei suoi ingranaggi, ma uscire allo scoperto, confrontarsi col mondo per coglierne le dinamiche oltre che gli infiniti spunti, e poter affermare così la propria presenza.

Il racconto delle sperimentazioni personali abbraccia così una riflessione più ampia, sulla necessità per gli artisti contemporanei che lavorano nel campo del visivo di “produrre” qualcosa, perché oggi più che mai “è importante quello che lasciamo”: Alberto ci mostra così la sua produzione come graphic designer, in cui i suoi disegni si adattano alle forme più consuete, agli oggetti di uso quotidiano. Tazze, magliette, cover su cui compaiono rivisitazioni ancora nuove di quei tòpoi di cui si parlava all'inizio sono in vendita per aziende sparse per il mondo, da Berlino agli Usa, lasciando che il percorso di questo autore non si concluda sulla pagina, ma tragga da lì spunto per allargare le proprie prospettive continuando a rinnovarsi, riplasmandosi sulle nuove forme della contemporaneità.

Come fumettisti si gode ironicamente di un grosso vantaggio: “se infatti un tempo dire di essere fumettisti significava essere precari, oggi lo siamo tutti, solo che noi ci siamo già fatti le ossa”.

 
 

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