Buon 2014 in compagnia di ReadBabyRead

Tutti gli incipit delle opere proposte a ReadBabyRead

2 Gennaio 2014


Buon 2014 in compagnia di ReadBabyRead

Tutti gli incipit delle opere proposte a ReadBabyRead



All’inizio del 2014 e alle soglie della 160ma puntata di ReadBabyRead, dopo esserci intrattenuti sull’importanza del ruolo musicale all’interno del nostro programma di reading, ci vogliamo soffermare ora sulla parte sostanziale relativa agli autori e ai brani che in questi anni ci hanno fatto compagnia con le loro parole. La scelta di scrittori e opere da noi attuata è del tutto vasta e variegata, spaziando dal romanzo alla poesia, alle opere teatrali, alla saggistica, ai racconti, non volendo infatti imporre stili e/o temi particolari, però unificante è l’elemento comune a tutte le proposte, vale a dire la valenza sociale, civile, letteraria e culturale dei contenuti che intendiamo offrire nelle puntate di ReadBabyRead.
Crediamo perciò di fare cosa gradita, stavolta agli appassionati di letteratura, nel fornire di seguito un elenco un po’ particolare, quello cioè relativo a tutti gli incipit dei brani letterari, trasmessi in una o più puntate, presenti nell’archivio di ReadBabyRead dall’inizio a oggi.


Buon 2014 in compagnia di ReadBabyRead
Franco Ventimiglia & Claudio Tesser


ReadBabyRead
Tutte gli incipit dei testi letterari


[1] 001-005
Fulvio Ervas, Commesse di Treviso [riduzione]

"≪Antimama... sospirò l’ispettore Stucky, sforzandosi di prestare attenzione alle parole della giovane commessa. La mattina prima aveva seppellito Martini e ora aveva già questo fastidio. Lasciò che la donna raccontasse del tribolato tragitto per recarsi al lavoro, lei che odiava guidare, e della serranda che era costretta, ogni giorno, ad alzare e abbassare; lasciò che si lagnasse dell’accaduto e di come, invece, mettesse tutta se stessa nelle mansioni che svolgeva…”

[2] 006-008 
Jean Claude Izzo, Vivere stanca (4 racconti)

“Marion aprì gli occhi. Un rumore sordo l’aveva strappata al sonno, un rumore sordo, come un colpo contro la parete. Chiuse gli occhi spossata, poi li riaprì. Theo non c’era più accanto a lei, ma nel letto il suo posto era ancora caldo. Questo stronzo adesso se la squaglia pensò. Gli occhi si abituarono al buio. Theo era accovacciato, cercava i vestiti sparsi sul pavimento. Lei sorrise, pensando che follia era stata la notte scorsa rientrando. Quel desiderio di farsi scopare da lui, ancora, e ancora; non avevano fatto nient’altro per tutto il giorno o quasi…”

[3] 009
Emmanuel Carrère, Facciamo un gioco [brani]

“Hai comprato Le Monde all’edicola della stazione prima di salire sul treno: è oggi che esce il mio racconto, te l’ho ricordato stamattina al telefono, aggiungendo che sarebbe stato un’ottima lettura per il viaggio. Mi hai risposto che tre ore ti sembravano un po’ troppe per un racconto, ti saresti portata anche un libro. Per non insospettirti ho ammesso che, in effetti sì, era una buona idea, ma adesso sono pronto a scommettere che qualunque libro sia tu non lo aprirai…”

[4] 010
Eve Ensler, Monologhi della vagina [brani]

Vagina. Ecco, l’ho detto. Vagina, l’ho ripetuto. Sono tre anni che pronuncio questa parola. L’ho detta in teatri, università, salotti, caffè, cene mondane, programmi radiofonici in tutto il paese. La direi in televisione se qualcuno me lo permettesse.. La pronuncio centoventotto volte ogni sera quando rappresento il mio spettacolo, I monologhi della vagina, che si basa su interviste a un gruppo eterogeneo di più di duecento donne…”

[5] 011-012
Haruki Murakami, L'elefante scomparso

“Appresi dal giornale la notizia che l’elefante era scomparso dal suo capannone in città. Quella mattina mi ero svegliato al suono della sveglia alle sei e tredici, come sempre: ero andato in cucina e mi ero preparato del caffè e delle fette di pane tostato. Poi avevo sintonizzato la radio sull’emittente americana e mi ero messo a mangiare il mio pane col giornale del mattino aperto sul tavolo. Avendo l’abitudine di leggerlo tutto con ordine dall’inizio alla fine, mi ci volle parecchio tempo prema di arrivare alla notizia della scomparsa dell’elefante…“

[6] 013-014
Haruki Murakami, Tutti i figli di Dio danzano

“Yoshiya si svegliò in preda ai terribili postumi di una sbornia. Cercò con tutte le sue forze di aprire gli occhi,ma non riusciva a muoverne che uno. La palpebra sinistra si rifiutava di fare ciò che le veniva chiesto. Gli sembrava che durante la notte la teat gli si fosse riempita di carie. Come se dalle gengive guaste colasse un liquido infetto che a poco a poco gli stava corrodendo il cervello dall’interno…”

[7] 015-016
Massimo Carlotto, Storia di Gabriella, vedova di mala

Una tizia mi ha dato due pezzi da dieci per avvertirti che ti aspetta fuori” mi sussurrò all’orecchio il cameriere, rabboccando il mio bicchiere di calvados. Annuii stancamente: sapevo di chi si trattava. Dille che aspetti la fine del concerto tagliai corto. Johnny Shines aveva appena iniziato a cantare So Glad I Found You, accompagnato da Bert Pate all’armonica e da Gloria Stitz al piano…”

[8] 017-018
Massimo Carlotto, Il confronto

“Mi chiamo Marco Buratti, detto l’Alligatore. Quella notte stavo al calduccio nel mio locale. In realtà che fosse mio lo sapevano in pochi; ne era a l’oscuro anche Virna, la mia ragazza, che in quel momento si aggirava tra i tavoli con un vassoio colmo di bicchieri. Ero un ex galeotto che tirava a campare come investigatore privato senza licenza e non era proprio il caso di dare nell’occhio. Fuori c’era il Veneto, ricco e operoso, pio e corrotto, e quella notte avvolto da una nebbia fredda e spessa come ovatta…”

[9] 019
Costituzione della Repubblica Italiana [lettura di alcuni articoli]

“Art. 1.
L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Art. 2.
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale…”

[10] 020-022
Mario Rigoni Stern, Che magro che sei fratello

“Ormai il Lager era lontano. Nemmeno più ci pensava, anche se erano passati pochi giorni. Ora stana risalendo le montagne verso il confine; camminava di notte, e di giorno se ne stava rintanato lungo il fiume come un animale notturno. Nascosto dentro i cespugli, ogni tanto chiudeva gli occhi e si lasciava prendere da un sonno leggero e bastava il frullo di un’ala a risvegliarlo…”

[11] 023
Don Lorenzo Milani, Lettera a una professoressa [brani]

“Cara signora, lei di me non ricorderà nemmeno il nome. Ne ha bocciati tanti. Io invece ho ripensato spesso a lei, ai suoi colleghi, a quell’istituzione che chiamate scuola, ai ragazzi che “respingete”. Ci respingete nei campi e nelle fabbriche e ci dimenticate. Due anni fa, in prima magistrale, lei mi intimidiva. Del resto la timidezza ha accompagnato tutta la mia vita. Da ragazzo non alzavo gli occhi da terra. Strisciavo alle pareti per non esser visto…”

[12] 024-026
Roberto Saviano, Gomorra. Capitolo 2, Angelina Jolie

“Nei giorni successivi accompagnai Xian nei suoi incontri d’affari. In realtà mi aveva scelto per fargli compagnia durante gli spostamenti e i pranzi. Parlavo troppo o troppo poco, Le due attitudini gli piacevano entrambe. Seguivo come si seminava e coltivava la semenza del denaro, come veniva messo a maggese il terreno dell’economia. Arrivammo a Las Vegas, a nord di Napoli. Qui chiamano Las Vegas questa zona per diverse ragioni. Come Las Vegas del Nevada è edificata in mezzo al deserto, così anche questi agglomerati sembrano spuntare dal nulla…”

[13] 027
Amartya Sen, La democrazia degli altri [brani]

“Nella politica del mondo contemporaneo ci sono ben poche cose che per importanza possono reggere il confronto con il consolidamento e la diffusione della democrazia. Ritengo giusto proiettare il nostro sguardo verso il futuro, quando la democrazia si sarà ulteriormente diffusa nel mondo mettendo radici sempre più solide, ma trovo altrettanto importante studiare ciò che è accaduto in passato e in particolare nel secolo che si sta chiudendo…”

[14] 028-031
James Frey, In un milione di piccoli pezzi [riduzione]

“Mi sveglia il rumore sordo del motore di un aereo e la sensazione di qualcosa di caldo che mi gocciola lungo il mento. Alzo la mano e mi tocco la faccia. I quattro denti davanti non ci sono più, ho un buco nella guancia, il naso è rotto e gli occhi sono così gonfi che non riesco quasi ad aprirli. Con uno sforzo li apro e mi guardo intorno e sono in fondo a un aeroplano e non ho nessuno vicino. Mi guardo i vestiti e i vestiti sono coperti di un miscuglio variopinto di sputo, muco, orina, vomito e sangue. Cerco a tentoni il pulsante della chiamata e lo trovo e lo premo e aspetto e trenta secondi dopo arriva un’Assistente di volo…”

[15] 032-033
Franz Kafka, Josefine la cantante o Il popolo dei topi

“La nostra cantante si chiama Josefine. Chi non l’ha sentita non conosce il potere del canto. Non c’è nessuno che non sia trascinato dal suo canto, fatto tanto più apprezzabile in quanto la nostra specie nel complesso non ama la musica. Una pace silenziosa è la musica a noi più gradita; la nostra vita è difficile, e anche se abbiamo provato a scrollarci di dosso tutte le preoccupazioni quotidiane, non riusciamo più a elevarci a simili cose, tanto lontane dalla nostra solita vita come la musica…”

[16] 034-035
José Saramago, Il racconto dell'isola sconosciuta

“Un uomo andò a bussare alla porta del re e gli disse, - Datemi una barca. La casa del re aveva molte altre porte, ma quella era la porta delle petizioni. Siccome il re passava tutto il tempo seduto davanti alla porta degli ossequi (degli ossequi che rivolgevano a lui, beninteso), ogni volta che sentiva qualcuno chiamare da quella delle petizioni si fingeva distratto, e solo quando il risuonare continuo del battente di bronzo diventava, più che palese, chiassoso, togliendo la pace al vicinato (cominciavano tutti a mormorare, - Ma che razza di re abbiamo noi, che non risponde), solo allora dava ordine al primo segretario di andare a informarsi su cosa mai volesse il postulante, che non c’era modo di far tacere…”

[17] 036
Gregory Corso, Bomba

“Incalzatrice della storia Freno del tempo Tu Bomba
Giocattolo dell'universo Massima rapinatrice di cieli Non posso odiarti
Forse che odio il fulmine scaltro la mascella di un asino
La mazza nodosa di Un Milione di A. C. la clava il flagello l'ascia
Catapulta Da Vinci tomahawk Cochise acciarino Kidd pugnale Rathbone
Ah e la triste disperata pistola di Verlaine Puskin Dillinger Bogart
E non ha S. Michele una spada infuocata S. Giorgio una lancia Davide una fionda…”

[18] 037
Allen Ginsberg, Urlo

“Ho visto le menti migliori della mia generazione
distrutte dalla pazzia,
affamate nude isteriche,
trascinarsi per strade di negri all’alba
in cerca di droga rabbiosa,
hipsters dal capo d’angelo
brucianti per l’antico contatto celeste
con la dinamo stellata nel macchinario della notte,
che in miseria e stracci e occhi infossati
stavano su imbottiti a fumare
nel buio soprannaturale di soffitte a acqua fredda
galleggiando sulle cime delle città contemplando jazz…”

[19] 038
Adonis, Tomba per New York

“Sinora la terra è stata rappresentata come una pera
ovverosia come un seno.
Tuttavia, non esiste tra il seno e la pietra tombale che
un’astuzia architettonica:
New York una civiltà a quattro zampe,
in ogni direzione un omicidio e una strada che conduce all’omicidio,
e in lontananza il lamento dei naufraghi…”

[20] 039-040
Raymond Chandler, Aspetterò

“All’una di notte Carl, il portiere notturno, spense l’ultima delle tre lampade nell’atrio principale dell’albergo Windermere. Il tappeto blu diventò ancora più scuro e le pareti parvero allontanarsi nel tempo e nello spazio. Sulle sedie si disegnarono ombre in attesa. Negli angoli s’annidavano come ragnatele i ricordi…”

[21] 041
Dashiell Hammett, L'incubo verde

“Joe Shupe si stagliò sulla soglia di uno stabile di uffici dalla facciata massiccia, la persona lievemente inclinata, così che una delle scarne spalle, puntellandosi contro la pietra grigia, aiutava le gambe incrociate a sorreggerlo, e guardò senza interesse nella strada. Era entrato nell’androne per arrotolarsi una sigaretta al riparo del vento impetuoso che imperversava lungo Riverside Avenue ed era rimasto là perché non aveva niente di meglio da fare, anzi non aveva nient’altro da fare al momento…”

[22] 042-044
William Somerset Maugham, La lettera [spettacolo teatrale]

“Fuori, sulla banchina, il sole batteva feroce. Un fiume di macchine, camion e bus, auto private e taxi, solcava nei due sensi la strada affollata, e tutti suonavano il clacson; i risciò si infilavano agili nella calca, i coolie ansimanti trovavano il fiato per lanciarsi grida a vicenda; coolie carichi di pesanti balle intimavano ai passanti di fare largo; venditori ambulanti proclamavano la loro merce…”

[23] 045-048
Alessandro Baricco, Novecento

“Succedeva sempre che a un certo punto uno alzava la testa e la vedeva. È una cosa difficile da capire, voglio dire ci stavamo in più di mille su quella nave, tra ricconi in viaggio, e emigranti, e gente strana, e noi. Eppure c’era sempre uno, uno solo, uno che per primo la vedeva. Magari era lì che stava mangiando o passeggiando semplicemente sul ponte, magari era lì che si stava aggiustando i pantaloni, alzava la testa un attimo, buttava un occhio verso il mare e la vedeva…”

[24] 049-050 
Carlo Lucarelli, Il lato sinistro del cuore

“Mi ricordo che faceva dondolare una pantofola, in bilico sulle dica di un piede, e che si teneva l’accappatoio di spugna stretto con le braccia davanti, seduta sul bracciolo di una poltrona. Aveva i capelli ancora umidi, lunghi e neri, raccolti su una spalla perché stava facendo la doccia quando ero arrivato a casa sua con quaranta muniti di anticipo. Non so se ero stato io a sbagliarmi sull’ora quando mi aveva telefonato quella mattina, ma non aveva importanza, il cliente ha sempre ragione…”

[25] 051-053
Antonio Tabucchi, Notturno indiano [riduzione]

“Il tassista aveva una barba a pizzo, una reticella sui capelli e un codino legato con un nastro bianco. Pensai che fosse un sick, perché la mia guida li descriveva esattamente così. L’uomo correva troppo forte per il mio temperamento e suonava il clacson con ferocia. Mi parve che sfiorasse i pedoni di proposito, con un sorriso indefinibile che non mi piaceva. Alla mano desta portava un guanto nero, e anche questo non mi piacque…”

[26] 054-057
Stefan Zweig, Mendel dei libri

“Di nuovo a Vienna, e di ritorno a casa da una visita nei quartieri fuori mano, mi sorprese un rovescio di pioggia che con sferzate d’acqua costringeva la gente a rimpiattarsi rapida sotto i portoni e altri ricoveri, e anch’io cercai in fretta un tetto sotto cui ripararmi. Per fortuna a Vienna c’è un caffè in attesa a ogni angolo e io mi rifugiai in quello proprio lì di fronte, con il cappello già gocciante e le spalle bagnate fradicie…”

[27] 058-060
Joseph Roth, La leggenda del santo bevitore

“Una sera di primavera dell’anno 1934, un signore di età matura scese gli scalini di pietra che da uno dei ponti della Senna conducono alle rive del fiume. Là sono soliti dormire, o meglio accamparsi, i vagabondi di Parigi. Cosa nota quasi a tutti, ma che pur merita ricordare in questa occasione. Uno di tali vagabondi veniva per caso incontro al signore maturo che, del resto, era vestito bene e dava l’impressione di un viaggiatore curioso di visitare i luoghi caratteristici di una città straniera…”

[28] 061
Marcel Proust, Recherche [Incipit]

“A lungo mi sono coricato di buon’ora. Qualche volta, appena spenta la candela gli occhi mi si chiudevano così in fretta che non avevo il tempo di dire a me stesso “mi addormento”, e mezz’ora più tardi il pensiero che era tempo di cercar sonno mi svegliava. Volevo posare il libro che credevo di avere ancora fra le mani e soffiare sol lume. Mentre dormivo non avevo smesso di riflettere sulle cose che poco prima stavo leggendo ma le riflessioni avevano preso una piega un po’ particolare…”

[29] 062-066
Herman Melville, Bartleby lo scrivano

“Sono un uomo piuttosto anziano. La natura della mia professione, negli ultimi trent’anni, mi ha portato ad avere contatti fuor del comune con ciò che direbbesi un interessante ed alquanto singolare genere di individui, dei quali fino ad ora, ch’io sappia, nulla è stai scritto. Mi riferisco ai copisti legali, ovvero scrivani. In gran numero ne ho conosciuti, sia per pratica di lavoro che a titolo personale, e quando volessi potrei narrare svariate storie che forse farebbero sorridere le persone benevole, e forse farebbero piangere le anime sentimentali…”

[30] 067-068
Edgar Alla Poe, La lettera rubata

“A Parigi, poco dopo l’imbrunire di una sera nera e tempestosa dell’autunno 1811, mi concedevo la duplice voluttà della meditazione e di una pipa di schiuma, in compagnia del mio amico Auguste Dupin, nella sua piccola biblioteca o studiolo nel terzo, al numero 33 di Rue Dunot, Faubourg Saint Germain. Per oltre un’ora eravamo rimasti in silenzio…”

[31] 069
Sylvia Platt, Diari [brani]

“Sfondare le barriere. Soffro moltissimo. E un ulteriore guscio della benna circoscritta comprensione è infranto. A monte tutti i programmi chiari e definiti. E questo pomeriggio ho ricevuto una lettera dal mio Richard che ha mandato tutto all’aria. Tranne il mio improvviso guardarmi dentro, e scoprire quel che temevo e lottavo per evitare di scoprirlo: amo quel maledetto ragazzo con tutto quello che c’è in me, e non è poco…”

[32] 070
Elizabeth Bishop, Il mare e la sua sponda

“Un tempo, in una delle nostre ampie spiagge pubbliche, incaricarono un uomo di tenere la sabbia sgombra dalle carte. A tale scopo gli diedero un bastone o asta, con un lungo chiodo di metallo lucido conficcato in punta. Poiché lavorava soltanto di note, quando la spiaggia era deserta, l’uomo ricevette anche una lanterna da portare con sé. Il resto del suo equipaggiamento consisteva in un grande cesto di metallo dove bruciare le carte, una scatola di fiammiferi per appiccarvi fuoco, e una casa…”

[33] 071
Blaise Cendrars, Prosa della Transiberiana e della piccola Jeanne De France

“A quel tempo ero un adolescente,
avevo sedici anni appena e non mi ricordavo già più della mia infanzia.
Dal paese natio ero sedicimila leghe di lontananza.
Ero a Mosca, nella città dei mille e tre campanili e dalle sette stazioni.
E non mi bastavano più sette stazioni e mille e tre torri
perché la mia adolescenza era così ardente e folle
che il mio cuore a volta a volta
bruciava come il tempio di Efeso o come la Piazza Rossa di Mosca…”

[34] 072-075
William Somerset Maugham, La lettera [versione radiofonica integrale]

“Fuori, sulla banchina, il sole batteva feroce. Un fiume di macchine, camion e bus, auto private e taxi, solcava nei due sensi la strada affollata, e tutti suonavano il clacson; i risciò si infilavano agili nella calca, i coolie ansimanti trovavano il fiato per lanciarsi grida a vicenda; coolie carichi di pesanti balle intimavano ai passanti di fare largo; venditori ambulanti proclamavano la loro merce…”

[35] 076-077
Samuel Beckett, Quella volta [spettacolo teatrale]

“quella volta che tornasti quell’ultima volta a vedere se la rovina c’era ancora dove ti nascondevi da bambino quando fu quel giorno grigio che prendesti l’undici fino al capolinea e avanti di lì no nessun tram allora tutti andati spariti da un pezzo quella volta che tornasti a vedere se la rovina c’era ancora dove ti nascondevi da bambino quell’ultima volta nessun tram non uno rimasto soltanto i vecchi binari quando fu…”

[36] 078-079
Amelia Rosselli, La libellula

“La santità dei Santi Padri era un prodotto sì cangiante
ch’io decisi di allontanare ogni dubbio dalla mia testa
purtroppo troppo chiara
e prendere il salto per un’addio più difficile.
E fu allora che la Santa Sede
si prese la briga di saltare i fossi…”

[37] 080
Dante Alighieri, Commedia [Inferno, Canto I; Paradiso, Canto XXXIII]

“Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura!

Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’etterno consiglio,
tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che ’l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura…”

[38] 081
Cantico dei Cantici

“Mi baci con i baci della sua bocca!
Sì, le tue tenerezze sono più dolci del vino.
Per la fragranza sono inebrianti i tuoi profumi,
profumo olezzante è il tuo nome,
per questo le giovinette ti amano.
Attirami dietro a te, corriamo!
M'introduca il re nelle sue stanze:
gioiremo e ci rallegreremo per te,
ricorderemo le tue tenerezze più del vino.
A ragione ti amano…”

[39] 082
Hanif Kureishi, Un incontro finalmente

“Il marito dell’amante di Morgan gli tese la mano. “Ci incontriamo finalmente”, disse. Mi piaceva guardarla dall’altro lato della strada, in piedi, in attesa. “Sono stato contento che ci abbia pensato e abbia deciso di parlarmi. Vuole sedersi? Morgan”, disse…”

[40] 083
Claudio Magris, Essere già stati; Christa Wolf, Associazioni in azzurro

“E così Jerry è morto. Pazienza. Non è questo il guaio, né per lui né per nessuno. Neanche per me che l’ho amato, e dunque l’amo, perché l’amore non si coniuga, Dio mio, in quel senso, sì, certo, ci mancherebbe altro…”

“Chi urlò di gioia quando nacque l’azzurro? (Pablo Neruda). Lei, Pablo, fa strane domande. L’azzurro nacque? Ma non c’è sempre stato? Come l’azzurro color cielo sopra il paesaggio dell’infanzia, come il meno transitorio degli azzurri, fuori c’è un magnifico cielo azzurro…”

[41] 084
Fernando Pessoa, Tabaccheria

“Non sono niente.
Non sarò mai niente.
Non posso voler essere niente.
A parte ciò, ho in me tutti i sogni del mondo.
Finestre della mia camera,
della mia camera di uno dei milioni del mondo che nessuno sa chi è
(e se sapessero chi è, cosa saprebbero?),
date sul mistero di una via costantemente attraversata da gente,
su una strada inaccessibile a tutti i pensieri,
reale, impossibilmente reale, certa, sconosciutamente certa,
col mistero delle cose sotto le pietre e gli esseri,
con la morte che porta umidità nelle pareti e capelli bianchi negli uomini,
col Destino che guida la carretta di tutto per la strada di niente…”

[42] 085
Samuel Beckett, Commedia; Ohio Impromptu

“Gli dissi “Lasciala perdere”, gli giurai su quel che aveva di più sacro.
Una mattina mentre stavo cucendo davanti alla finestra aperta lei arrivò in tromba e mi investì. “Lasciatelo perdere”, urlo, “è mio”. In fotografia ci guadagnava. Vedendola allora per la prima volta da capo a piedi in carne e ossa capii che lui potesse preferire me.
Non era molto che stavamo insieme quando lei sentì puzza di bruciato. “Lascia perdere quella svergognata” disse, “o mi taglio la gola”, hic (pardon), “quanto è vero che Dio mi vede”…”

“Poco resta da dire. In un ultimo… Poco resta da dire. In un ultimo tentativo di trovare sollievo
egli si trasferì da dove erano stati così a lungo insieme a un’unica stanza sulla sponda opposta. Dalla sua unica finestra poteva vedere l’estremità verso valle dell’isola dei cigni…”

[43] 086
Gianluca Barp, Racconti

“Olindo aspirò avidamente la sigaretta, rilasciando ritmicamente il fumo dalla bocca. Fece scivolare il braccio sul tavolino e catapultò un grigio mucchietto nel posacenere, finemente ricamato dalla nota ditta di liquori. Oramai da più minuti, con fragoroso tintinnio acciaio-ceramica, cercava di sciogliere lo zucchero svogliatamente ed inopportunamente versato nel caffè…”

[44] 087
Jun'ichirō Tanizaki, Libro d'ombra [brani]

“Il Waranji-ya, famoso ristorante di Kyoto, vantava sino a poco fa la mancanza di luce elettrica nelle sue salette, rischiarate soltanto dal lume delle candele. Da molto tempo non vi andavo. Vi tornai la scorsa primavera, e con stupore, constatai che, in luogo dell’olio, nelle antiche lucerne vi erano lampade elettriche…”

[45] 088
Thomas Stearns Eliot, La terra desolata

“Aprile è il più crudele di tutti i mesi, genera lillà dalla terra morta, mescola memorie e desiderio, desta radici sopite con pioggia di primavera. L’inverno ci tenne al caldo, coprendo la terra di neve immemore, nutrendo una piccola vita con tuberi secchi…”

[46] 089
Étienne de La Boétie, Discorso sulla servitù volontaria [brani]

“Ma, Dio mio, che cosa mai è questa? Come diremo che si chiama? Di che sventura si tratta? Quale vizio, o meglio quale orribile vizio vedere un numero infinito di uomini non obbedire ma servire; non essere governati, ma tiranneggiati, senza più avere come propri né beni, né genitori, né donne, né figli e neanche la loro stessa vita; subire le rapine, i brigantaggi, le crudeltà non da un esercito, non da un'orda di barbari, contro cui si dovrebbe dare il proprio sangue e la propria vita, ma da uno solo; non da un Ercole o da un Sansone, ma da un qualche omuncolo che spesso è il più vigliacco della nazione; non da uno avvezzo alla polvere delle battaglie, ma da chi a mala pena è abituato alla sabbia dei tornei; non da uno capace con la forza di comandare degli uomini, ma da chi è incapace di servire vilmente l'ultimo dei servi…”

[47] 090
Jean Giono, L’uomo che piantava gli alberi

“Una quarantina circa di anni fa, stavo facendo una lunga camminata, tra cime assolutamente sconosciute ai turisti, in quella antica regione delle Alpi che penetra in Provenza.
Questa regione è delimitata a sud-est e a sud dal corso medio della Du- rance, tra Sisteron e Mirabeau; a nord dal corso superiore della Drôme, dalla sorgente sino a Die; a ovest dalle pianure del Comtat Venaissin e i contrafforti del Monte Ventoux…"

[48] 091-093
Andrea Camilleri, Il giudice Surra

“Il giudice Efisio Surra arrivò direttamente da Torino a Montelusa quindici giorni dopo che il primo prefetto dell’Italia unita, il fiorentino Falconcini, aveva preso possesso della carica.
Prima che il giudice si presentasse in città di persona, su di lui si vennero a sapere un po’ di cose…”

[49] 094-097
Carlo Lucarelli, La Bambina

“Quando leggeva i fumetti muoveva sempre le labbra. Soltanto i fumetti, perché non era comunque un gran lettore, e come titolo di studio alleva solo l’avviamento. Ma non è che stesse così indietro da sillabare le frasi, lo faceva solo con i balloon, e lo faceva fin da piccolo…”

[50] 098-099
Susan Sontag, La scena della lettera [brani]

“Fai un respiro profondo. Non sforzarti di fare nient’altro. Non ora, non sei pronta. Quando lo sarai? Mai. Mai mai. Il che vuol dire che devo cominciare adesso. Non cominciare, non pensarci nemmeno. Sarebbe troppo difficile. Anzi, troppo facile…”

[51] 100-103
Maj Sjöwall e Per Wahlöö, Terroristi [Capitolo III]

“Lo stesso giorno in cui Gunvald Larsson viveva quella singolare esperienza sul balcone con l’incantevole veduta, una ragazza di nome Rebecka Lind compariva davanti al tribunale di Stoccolma, accusata di rapina a mano armata in una banca…”

[52] 104
George Orwell, Omaggio alla Catalogna [Capitolo VII]

“Le giornate si fecero più calde e perfino le notti diventarono tiepide in maniera tollerabile. Tra i rami di un albero scheggiato dalle pallottole, proprio davanti al nostro parapetto, cominciarono a formarsi fitti mazzetti di ciliegie…”

[53] 105-107
Viola Di Grado, Settanta acrilico trenta lana [brani]

“Un giorno era ancora dicembre, specialmente a Leeds dove l’inverno è cominciato da così tanto tempo che nessuno è abbastanza vecchio da aver visto che cosa c’era prima. Nevicava tutto il giorno, a parte quella breve parentesi di autunno che ad agosto aveva scosso un po’ di foglie e se era tornata da dove era venuta, tipo la band di apertura prima delle star…”

[54] 108
Samuel Beckett, Quella volta [versione radiofonica]

“quella volta che tornasti quell’ultima volta a vedere se la rovina c’era ancora dove ti nascondevi da bambino quando fu quel giorno grigio che prendesti l’undici fino al capolinea e avanti di lì no nessun tram allora tutti andati spariti da un pezzo quella volta che tornasti a vedere se la rovina c’era ancora dove ti nascondevi da bambino quell’ultima volta nessun tram non uno rimasto soltanto i vecchi binari quando fu…”

[55] 109-111
Fred Vargas, Cinque franchi l’una; La notte efferata

“Fine. Per quella sera non ne avrebbe più venduta nemmeno una. Troppo freddo, troppo tardi. Le strade si erano svuotate. Erano quasi le undici, in Place Maubert. L’uomo si diresse verso destra spingendo il suo carrello a braccia tese…”

[56] 112-114
George Orwell, 1984 [Prima Parte, Capitoli I e II]

“Era una luminosa e fredda giornata d’aprile e gli orologi battevano tredici colpi. Winston Smith, tentando di evitare le terribili raffiche di vento col mento affondato nel petto, scivolò in fretta dietro le porte degli Appartamenti Vittoria, non così in fretta tuttavia da impedire che una folata di polvere sabbiosa entrasse con lui…”

[57] 115-118
Zoran Živković, Sei biblioteche [La biblioteca notturna; La biblioteca minima]

“Non sarei dovuto andare prima la cinema. Se avessi saputo che il film durava quasi due ore avrei fatto in precedenza un salto in biblioteca. In quel caso mi sarei imbarazzato a starmene con i libri sulle gambe durante la proiezione del film, anche se difficilmente qualcuno se ne sarebbe accorto…”

[58] 119-122
Niccolò Ammaniti, Sei il mio tesoro

“Vedendolo addormentato sul divano con un rivolo di bava che gli colava sul mento e con quella mezza bottiglia di Pampero stretta al petto non gli avreste dato una lira, e invece quello era un uomo importante…”

[59] 123-124
William Langewiesche, Predatori

“Stamattina ho fatto colazione all’Holiday Inn Express di Alamogordo in New Mexico. Uova strapazzate, almeno credo. Poi ho preso la macchina e in dieci minuti ho raggiunto la base aerea di Holloman…”

[60] 125-128
Massimo Carlotto, La pista di Campagna

“L’ispettore Campagna si avvicinò alla volante. I due agenti dell’equipaggio tenevano d’occhio i curiosi che si accalcavano cercando di capire come mai gli sbirri avessero fatto irruzione in quell’appartamento del vecchio ghetto di Padova all’ora dell’aperitivo…”

[61] 129-131
Vercors, Il silenzio del mare

“Fu preceduto da un grande dispiegamento di forze militari. Dapprima due soldati, biondissimi entrambi, l’uno dinoccolato e magro, l’altro tarchiato, con le mani di un cavapietre. Guardarono la casa senza entrare…”

[62] 132-134
Don DeLillo, L’angelo Esmeralda

“La vecchia suora si alzò all’alba, con le articolazioni tutte indolenzite. Si alzava all’alba da quando era postulante e pregava in ginocchio sul pavimento di legno duro. Per prima cosa tirò su le persiane. Ecco il mondo, piccole mele verdi e malattie infettive…”

[63] 135-137
Leonardo Sciascia, Una storia semplice

“La telefonata arrivò alle 9 e 37 della sera del 18 marzo, sabato, vigilia della rutilante e rombante festa che la città dedicava a san Giuseppe falegname: e al falegname appunto erano offerti i roghi dei mobili vecchi che quella sera si accendevano nei quartieri popolari, quasi promessa ai falegnami ancora in esercizio, e ormai pochi, di un lavoro che non sarebbe mancato…”

[64] 138-140
Nikolaj Vasil'evič Gogol', Il naso

“Il 25 marzo accadde a Pietroburgo un fatto di eccezionale stranezza. Il barbitonsore Ivan Jakovlevič con dimora al Corso Ascensione (il cognome è andato perduto, e perfino sull’insegna dove è raffigurato un messere con le guance insaponate e la scritta: Si fa anche il flebotomo - non figura altro), il barbitonsore Ivan Jakovlevič si destò assai di buon’ora e avvertì un profumo di pane caldo…”

[65] 141-144
Karl Marx-Friedrich Engels, Manifesto del Partito Comunista

“Uno spettro si aggira per l’Europa: lo spettro del comunismo. Tutte le potenze della vecchia Europa si sono coalizzate in una sacra caccia alle streghe contro questo spettro: il papa e lo zar, Metternich e Guizot, radicali francesi e poliziotti tedeschi…”

[66] 145-148
Luis Sepulveda, Diario di un killer sentimentale

“La giornata iniziò male e benché io non sia un tipo superstizioso, credo che in giorni del genere la cosa migliore sia non accettare incarichi, anche se la ricompensa ha sei zeri sulla destra ed è esentasse…”

[67] 149-150
Winfried George Sebald, Moments musicaux

“Nel settembre del 1996, durante il mio viaggio a piedi alla scoperta della Corsica, mi fermai un giorno per la prima tappa su uno spiazzo erboso ai margini della foresta di Aitone. Al di là di conche e valli d’un blu intenso, anzi sul fondo già quasi nere, vedevo, disposte a semicerchio, rocce di granito e alte cime, alcune delle quali svettavano a millecinquecento metri di altezza e anche più…”

[68] 151-154
Hugo Pratt, Una ballata del mare salato [Capitoli I, II, III]

“Faceva caldo e un sole limpido e vibrante si accaniva sulle palme, sul giardino di aranci e sulle pietre del muro che lo circondava. L’aranceto occupava tutto il lato sud della moschea di Cordova e le piante continuavano, all’esterno, la fitta foresta di colonne della Mezquita…”

[69] 155-160
Su Tong, Vite di donne

“La bottega di fotografo Huilong stava sull’angolo di un edificio dipinto di arancione, con una porticina a vetri a due battenti, nello stile tipico dei negozietti degli anni Trenta. In vetrina erano esposte foto di stelle del cinema e fiori di carta disposti con cura. Le immagini delle belle ragazze sorridenti contrastavano con la desolazione della strada…”


 
 
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