La Cucina di QB del 5 giugno 2011

Puntata 24, Storia dell’olivo e qualche chiacchiera sulla dieta mediterranea

6 Giugno 2011

La Bibbia racconta che dopo il diluvio universale, una candida colomba mandata in esplorazione tornò da Noè ad annunciare la fine della grande pioggia, portando nel becco un ramoscello dalle foglie argentate: l’ulivo, segno che la vita stava ritornando ad animare la terra e che Dio si era riappacificato con gli uomini.

Nel Corano invece si legge: “Dio è la luce dei cieli e della terra. La sua luce è come quella di una lampada, collocata in una nicchia entro un vaso di cristallo simile a una scintillante stella e accesa grazie a un albero benedetto, un olivo che non sta a oriente né a occidente, il cui olio illuminerebbe anche se non toccasse fuoco(Surat sulla Luce XXIV).

Simbolo di pace e punto fisso di sostegno del cosmo l’ulivo nasce migliaia di anni fa proprio in quelle terre che sono tutt’oggi insanguinate dall’irrazionale odio degli uomini. Forse è per questo motivo che assume un aspetto nodoso e contorto, perché ferito dalle tristi vicende che vede accadere attorno a sé, nel corso della sua lunghissima vita.

L’ulivo è un albero che fin nella mitologia viene raccontato come un importante elemento della flora portatore di pace e di benessere.
Si dice che Atena fu la madrina per la nascita del primo ulivo a protezione dell’Acropoli e della città più moderna del Mediterraneo; la leggenda racconta infatti che Poseidone si contrappose ad Atena per la sovranità dell'Attica e si sfidarono: il vincitore sarebbe stato chi avesse  offerto il più bel dono al popolo. Poseidone, colpendo con il suo tridente il suolo, fece sorgere il cavallo più potente e rapido in grado di vincere tutte le battaglie; Atena, colpendo la roccia con la sua lancia, fece nascere dalla terra il primo albero di ulivo per illuminare la notte, per mendicare le ferite e per offrire nutrimento alla popolazione. Zeus non poté che scegliere il dono più pacifico ed Atena divenne la protettrice della città.
Ma un figlio di Poseidone, che non si rassegnava alla sconfitta del padre, cercò di sradicare l'albero di ulivo: si ferì nel commettere il gesto sacrilego e morì. La roccia che protesse il prezioso albero divenne poi la sede dell’Acropoli e la pianta venne presidiata dai soldati in quanto dono divino.
Anche l’Iliade e l’Odissea narrano dell’ulivo: dal prezioso nettare che curava le ferite dei soldati alla stupenda descrizione della camera da letto, nella quale Penelope accolse l’amato al suo ritorno che Ulisse stesso aveva costruito, prima della sua partenza, con legno d'olivo.

Il popolo romano, molto più pragmatico rispetto ai vicini Greci ereditò, secondo un racconto di Plinio, l’ulivo ed il suo utilizzo direttamente dai fenici. L’olio veniva considerata merce da pretendere dai vinti, da commercializzare ed ovviamente da consumare. Ciò nonostante anch’essi attribuirono al mitico albero significati simbolici: i cittadini illustri venivano onorati con fronde di olivo, come i giovani sposi il giorno delle nozze. Inoltre i morti erano inghirlandati poiché vincitori nelle lotte della vita umana.
Nello zaino del bravo soldato, infine, non mancava mai, oltre ad una pianta di vite (che, piantate seguendo precise regole dettate dagli imperatori, diedero dato vita alle aree oggi famose e rinomate come Bordeaux, Borgogna, Loira e Champagne) anche una di ulivo, considerata importante fonte di reddito e di ricchezza.

Plinio scriveva "Ci sono due liquidi che fanno molto bene al corpo umano: il vino per uso interno e l'olio per uso esterno".
Nel mondo antico prendersi cura del proprio corpo non era considerato momento di distrazione dalla coltivazione del proprio spirito: mens sana in corpore sano non significava solo un prezioso connubio fra due parti del corpo umano in perfetta armonia ma voleva rilevare che anche la mente, lo spirito, avrebbe tratto vero giovamento da un corpo sano, curato, amato.
Urgere il corpo con l’olio era un gesto che faceva parte della quotidianità: frizionare i muscoli indolenziti dopo una gara di atletica, medicare le ferite dopo una lotta vittoriosa, massaggiare la pelle per renderla morbida e profumata - in quanto le fragranze naturali allora a disposizione, dalla lavanda alla rosa, rilasciano le loro essenze e principi attivi medicamentosi proprio nell’olio – erano attività di cura anche dello spirito.
L’olio, essenza benefica di una pianta divina, veniva usata anche dai sacerdoti nei riti propiziatori e di conferma: richieste di benevolenza e di intercessione che ancora oggi vengono riproposte attraverso processioni “santificate” appunto dall’olio nelle nostre campagne. E il rito della Cresima vede proprio nell’unzione con il Crisma, ovvero l’olio benedetto, il sigillo che il sacerdote imprime nella fronte del fedele alla fine di un percorso di fede, che lo vede pronto a divenire “soldato in Cristo”, guardiano della comunità Cristiana.

Se il ramoscello ispira la pace, l’olio la protezione anche il legno dell’albero ha una sua storia da raccontare. E’ con il legno dell’ulivo che Ercole costruì il suo bastone ed è con il medesimo legno che venne costruita la croce che vide morire Gesù. Ecco dunque la mitologia e la storia che pongono l’accento su due valori che l’ulivo fa propri: il coraggio e il sacrificio.

Nelle campagne di Canneto Sabino vive un ulivo ultra millenario, enorme, bellissimo: un patriarca della natura. Alto una quindicina di metri il suo tronco, tozzo, tarchiato, nodoso, molto contorto e irregolare ha le eccezionali misure di mt. 5,60 di circonferenza nella parte stretta e mt. 7,20 nella parte media. Ma quanto tempo ci ha messo a divenire così maestoso? Duemila anni: è bello pensare che l’ombra della quale possiamo godere durante un assolato pomeriggio estivo è più piccola rispetto a quella che dava sollievo a Numa Pompilio, uno dei sette re di Roma!

Ma Plinio quando diceva che dei due liquidi caratteristici del Mare Nostrum, il vino e l’olio, uno rispetto all’altro erano più adatti a stare dentro il nostro corpo non aveva avuto la possibilità di conoscere la dieta mediterranea. Secondo la traduzione greca per “dieta” si intende uno “stile di vita”: non solo alimentazione quindi ma anche ritmi quotidiani, paesaggi naturali, rapporti di rispetto tra uomini, animali, territorio. Un reciproco amore che è stato trasmesso per millenni grazie al lavoro delle donne che si sono sempre occupate di nutrire la prole attraverso l’agricoltura e l’allevamento di piccoli animali, mentre gli uomini in gruppi partivano, rimanendo lungamente assenti, per la caccia di altri animali o di uomini.
La culla della dieta mediterranea è il Cilento: le donne di questa parte di Bel Paese, che sembra un angolo di paradiso, hanno sempre offerto ai propri cari cibi semplici come la pasta, il pane, le verdure, il “povero” pesce azzurro, la frutta, il vino e naturalmente l’olio.
Nei borghi di questa regione ammantati da una strana magia il tempo sembra essersi fermato: i colori, i sapori, i silenzi affascinarono Ancel Keys, uno studioso americano nato nel 1904 che nel secondo dopoguerra decise di studiare attentamente la popolazione del Cilento. Strani uomini e donne che nutrendosi con i frutti di una terra incantata vivevano più sani e soprattutto più a lungo, al riparo da quelle malattie cardiovascolari che falcidiavano invece le popolazioni che preferivano all’olio extravergine il burro o lo strutto e al pesce azzurro le carni rosse.
Si trasferì con la famiglia e abbracciò la dieta - stile di vita - mediterranea godendone a lungo. Morì infatti nel 2004, da centenario, come i “curiosi” cilentani che studiò per tutta la vita tanto da costruire Il Museo Vivente della Dieta Mediterranea “Ancel Keys” in onore dell’alimentazione mediterranea e del suo olio.

La bella stagione è esplosa anche a tavola: cibi più leggeri e più freschi per allietare le nostre tavole estive. Che ne dite di un gelato all’olio extravergine?

Ingredienti
180 gr di latte crudo o intero, 5 cl di olio evo, 1 tuorlo bio, 20 gr di glucosio, 20 gr di panna fresca, sale blu iraniano e pepe nero lungo macinato al momento.

Procedimento
Scaldare il latte con la panna, sbattere brevemente il tuorlo con lo zucchero, unire il liquido tiepido, mescolare bene e filtrare con un colino. Unire un pizzico di sale e un’abbondante macinata di pepe nero lungo. Versare il composto nella gelatiera e mantecare.
Potete servirlo con una coulisse di frutti di bosco e fragole frullati e filtrati e zuccherato con un po’ di zucchero a velo oppure con una dadolata di datterini sbollentati, spellati e privati dei semi e saltati con un cucchiaino di zucchero di canna ed uno di aceto balsamico.

 
 

    audio

loading... loading...