L’uscita del graphic novel di Claudio Calia Piccolo Atlante Storico Geografico dei Centri Sociali italiani ci pare una buona occasione per approfondire il tema delle relazioni tra il fumetto e il circuito dei centri sociali. D’altro canto, la storia della produzione alternativa e indipendente – intrecciata com’è con lo stesso fumetto cosiddetto “d’autore” – ha infatti un debito significativo, in Italia, nei confronti di quel canale di diffusione e vendita. Minore forse per quantità, ma non certo per i suoi effetti culturali.
Nati alla metà degli anni Settanta, e sviluppatisi nei due decenni successivi, i Centri Sociali hanno rappresentato per un ventennio una valvola di sfogo decisiva per molte produzioni a fumetti – fanzines, riviste, albetti spillati ma anche graphic novel – tradizionalmente collocate ai margini dell’industria culturale. Un ambiente culturale adatto, in particolare, al lavoro di autori e piccoli editori in cerca di forme espressive diverse – e talvolta ideologicamente contrapposte – alle forme più omologate di fumetto (e non solo) che offriva il mercato dell’epoca.
In anni in cui il fumetto era pressoché assente dalle librerie, i bookshop dei Centri sociali sono stati tra i pochi luoghi ad esporre pubblicazioni di maestri ‘classici’ dell’underground (Robert Crumb su tutti), ma anche autoproduzioni di giovani autori che sarebbero diventati, più avanti, protagonisti del fumetto italiano. Non solo: come spazi di animazione culturale, i Centri Sociali hanno inoltre ospitato, fra gli anni Ottanta e Novanta, mostre ed eventi che hanno messo in comunicazione la tradizione del fumetto underground degli anni Sessanta/Settanta con la produzione nostrana recente. Basti pensare all’Happening Internazionale Underground, vero e proprio festival che portò a Milano (e altrove), tra il 1996 e il 2003, autori come Peter Kuper, Thomas Ott, Rick Griffin, Spain Rodriguez, Seth Tobocman, Peter Pontiac, Alexandar Zograf…
Oggi i fertili risultati di questa relazione sono sotto gli occhi di tutti (o, almeno, dei meno miopi): numerose etichette editoriali d’eccellenza come Rasputin, Black Velvet, Coconino Press, Canicola hanno trovato lettori fedeli proprio in quel contesto; e un autore come Zerocalcare (non a caso autore della prefazione al libro di Calia) nemmeno *esisterebbe* – creativamente parlando – senza i Centri sociali, ambito in cui si è formato (ben) prima di diventare il fumettista italiano più venduto in libreria.
Insomma, il rapporto tra Fumetto e Centri Sociali è stato qualcosa di piuttosto importante, del quale vale la pena non dimenticarsi. Anche e soprattutto oggi, mentre i Centri sociali sono ormai cambiati: alcuni spariti per sempre, altri maturati e diventati spazi ‘tradizionali’ di animazione e produzione culturale. Di tutto questo abbiamo chiesto anche ad alcuni autori, che hanno vissuto l’esperienza di questi luoghi, conoscendoli e frequentandoli anche - e soprattutto - da fumettisti.
Le risposte di Ratigher, Gianluca Costantini, Claudio Calia e Massimo Giacon le trovate, perciò, nelle prossime pagine (e trovate una selezione di tavole del Piccolo Atlante Storico Geografico dei Centri Sociali italiani in anteprima qui).