Mogwai - Intime emozioni collettive

7 Giugno 2011

Ci sono dei periodi, delle stagioni, che sono più fruttuose di altre. E’ come con il vino, non tutte le annate sono buone. Così è anche per la musica. Ci sono dei periodi, più o meno lunghi, in cui non accade nulla di nuovo, e le pubblicazioni sono solo il ripetersi dell’esercizio di questo o quello stile.
Altri invece sono così ricchi di novità e spunti interessanti che si corre il rischio di perderne qualcuna per strada.


Nella stagione 1999/2000 Libertà Provvisoria è la trasmissione con cui comincio la mia avventura su Sherwood. Una stagione fantastica, forse irripetibile, per la ricchezza dell’offerta musicale  e per l’affermarsi di nuovi stili e nuovi suoni.
E’ il periodo del NAM (new acoustic movement) che incorona compagini come Kings of Convenience che di fatto ripropongono l’assioma chitarra – voce che da un po’ mancava di attirare così l’attenzione. E’ il periodo del pop – rock visionario dei Flaming Lips, che miscelano la tradizione psichedelica americana con un pop evoluto. E’ il momento di band come Arab Strap o Belle And Sebastian , che propongono non solo splendide canzoni, ma testi originalissimi. Soprattutto i primi, che raccontano sentimenti e passioni con una spudoratezza genuina che non sfocia però mai in volgarità. Poi ci sono mostri sacri come Residents, Sonic Youth. O emergenti come gli originalissimi Black Heart Procession.
Ma la band che forse sintetizza meglio il suono di quegli anni sperimentali sono i Mogwai. Compagine scozzese nata all’inizio degli anni Novanta che si misura con un suono davvero innovativo che viene definito post rock. Di questa scena fanno parte anche i God Speed You Black Emperor, un gruppo composto da una dozzina di membri che alternano gli strumenti rock tradizionalmente intesi a strumenti classici come l’oboe, la viola o il violoncello. Delle vere e proprio session interminabili che attirano non poco l’attenzione di molti appassionati.


I Mogwai si approcciano alla musica con la mente sgombera di quelli che sono i paletti che solitamente vengono imposti a chi vuole fare della musica una professione. Dai nostri invece non viene neppure presa in considerazione la forma canzone come è generalmente intesa. E l’assenza della voce rende l’ascolto ancora più coinvolgente, al contrario di quanto si possa pensare. Il loro disco di esordio si intitola Young Team, datato 1997. A seguire il capolavoro Come On Dye Young, un disco che segna la svolta di questa band non solo dal punto di vista stilistico, ma soprattutto per l’impatto emozionale che ha su chi lo ascolta. Ne è una riprova quanto accade durante quel tour, dove un pubblico attentissimo entra talmente in sintonia con il gruppo che nei momenti più tirati si abbandona al suono fortissimo che arriva dalle casse, ma nei momenti dove la musica è quasi sussurrata, sa ascoltare con una concentrazione che è solita nei teatri dove si esibiscono le grandi orchestre da camera.
Un suono adulto per una band di giovani che si rivolge ai suoi coetanei. Alla faccia delle canzonette e dei network radiofonici che non si sognerebbero mai di trasmettere i loro pezzi. Radio Sherwood si poteva permettere di farlo, invece. E i Mogwai sono stati spesso protagonisti delle nostre trasmissioni musicali.


Chi ha avuto modo di vederli dal vivo ricorda sicuramente prestazioni sempre di alto livello. E’ un’esperienza da non perdere un loro concerto. Come si è evoluta la loro musica, con l’introduzione di parti elettroniche, la ricerca di strade sempre nuove, anche i loro live seguono questi stessi principi. La ricerca del limite è quasi indispensabile per la sopravvivenza del progetto. Quella irrefrenabile voglia di spingersi sempre più in la è il marchio indelebile che differenzia questa band dalle altre. Band che ha influenzato gruppi come i Giardini di Mirò, ad esempio, che proprio all’inizio della loro avventura accompagnavano nel loro tour italiano i già citati canadesi GYBE. O anche Explosions In The Sky, tanto per citare un altro nome noto. Le soluzioni proposte dal vivo, hanno condizionato tantissimi i gruppi, anche insospettabili, che hanno preso ispirazione dai loro live. Rock Action e Happy Songs for happy people sono altri due dischi memorabili. Se The Hawk is Howling del 2008 è stato invece una mezza delusione, con l’ultimo Hardcore will never die, but you will si sono ripresi con gli interessi, tornando ai vecchi fasti.


I Mogwai allo Shewood Festival sono l’esatta prosecuzione di un percorso avviato più di trent’anni fa, quando i primi pionieri di quella che è oggi una realtà moderna che guarda sempre al futuro con quella voglia di essere protagonisti partecipi, e non spettatori, offrivano attraverso il suono di rari vinili l’opportunità a chi ascoltava di aprire la propria mente, di giocare con la propria immaginazione.
Offrendo all’ascoltatore musicisti che hanno segnato il secolo scorso. Dal Jazz al rock. Quella strada che ci è stata indicata è quella che ancora oggi seguiamo. E se dal vinile si è passati alla musica in digitale, poco cambia.


Il 7 luglio allo Sherwood festival i Mogwai saranno sul nostro palco. Difficile pensare a una location più appropriata.
Il consiglio, soprattutto in chi magari non si è ancora imbattuto nella loro musica è quello di non perdersi questo che non è solo un concerto rock, ma un’esperienza che coinvolge più sensi. Una occasione per dare sfogo alla propria immaginazione, alla propria fantasia, lasciandosi trasportare dalla musica. Un intimo viaggio emozionale ed emotivo da condividere con migliaia di persone. Un rito che si ripete e che chi ha già vissuto non ha di sicuro intenzione di perdersi, e che invece, a chi non lo ha mai vissuto, consigliamo di provare a gustare.

 
 

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