Sabato 15 marzo live al centro sociale Bruno di Trento

Sabato 15 marzo sul palco del centro sociale Bruno suoneranno gli Electric Shields, storica band del rock underground degli anni Ottanta da poco ritornata sulla scena.

Qui l'intervista a Stefano Boschin degli Electric Shields realizzata al Cs Bruno

Nella seconda metà degli anni Ottanta i trentini Electric Shields sono tra i gruppi di punta della scena neo-sixties italiana. In questo periodo assistiamo anche in Italia ad un recupero delle sonorità di quello che è stato definito da molti critici il “decennio d’oro” della musica del Novecento: gli anni Sessanta. Garage, beat, surf, proto-punk, psichedelia sono le basi di un sontuoso revival, che negli Usa si declina nella scena neo-garage, grazie principalmente a band del calibro di Green on Red e Dream Syndicate; mentre in Europa prende forma nella cosiddetta “neo-psichedelia” che, attraverso Cocteau Twins, My Bloody Valentine, Spacemen 3, Primal Scream e tanti altri, esalta quelle sonorità che condizioneranno fortemente anche il decennio successivo.

In Italia la scena neo-sixties diventa in breve tempo uno dei punti di riferimento dell’underground nostrano, accomunando tanti giovani che non si riconoscono nelle coordinate culturali degli anni Ottanta e vanno a ripescare e rivisitare suoni e suggestioni di vent’anni prima.

Nel 1985 la pioneristica etichetta indipendente Electric Eye pubblica una compilation-manifesto di questa scena, ospitando band come i milanesi Four by Art, i piemontesi No Strange e Sick Rose, i toscani Pikes in Panic. La compilation si intitola “Eightes Colour” e raccoglie tendenze differenti tra loro, come il mod revival o il recupero del primissimo progressive, dando vita ad un importantissimo affresco di rock indipendente italiano “sixties-oriented”.

Gli Electric Shields si formano nel 1986 e, dopo aver dato alla luce il demo-tape chiamato “Sixty Flowers on Electric Shields”, pubblicano nel 1987 il loro primo EP, che si intitola “Cry baby cry” ed esce per la Electric Eye. Il disco diventa subito fenomeno di culto per gli appassionati del genere, tanto che la label di Claudio Sorge decide di inserirne un brano nella seconda compilation dedicata alla scena neo-sixties italiana, “Neolithic sound of southern europe”, pubblicata nel 1987.

Gli anni successivi segnano il declino del neo-sixties e la stessa Electric Eye chiude i battenti nel 1991, non prima di aver pubblicato i primi due lavori degli Starfuckers, forse la band più influente del rock d’avanguardia italiano negli anni Novanta.

Gli Electric Shields riescono a stare al passo con i tempi cambiando man mano sonorità ed influenze. Nel 1991 esce “White buffalo country” che, già a partire dal titolo, segna una netta virata verso il folk di matrice americana. Il disco è prodotto dalla Direct Hit, label texana, che ha avuto il merito di avere in scuderia band di culto come Bedhead e Brutal Juice.

Dopo questo lavoro il gruppo trentino decide di sciogliersi, entrando di diritto nella storia del rock indipendente italiano. Dopo oltre vent’anni gli scudi elettrici decidono di rimettersi in gioco, pubblicando nel 2013 l’album “Save our souls” per l’etichetta romana Misty lane. Rimangono nella line up i fondatori Stefano Boschin (voce e chitarra), Daniele Morello (chitarra) e Paolo Pulita (drums), ai quali si è aggiunto Alberto Zandonati (basso).

Il disco rimanda al poderoso garage-rock degli esordi con marcate contaminazioni soul e rhythm & blues. L’uscita viene immediatamente salutata dalle riviste specializzate italiane, prime tra tutte Blow Up, che dedicano al disco recensioni molto positive.
Ancora una volta gli Electric Shields dimostrano di avere una tempistica perfetta. “Save our souls” esce infatti in una fase in cui si assiste ad un ritorno di fiamma del garage-psych a livello internazionale. Grazie a band come Thee oh Sees, Ty Segall e tanti altri i Sixties sono ritornati a fare tendenza nel rock alternativo di questo decennio.

Il rinnovato interesse per queste sonorità ha portato anche in Italia a rispolverare dischi messi troppo in fretta nel dimenticatoio. La recente uscita del libro “Eighties colours. Garage, beat e psichedelica nell'Italia degli anni Ottanta”, scritto da Roberto Calabrò (ex giornalista di Rockerilla e Rumore ed attuale collaboratore dell’Espresso e di Repubblica), oltre ad essere un omaggio alla già citata compilation, rappresenta una mirabile antologia di quella scena. Agli Electric Shield ed al loro sound frizzante e contagioso Calabrò dedica un ampio spazio. Spazio che la band trentina si è meritata e continua a meritarsi.

 
 

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