Sembra spuntare di nuovo la “canzone”.
Anche nelle più ermetiche, indefinibili e indecifrabili musiche degli ultimi anni.
Al termine di un'era dominata da voci pitchate, evanescenti, spettrali, usate dai produttori elettronici, prese a piene mani dal postdubstep e poi da molti altri generi, sembra spuntare di nuovo l'esigenza del cantato.
Naturalmente il “songwriting” non è mai sparito, ma restava legato a vecchie formule. Ora però la tendenza di manipolare digitalmente frammenti di voci è diventato in molti casi manipolare digitalmente la propria voce per diventare cantante; insomma dalla costruzione di tracce si ritorna a scrivere canzoni.
Prendiamo il più famoso degli esempi: James Blake. Senza dubbio l'uso della voce nei suoi primi lavori era ispirato da Burial, la cui combinazione di beat 2step e campioni vocali aveva indicato la strada per le più originali musiche degli anni a venire.
Burial produceva tracce che sembravano versioni dub di canzoni, solo che le canzoni non c'erano. Ora sembra ci sia l'esigenza di costruire gli originali, e questo ha comportato la sostituzione dei campioni vocali con dei cantanti reali.
Ascoltando i dischi di Blake in sequenza cronologica, questo risulta emblematico: è come ascoltare un fantasma che gradualmente assume una forma materiale.
Una traccia come " I Only Know (What I Know Now)" da Klavierwerke EP è l'esempio perfetto di come la canzone spariva in una “version” fatta di una serie di sospiri intonazioni incomprensibili.
La voce qui è una manciata di pitch e tic e ha un effetto spettrale che si espande per tutto il pezzo.
Ma con l'omonimo album di debutto di Blake, già qualcosa cambiava e la voce de-frammentata di Blake si spostava in primo piano del mix, pur mantenendo quella tremante, tremula, precaria qualità che rendeva i testi sfuggenti e le canzoni non ancora compiute.
Nell'ultimo “ Overgrown” le influenze post-dubstep si sono ulteriormente attenuate.
La canzone riprende sempre più la sua forma, anche se non ancora (fortunatamente) del tutto definita.
Quello di James Blake è solo l'esempio più famoso ma le tendenza si è molto diffusa.
Cosa resta dell'influenza del post dubstep/ elettronico in questa evoluzione?
Certamente la malinconia del post rave. Il ritorno all'introspezione, il ritorno a casa, dopo l’euforia della stagione rave, della “generazione ecstasi” , accompagnata da bassi allungati e tremolanti a renderne instabile l’impianto.
Questa tendenza di ritorno alla canzone risulta sicuramente più interessante quando resta ancora ibrida, cantata da un fantasma ancora non materiale. Da un crooner in divenire.