ReadBabyRead propone un classico di valenza universale. Da un'idea di Claudio Tesser, sulle note di un superbo Miles Davis, Francesco Ventimiglia legge "Antigone" di Sofocle nella perfetta traduzione di Massimo Cacciari.

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Sofocle: “Antigone” (1/6)

14 Maggio 2015

ReadBabyRead propone un classico di valenza universale. Da un'idea di Claudio Tesser, sulle note di un superbo Miles Davis, Francesco Ventimiglia legge "Antigone" di Sofocle nella perfetta traduzione di Massimo Cacciari.


ReadBabyRead #229 del 14 maggio 2015

Sofocle
Antigone (traduzione di Massimo Cacciari)

(parte 1 di 6)


per info su F. Ventimiglia e C. Tesser:

Lettura e altri crimini
iTunes podcast


Legge: Francesco Ventimiglia


L’Antigone di Sofocle non è un testo qualunque. È una delle azioni durature e canoniche della storia della nostra coscienza filosofica, letteraria e politica.
[George Steiner]


Antigone, una tragedia liquida
di Claudio Tesser

La genesi dell’operazione è semplice: da molti anni, almeno 30, non ascoltavo Bitches Brew di Miles Davis e mi è venuto il desiderio di farlo.

Non scopro nulla di nuovo affermando che si tratta di un lavoro superbo, un vertice della produzione musicale del ‘900 e fin dalle prime battute, dalle prime vertiginose aperture sonore ho pensato: “sarebbe una colonna sonora perfetta per una tragedia greca”.

Del perché possiamo anche parlarne; Davis in quel periodo era più che mai alla ricerca delle sue radici, razziali, spirituali e così, presumo, nacque quella musica dagli echi ancestrali e contemporaneamente futuribili, che narra un movimento che percorre i secoli, che muove la terra e i popoli e che si lancia in avanti e guarda al cielo, agli dei antichi e alle forme della coscienza allargata.

Davis in questo suo momento pare ci voglia trasmettere e parlare, attraverso la sua musica, di qualcosa di molto antico e ancora sconosciuto e ciò che è sconosciuto, anche se appartiene e proviene dal nostro passato più remoto, proprio in quanto sconosciuto, va di diritto a collocarsi nel nostro futuro in una speciale linea di continuità che attraversa il nostro presente nel quale possiamo accogliere ogni istanza e urgenza di ricerca e riflessione.

È così anche nella tragedia greca dove le parole pesano come sbozzate dal silenzio e gettano i loro enigmi, passioni, pensieri universali e profondi davanti a noi affinché perpetuamente ci si possa ricordare di loro e con loro confrontarsi.

Immagino queste parole come severe e salde imbarcazioni traversare il mare conturbante e imprevedibile delle note davisiane, dialogare alla pari, con lo stesso volume di suono, dileguarsi, riemergere, sovrapporsi e poi fuggire rapide nel silenzio.

Ecco, sopra scritta, come dicevo, la genesi del lavoro che presentiamo da questa settimana in avanti per altre cinque settimane; non so se effettivamente servivano queste spiegazioni ma mi è stato chiesto di farlo e non era cortese rifiutare; aggiungo, perché Antigone?, perché è un testo bellissimo, perché parla finalmente di etica, di morale, perché ci indica che gli dei non amano né la protervia né l’arroganza.

Infine riporto una citazione da “Il mondo del silenzio” di Jacques Picard:

La musica è silenzio che, sognando, inizia a suonare.”


Claudio Tesser


LA PAROLA CHE UCCIDE
di Massimo Cacciari


Il grido acuto di Antigone, «come di uccello angosciato alla vista del nido deserto», deve poter essere udito, ora ontano ora incombente, in ogni momento della tragedia. Esso riempie ogni sua pausa e ne determina il ritmo. La parola articolata non può liberarsene, ma lo porta in sé come sua propria, intima «dissonanza».

La parola assume questo timbro quando essa si fa effettualmente, corporalmente toedtendfactisches, quella parola capace di uccidere, di recare morte, di «divenire» mortale (più che toedlichfaktisches, meramente «assassina»), che è per Hölderlin «das griechischtragische Wort», la parola greco-tragica. Tale tremenda potenza della parola si manifesta nell’Antigone nella sua forma più pura, come archè della parola stessa. È la sua originaria energia che la produce e la muove, è essa che ne spiega l’inesausto agonismo, è per essa che le parole si affrontano nella più pericolosa delle gare, nel dialogo. E mai essa si rivela più potentemente che nella parola ispirata, “entusiasta”: se infatti uccide la parola di Creonte, ancor più duramente colpisce quella di Tiresia, e proprio perché fino all’ultimo trattenuta essa si scatena alla fine quasi selvaggiamente. Mortale per Creonte la parola di Emone, il cui ultimo timbro sarà quello sputo, nel talamo-tomba di Antigone, tanto più feroce di ogni punta di spada. Da morte a morte conducono, infine, le parole di Antigone, tutte comprese nel destino comune della stirpe: inseparabili fino a darsi reciproca morte hanno “dialogato” i fratelli; e in diversa forma questo stesso polemos continua ora tra Antigone e Creonte. Poiché Logos è Polemos, e l’unità del divino non può darsi che nel contrapporsi delle parole, non si rivela ai mortali che nell’articolarsi-distinguersi delle sue dimensioni, dei suoi dominî, delle sue timai.

Questo è l’essenziale: comprendere l’inseparabilità dei Due, Antigone e Creonte. E dare alla voce di entrambi tutta la sua potenza “omicida”. Assolutamente necessari l’uno all’altro, metafisicamente estranei a ogni odio personale, inarrestabili nel “rendersi morte”, essi incarnano così l’essenza del dialogo tragico. Il dialogo è tragico quando le distinte dimensioni della Parola si incontrano e affrontano prevenendo ciascuna all’acme della propria chiarezza, della coscienza di sé, e proprio su questo limite manifestano l’impotenza a comprendersi e accogliersi. Quando due figure si affrontano con l’arma più tremenda, la parola, e scoprono reciprocamente di essere destinalmente impotenti all’ascolto, lì scoppia il conflitto incomponibile - che significa tuttavia, a un tempo, la necessità della loro relazione. Antigone non sarebbe senza Creonte, mentre del tutto contingente è il suo rapporto con Emone. E così per Creonte solo il rapporto con Antigone, l’antagonismo con la figlia di Edipo, lo caratterizza irreversibilmente. Le parole di Creonte ed Emone possono contraddirsi intrecciandosi - e la possibilità, per guanto estrema, del loro accordo è la speranza del Coro. Creonte si fra-intende con il Coro e con tutte le altre personae della tragedia, con Tiresia anzitutto. (...).

Massimo Cacciari

(segue alla puntata successiva)


Le Musiche, scelte da Claudio Tesser

Miles Davis, Shhh/Peaceful [Miles Davis]
Miles Davis, In A Silent Way/It’s About That Time [Joe Zawinul/Miles Davis]
Miles Davis, Pharaoh’s Dance [Joe Zawinul]
Miles Davis, Bitches Brew [Miles Davis]
Miles Davis, Spanish Key [Miles Davis]
Miles Davis, John McLaughlin [Miles Davis]
Miles Davis, Sanctuary [Wayne Shorter]
Miles Davis, Feio [Wayne Shorter]

 
 

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Il libro “Antigone” di Sofocle, nella traduzione di Massimo Cacciari (2007, Einaudi, Collezione di teatro 407).

 
 

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