ReadBabyRead propone un classico di valenza universale. Da un'idea di Claudio Tesser, sulle note di un superbo Miles Davis, Francesco Ventimiglia legge "Antigone" di Sofocle nella perfetta traduzione di Massimo Cacciari.

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Sofocle: “Antigone” (3/6)

28 Maggio 2015

ReadBabyRead propone un classico di valenza universale. Da un'idea di Claudio Tesser, sulle note di un superbo Miles Davis, Francesco Ventimiglia legge "Antigone" di Sofocle nella perfetta traduzione di Massimo Cacciari.


ReadBabyRead #231 del 28 maggio 2015

Sofocle
Antigone (traduzione di Massimo Cacciari)

(parte 3 di 6)


per info su F. Ventimiglia e C. Tesser:

Lettura e altri crimini
iTunes podcast


Legge: Francesco Ventimiglia


L’Antigone di Sofocle non è un testo qualunque. È una delle azioni durature e canoniche della storia della nostra coscienza filosofica, letteraria e politica.
[George Steiner]


Antigone, una tragedia liquida
di Claudio Tesser

La genesi dell’operazione è semplice: da molti anni, almeno 30, non ascoltavo Bitches Brew di Miles Davis e mi è venuto il desiderio di farlo.

Non scopro nulla di nuovo affermando che si tratta di un lavoro superbo, un vertice della produzione musicale del ‘900 e fin dalle prime battute, dalle prime vertiginose aperture sonore ho pensato: “sarebbe una colonna sonora perfetta per una tragedia greca”.

Del perché possiamo anche parlarne; Davis in quel periodo era più che mai alla ricerca delle sue radici, razziali, spirituali e così, presumo, nacque quella musica dagli echi ancestrali e contemporaneamente futuribili, che narra un movimento che percorre i secoli, che muove la terra e i popoli e che si lancia in avanti e guarda al cielo, agli dei antichi e alle forme della coscienza allargata.

Davis in questo suo momento pare ci voglia trasmettere e parlare, attraverso la sua musica, di qualcosa di molto antico e ancora sconosciuto e ciò che è sconosciuto, anche se appartiene e proviene dal nostro passato più remoto, proprio in quanto sconosciuto, va di diritto a collocarsi nel nostro futuro in una speciale linea di continuità che attraversa il nostro presente nel quale possiamo accogliere ogni istanza e urgenza di ricerca e riflessione.

È così anche nella tragedia greca dove le parole pesano come sbozzate dal silenzio e gettano i loro enigmi, passioni, pensieri universali e profondi davanti a noi affinché perpetuamente ci si possa ricordare di loro e con loro confrontarsi.

Immagino queste parole come severe e salde imbarcazioni traversare il mare conturbante e imprevedibile delle note davisiane, dialogare alla pari, con lo stesso volume di suono, dileguarsi, riemergere, sovrapporsi e poi fuggire rapide nel silenzio.

Ecco, sopra scritta, come dicevo, la genesi del lavoro che presentiamo da questa settimana in avanti per altre cinque settimane; non so se effettivamente servivano queste spiegazioni ma mi è stato chiesto di farlo e non era cortese rifiutare; aggiungo, perché Antigone?, perché è un testo bellissimo, perché parla finalmente di etica, di morale, perché ci indica che gli dei non amano né la protervia né l’arroganza.

Infine riporto una citazione da “Il mondo del silenzio” di Jacques Picard:

La musica è silenzio che, sognando, inizia a suonare.”


Claudio Tesser


LA PAROLA CHE UCCIDE
di Massimo Cacciari

(continua dalla puntata precedente)

(...) Colui che regna saldamente (e razionalmente!) sa di non potersi mai limitare al peana vittorioso, come quello che il Coro intona nel Parodo, ma di dover subito colpire «il seguito clandestino dei vinti» (K. Reinhardt). La pena inflitta al cadavere di Polinice deve suonare avvertimento tremendo, tanto più necessario, agli occhi di Creonte, quanto più lo stesso Coro degli anziani e più grandi di Tebe mostra esplicitamente riluttanza a condividere la decisione del sovrano. E che tale decisione non sia affatto espressione di ira violenta lo dimostra ancora, ad abundantiam, il trattamento riservato al servo che annuncia il “crimine” di Antigone, e, poi, la “assoluzione” di Ismene. Semmai è proprio, invece, il suo cedere alla fine un movimento immediato dell’animo, un incondizionato riflesso difronte alla maledizione di Tiresia. Più che una meditata “conversione”, un ragionato “pentimento”, esso somiglia a una manifestazione di irrefrenabile paura. Egli non “cede” alle parole di Tiresia, ma piuttosto precipita, compie la propria catastrofe. E il suo estremo lamento fa eco a quello della sua vittima (K. Reinhardt). Si potrebbe davvero affermare che Creonte riconosce l’errore commesso proprio nell’istante in cui il suo logos tace per farsi invocazione, paura, preghiera, lamento. La coscienza della colpa si manifesta quando la parola che ha dato morte muore.

Antigone non si oppone affatto al logos di Creonte per quanto esso le appaia “irragionevole”. Potremmo anche senza fatica pensare che ne abbia perfino inteso la “ragione”. Ma questa “ragione” sarebbe comunque ai suoi occhi del tutto estranea e impotente. Se si interpreta il conflitto tra i Due come interno alla sfera del diritto o dell’etica o della politica, si manca completamente il bersaglio. Sofocle lo intuisce, “con timore e tremore”: Antigone non mira a “riformare” il potere di Creonte, a renderlo più ossequioso delle tradizioni, non cerca compromessi più o meno “alti” tra il diritto positivo dello Stato e la pietas domestica. Non rivendica un nuovo diritto, né un nuovo ordine politico. La parola di Antigone manifesta un’alterità radicale rispetto a tutte queste dimensioni del logos. In ciò la sua “dismisura”, che il Coro prontamente rileva. Le leggi della città, qualsiasi legge, non la vincolano in alcun modo; ella ignora se esse valgano là dove a lei interessa valere. E tanto le basta. Certo, se non si fosse dato il caso, Antigone avrebbe forse potuto vivere una vita apparentemente del tutto “normale” nella polis, ma ciò non avrebbe mutato di nulla il suo carattere, e cioè la sua assoluta estraneità al comando delle leggi. Non avrebbe obbedito loro, ma piuttosto non avrebbe avuto l’occasione di accorgersi della loro esistenza. La parola di Antigone uccide il potere delle leggi vigenti non in nome di altre, che non potrebbero disporsi se non sullo stesso piano e pretendere uguale monopolio e pari effettualità, ma come svuotandole dall’interno, dichiarandole come nulla per sé. Creonte vuol colpire in Antigone questo sommo pericolo di ogni prassi politica e non quella determinata trasgressione di cui si è resa «santamente colpevole». Creonte intuisce nello specchio di Antigone ciò che il potere politico deve necessariamente nascondere, il suo più intimo segreto, l’autentico arcanum imperii: la propria impotenza difronte a chi obbedisce a una Legge originariamente “assolta” da ogni inter-esse pratico-politico. Antigone non va confusa con la voce prudente del Coro. (...)  

Massimo Cacciari

(segue alla puntata successiva)


Le Musiche, scelte da Claudio Tesser

Miles DavisShhh/Peaceful [Miles Davis]
Miles DavisIn A Silent Way/It’s About That Time [Joe Zawinul/Miles Davis]
Miles DavisPharaoh’s Dance [Joe Zawinul]
Miles DavisBitches Brew [Miles Davis]
Miles DavisSpanish Key [Miles Davis]
Miles DavisJohn McLaughlin [Miles Davis]
Miles DavisSanctuary [Wayne Shorter]
Miles DavisFeio [Wayne Shorter]

 
 

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La locandina della rappresentazione teatrale di “Antigone”, una coproduzione del Teatro della città di Göteborg e del “Para Panda Theatre Lab” della Tanzania, codiretta da Mgunga MWA Mnyenyelwa e Ronnie Hallgren, e recitata sia in Svedese che in Swahili. Dopo la prima a Göteborg (settembre 2011), successivamente lo spettacolo è stato messo in scena anche a Dar es Salaam, in Tanzania.

 
 

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