The Shoes – Chemicals

by MonkeyBoy (Vinylistics)

8 Dicembre 2015

Conosco la musica di Guillaume Brière e Benjamin Lebeau, che scrivono suonano e producono sotto il nome The Shoes, dal lontano 2012. Nella primavera di quell’anno un tweet di Bret Easton Ellis (che seguo per spiccato snobbismo, lo dico subito) proclama quello di Time To Dance ‘video dell’anno’, con la solita sicumera tipica dello scrittore americano. Ovviamente aveva ragione, si tratta di nove minuti di grande videomusica sia per merito della regia di Daniel Wolfe sia per la solita interpretazione mastodontica di un certo Jake Gyllenhaal che, l’avreste mai detto, recita il ruolo di un killer psicopatico. Quel brano faceva parte dell’esordio del duo francese, Crack My Bones, che uscì nel 2011 ricevendo critiche miste nonostante alcune perle di assoluto livello come Stay The Same,Wastin’ Time e la stessa title-track. Ad essere sinceri non erano tutti inediti, dato che una manciata di canzoni aveva già visto la luce nel primissimo album Scandal! di due anni precedente, che però non tutti considerano come vero e proprio debutto per motivi a me ignoti.

Dal 2007, anno in cui i nativi di Reims abbandonano il progetto rock dei The Film per addentrarsi nell’elettronica, i The Shoes hanno anche pubblicato diversi EP di successo (soprattutto in Francia), prodotto o remixato gente di un certo livello come Shakira, Yuksek, London Grammar, Pharrell Williams ed il loro amicone Woodkid, ed infine partecipato ad alcuni dei maggiori festival europei e non, tipo Bestival, Fuji Rock, ed Eurockéenes. Diventati ormai un progetto internazionale, realizzano questo Chemicals – per loro il terzo album, perché sono scaramantici – tra Parigi, New York e Reims, immersi fra cartoni di pizza e sushi box e lo pubblicano per la solita Green United Music. Visto che non hanno ancora imparato a fare tutto da soli si circondano nuovamente di collaboratori più o meno amici; a questo giro abbiamo in ordine sparso Esser, Blaine Harrison (dei Mystery Jets), SAGE, Petit Noir, Postaal, Black Atlass ed il rapper Mikill Pane. Come si nota, alcuni sono conosciuti altri meno, altri ancora boh.

The-Shoes-musique-du-jour

Le influenze dichiarate sono da ricercare in ciò che Brière e Lebeau amano: coldwave, la trance inglese anni ’90, new wave e persino qualcosa di EDM. Come avviene per l’hip hop, tutto parte da un beat su cui viene costruita l’intera struttura del brano ma, così come in passato, è la capacità di trovare le melodie in un paio di semplici mosse a rendere la musica degli Shoes un’esperienza emotiva ed assai trasversale, non facilmente classificabile. La stessa architettura di Chemicals pare fatta apposta per creare una determinata sensazione. L’inizio piuttosto rilassato del singoloSubmarine – basato su piano, loop di batteria, voci effettate e naturali (per gentile concessione di Harrison) – setta un’atmosfera così placida che quando arriva il pop malinconico della successivaMade For You si è già predisposti a dovere. La velocità aumenta ed il ritmo si alza in modo calcolato, donando al pezzo una maturità inaspettata grazie al featuring di Esser e ad una voce che ricorda molto i Local Natives. Dunque il compito di spezzare quest’idillio che corre il rischio di diventare quasi zuccheroso tocca a Drifted, che parte con una cassa pesantissima (apposta per spiazzarci) prima di ritrovarci in un qualcosa a metà tra dreamy e techno, contemporaneamente calmo ed aggressivo. Se da un lato è chiaro il collegamento al passato di Crack My Bones, dall’altro l’abilità del duo di variare tempi ed umori all’interno di uno stesso brano è sicuramente migliorata e ne fa uno dei momenti più alti del disco.

Tra gli altri, uno degli aspetti maggiormente evidenti è il lavoro della band su produzione, texture e pulizia del suono. In alcuni casi l’estrema cura finisce per appannare le buone idee come in Lost In London, nell’ortodossissima Give It Away (con Postaal), ma soprattutto in Vortex Of Love, in cui Harrison si trova invischiato in un brano standard accompagnato da un loop di batteria iperstandard che affossa qualsiasi tentativo di sgravare il pezzo dal synth-pop più mainstream e di maniera. Per nostra e loro fortuna gli Shoes hanno deciso che il passaggio da elettro-rock ad elettro-pop dovesse essere il meno traumatico possibile, non rinunciando mai né al divertimento né alla volontà di confondere l’ascoltatore. Da queste premesse nascono le cose migliori, tipo Us & I, una specie di EDM da club tra percussioni tribali e basso sintetizzato pesante e pulsante in maniera ossessiva, e che non a caso parla proprio di divertimento tra amicones. Oppure 15 Instead + Brown, canzone fuori da qualsiasi categoria sopracitata, che inizia con Mikill Pane che rappa su, non ci crederete mai, le droghe!1!!1!1!, e che poi nella seconda parte deriva completamente in un miscuglio di beat, sample vocali, blips ed elettronica tanto senza logica quanto invece coerente con la schizofrenia imperante in tutti e 40 i minuti di Chemicals....continua su Vinylistics

 
 
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