Il ritornello al tempo dei social

#Hashtag: cancelletto aperto o chiuso?

16 Maggio 2016

Probabilmente non sono molto portato all’uso dei social network . Vado per intuizioni senza una vera “strategia”. Più volte me lo hanno fatto notare i così detti addetti ai lavori, i tecnici del web marketing, i “business men”. Altri mi hanno consigliato invece di  non perderci molto tempo, di ignorare quell’ignorante mondo.

Ma sono curioso di natura e mi piace indagare mondi che non comprendo fino in fondo, anche quando ho la sensazione che non c’è niente da capire.

La musica è sempre stata la mia chiave per percepire mondi altri e quindi anche in questo caso guardo come usano i social i musicisti e i produttori di suono più giovani. Ultimamente ho notato un uso spregiudicato degli #hashtag.

“Hashtag” così viene chiamato il ritornello al tempo dei social.

Cancelletto # a cui rimanere appesi nel fluire dei dati, a cui abboccare come pesci trascinati e intrappolati nella rete senza uscita.

La fine dei generi musicali come li avevamo conosciuti qualche decennio fa ovvero come deriva collettiva, come formazione della propria identità sono diventati tanti piccoli rivoli “hashstaggati” e privi di appeal. Come dice Simon Reynolds nel suo ultimo libro la musica è una fornitura continua, come l’elettricità o l’acqua.

L'appeal lo conserva solo chi ce l'ha dall'epoca precedente o chi appartiene al grande bastimento mainstream mentre chi è “alternativo” o “nuovo”  si disperde e diventa naufrago nell'oceano di suono. E non gli resta che l'infinita deriva. Oppure c'è anche la strategia opposta: quella dell'isolazionismo “colto” che dietro una maschera diversissima nasconde la stessa pulsione sterminatrice di alterità. Che si offra al pubblico ciò che vuole o che ci si sottragga a tutti ad essere rimosso è sempre l'altro.

La musica che “vende” quella spinta dal grande flusso mediatico mainstream, quella che piace a tutti sembra dirci: siccome io so quello che vuoi, io sono te. Dunque se sei solo nel caos indecifrabile, non sei più tu che devi andare incontro a qualcosa di estraneo tentando di comprenderlo,  ma è il prodotto a presentarsi come immediatamente comprensibile annullando con ciò la propria alterità.

Nella musica “colta” d'altro lato la dimensione dell'incontro è diventata quella del riscontro e invece di aprirsi alla dispersione nel suono odierno si chiude e sembra dirci: voi non siete all'altezza. Queste composizioni  non ci interrogano più, ma semplicemente si interrogano. Insomma non ci coinvolgono e nemmeno ci sconvolgono.

Entrambi i mondi mi sembrano scorciatoie, semplificazioni della complessità sonora attuale.

Del resto quando l'oceano di suono si fa particolarmente burrascoso, quando ti senti perso nel suo caos, cerchi quegli approdi sonori che ti sembra possano farti ritrovare la strada.

Trovo naturale riprendere suoni che hanno fatto parte della tua formazione e che ti fanno rientrare in sintonia ma solo per  riprendere poi la dolce e imprevedibile deriva nella musica infinita.

L'importante è non rimanere irrigiditi al passato o al già conosciuto, non essere escludenti, che i suoni non diventino ancore, ma siano semplici boe di segnalazione che ti aiutino a concatenare e riprendere il senso di godimento conoscitivo e il piacere della ricerca del nuovo.

L'Hashtag utilizzato nella musica a volte mi sembra una gabbia, ma oggi nell’infinità e nella dispersione sonora può divenire anche biforcazione, diserzione e se si ricombina con l'altro da sé può essere scoperta.

Ecco perché prediligo “la terra di mezzo” alternativa sia agli accademici del suono che all'impero massmediatico.

Ecco perché cerco di aprirmi vie di fuga dal già conosciuto, anche a rischio di disperdermi, sperando di incontrare altri naufraghi alla ricerca di nuovi mondi musicali a cui approdare.

#electronic #futuregarage #postdubstep #chillstep #chilltrap #triphop #ambient #atmospheric #dark #bass #deep #witch #postrock

 
 

 
 
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