la prefazione a cura di Mirco Salvadori

Il silenzio dei tuoi passi (13/Silentes)

di Stefano Gentile (foto) e Gigi Masin (musica)

9 Novembre 2016

la prefazione a cura di Mirco Salvadori:

Venezia è città di ombre. 
Lo è per quell'abitudine sociale che conduce i pochi anziani rimasti di osteria in osteria, a consumare quell'ombra da pochi soldi sommandola alle ciaccole infinite che sgorgano frizzanti come il fresco vino versato nei piccoli bicchieri. Un'allegra confusione velata di malinconia che si plasma con l'andare delle ore nel silenzio di una notte senza tempo, un lungo magico istante nel quale l'Ombra si riappropria della sua vera accezione. Le basta un attimo e dove prima regnava l'orrore della moderna perdizione turistica, lì dove le ferite ancora pulsano per il dolore inferto dall'ignoranza culturale e dal poco rispetto altrui, attorno ai giganteschi cartelloni che indicano la via per il nuovo luna park lagunare, sopra questa fragile ed unica realtà oramai perduta, lei scende. L'oscurità avvolge di solitudine e struggimento quanto di più prezioso un tempo si specchiava dalle rive dei canali. Pensieri questi, avvolti in una sorta di novello pessimismo cosmico che trova riscontro nelle foto di Stefano Gentile capace di colmare con apparente e dilatata calma immagini nelle quali l'individuo ritratto appare isolato, sofferente, anche se si accompagna ai suoi simili. Scatti colmi di lucida verità, persone che procedono solitarie lungo calli deserte, gruppetti illuminati dall'unica luce oramai possibile in una città snaturata: quella artificiale dei pochi negozi ancora aperti. Piccoli nuclei familiari che si affrettano verso mete sicure, mentre l'alta marea ghermisce la striscia di fondamenta rimasta all'asciutto, donne che si sostengono l'un l'altra lungo gli stretti passaggi di una città che sa essere labirinto senza uscita. Coppie che vagano avvolte nel chiaroscuro di un futuro difficile da decifrare, al pari dei graffiti che segnano di insensata confusione la malandata serranda di un negozio chiuso da anni. Giovani immortalati nella loro longilinea silhouette, immobili nell'avanzare del passo, vecchi dall'andatura incerta, curvi come le arcate dei sottoporteghi che li accolgono. Un'umanità del ventunesimo secolo scolpita nell'ombra dominante, solo a sprazzi illuminata dal vuoto elettrico ed accecante di vetrine che lasciano intravvedere ciò che rimane di una realtà un tempo vitale. Sono i nuovi Nighthawks, quei nottambuli cari ad un Hopper dal segno forse troppo metropolitano per la città lagunare ma che racchiude quello stesso dolce ed intenso sentore di spleen contenuto negli scatti del nostro fotografo vittoriese. 
Una storia per immagini tutta da guardare ed ascoltare, grazie anche ai suoni di un intenso Gigi Masin, autore di poesia racchiusa in note che ti accompagnano magiche, lungo i padiglioni di una splendida mostra sospesa tra il silenzio e l'eco soffusa dei tuoi passi.

Mirco Salvadori – Giugno 2016


 
 

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