"YasDYes" second album della siberiana Ekat Bork che si dimostra un talento da tenere d'occhio

23 Luglio 2017

Ekat Bork
"YasDYes"
Ginkho Box

L’oscurità non fa paura ma è motivo di ispirazione per questa guerriera coraggiosa che affronta la vita attraverso la musica che le arriva addosso in un flusso creativo che sa dominare con naturalezza. Sin dalla Siberia, dove è cresciuta e poi scappata, questa ragazza ha affrontato i suoi giorni grazie alla musica che l’ha portata, dopo tanti chilometri, a stabilirsi nel Ticino in Svizzera. Dopo “Veramellious” del 2013 è arrivato “YasDYes” in giugno 2017: secondo album della cantante e musicista siberiana Ekaterina Borkova aka Ekat Bork. È un disco che ha una tragicità nella voce che lascia senza respiro. Unioni e divisioni che tagliano netti i sentimenti provati senza possibilità di tornare indietro perché c’è solo il futuro per sognare la vera differenza. Così “When i Was” diventa come una vecchia foto da guardare con distanza. Il suo modo di raccontare la sua malinconia con la voce rotta che ti stravolge è la chiave per arrivare agli altri e la chitarra slabbrata si aggrappa proprio alla melodia del cantato. In “Happiness” si danza tra le squame dello squalo del lutto e le piume morbide dell’incanto e del sogno. E si entra in questo scontro tra analogico e digitale tra rarefatto e acustico in una calma apparente. “Dakota” arriva dal punk dei Dead Kennedys unito a delle Breeders risucchiate in una fiamma che diventa sempre più alta. “Jungle” cantata con una voce sottile che attraversa gli spigoli con scioltezza e come un’innamorata consapevole vorrebbe gridare al mondo il suo stato di felicità. O “The Jumb off the Cliff” dove la struggente richiesta di essere salvata diventa canzone d’amore immenso e incommensurabile. E non ci dimentichiamo neanche della canzone fantasma intitolata “React” che spinge dura, metallica e brucia tutto.
Davvero un disco incredibile e pieno di speranza per un futuro musicale radioso.

Francesca Ognibene

 
 
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