Press The Eject And Give Me The Tape

recensioni a cura di Mirco Salvadori

5 Febbraio 2018


ATTILIO NOVELLINO / COLLIN MCKELVEY
Hypehunt - Random Numbers Split Series Vol.5
C50 lmt. ed. cassette - Random Numbers 2017

Usiamo il vecchio titolo di un altrettanto anziana release su vinile firmata Bauhaus (Beggars Banquet 1982) non certo per disquisire sulle cassette audio ma sul loro contenuto. Esistono fin troppi personaggi che devono mantenere alto il loro numero di like postando inutili dichiarazioni sulla materia, veri fenomeni forse un tempo penisolamente famosi che ora arrancano cercando una visibilità che va scemando al pari della loro creatività. Asserire che l’uso della cassetta è pura moda, che già al tempo non se ne poteva più del nastro che si accartocciava, inveire contro la sua resa sonora, significa non aver capito una virgola magnetica dell’oggetto in questione. Il suono che fuoriesce dal nastro è pura melodia comunque, è la voce di un nastro dal colore inconfondibile che scorre attraverso due testine, è leggero noise irrinunciabile, morbido carpet sul quale poter dipingere i propri esperimenti sonori. Inoltre, visto che non tutti sono abbienti, il costo di produzione di una cassetta è assai più vantaggioso di quello di un cd e, guarda caso, gran parte delle produzioni in cassetta sono ideate e destinate ad un pubblico che non può permettersi grandi spese. Lasciamo quindi sospesi sopra quel diaframma polemico oramai logoro questi detrattori e passiamo alla cosa più importante, l’ascolto.
Il salto temporale è decisamente notevole, si passa dagli anni ‘80 allo sperimentalismo elettronico di ultima generazione. Un divario sano da affrontare, che aiuta la mente a mantenere elasticità e voglia di conoscenza.
Random Numbers è un collettivo artistico di Bologna che pubblica una serie di produzioni split su cassetta, releases che puntano alla diffusione del suono elettronico più marcatamente sperimentale. In questa quinta release ritroviamo Attilio Novellino, stimato sperimentatore italiano che si confronta con il meno conosciuto Collin McKelvey, un americano titolare di svariate sigle artistiche in campo elettronico. Nelle altre produzioni i sound artists di turno si dividevano le sides, qui ciò non avviene, l’interscambio è totale per tutti i 50 minuti della durata.
Una cassetta contenente materiale che la maggioranza degli ascoltatori definirebbe difficile, troppo complesso, inascoltabile, il classico risultato della paura. Paura che obbliga la propria visuale musicale all’interno di un’area ad alta frequentazione ma a bassissima frequenza di stimoli. Un ascolto abituato ai pic-nic nelle zone adibite a parco pubblico, senza osare oltrepassare la staccionata che le delimita. Novellino/McKelvey, cinquanta minuti di regale viaggio attraverso la contemporaneità del suono, sommo generatore di immagini libere da interpretazione. Un percorso che inizia e procede con circospezione, rallenta e si guarda intorno, raccoglie le informazioni e le analizza in un continuo dialogo uomo macchina. Il linguaggio è criptico ma traducibile: si ricerca una via, una nuova modalità espressiva che man mano prenda forma e si sviluppi, cresca e raggiunga stabilità, espandendosi in una montante e universale danza che usi un linguaggio sonico antico e concreto. HYPE HUNTERS.

Bandcamp

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VVAA
QUADRATURE
cassette Under My Bed Recordings 2017

Premo il tasto play così come apro la pagina di un libro, una di quelle preziose edizioni a tiratura limitata che contengono brevi raccolte di testi poetici. So che gli autori che andrò ad incontrare avranno la forza di suggerirmi nuovi schemi di lettura ispirati dalle diverse scuole di pensiero che li hanno comunque condotti tutti in questo ricovero stretto e lungo, sorvegliato da due cilindrici portali capaci di creare suono, una volta chiusi. Ed ora eccomi qui, immerso nella lettura di queste pagine firmate Attilio Novellino, Drekka, Simon Balestrazzi ed Ennio Mazzon.
Il prologo è a dir poco maestoso, l’Attilio Novellino che più amo, capace di una poetica digitale che sa unire il vecchio verbo elettrico inserito all’interno di un circuito sonico futuribile nel quale il noise va a scontrarsi contro la massa morbida dei droni, creando deflagrazioni un tempo – qualche secolo addietro – definite romantiche. La negazione della melodia che riporta alla melodia, matrice e madre. L’americano Michael Anderson in arte Drekka, sulle scene dalla fine degli anni 80, scioglie ulteriormente il nodo che ci lega alla purezza digitale trasportandoci nell’universo del suono neo-contemporaneo. Dieci intensi minuti nei quali vagabondare lungo le poco frequentate strade del ricordo. Spring rain indian summer è un invito a frenare la corsa, sedersi davanti una birra adagiandosi sul racconto di un pianoforte che dialoga con il respiro costante della metropoli e della pioggia che lenta l’avvolge. Simon Balestrazzi ci risveglia riportando il nostro ascolto lontano mille miglia, ci trascina nel territorio indefinito dell’assenza di peso, lo spazio che non ha riferimenti, un luogo nel quale ci si orienta seguendo il brusio creato dal respiro delle macchine. Un profondo bianco accecante dentro il quale pulsa continuo il battito possente delle sensazioni che prendono vita grazie alla mancanza della vista. Gli occhi non distinguono più i contorni ma l’udito si affina e scorge lontani approdi, silenziose isole di calma luminescente elettricità alla deriva nell’interattiva. E’ virtuale calma apparente. Ad Ennio Mazzon il compito di chiudere questa serie di racconti con l’irruenza del noise che sposa la purezza della ricerca in un continuo rimando che tende al divenire. Innesti ciclici di particelle di antica provenienza iterativa, segnali instabili di sedimentazioni sinfoniche downlodate un secondo esatto prima del crash finale.

S U O N O!

 
 

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