La mortalità della vita e l'immortalità delle idee

Dopo molte estati muore il cigno - Aldous Huxley

Cavallo di Ferro Editore, 2011

3 Settembre 2011

Da pochi mesi la casa editrice Cavallo di Ferro ha riproposto al pubblico italiano Dopo molte estati muore il cigno di Aldous Huxley. Il romanzo, che uscì nel 1939, rappresenta un punto di incontro fra l'esordio narrativo Giallo Cromo (1921), radicato nella tradizione della grande letteratura inglese, e Il mondo nuovo (1932), l'opera che rappresenta la grande deviazione nell'ambito del pensiero huxleyiano. Tale testo portò l'autore alla fama internazionale e diede l'avvio a quel percorso che, attraverso la fantascienza (o meglio ancora la distopia), lo fece approdare alla produzione di stampo filosofico-politico; approdo che, tuttavia, non abbandona la caratterizzazione psicologica dei personaggi rimasta necessariamente uno strumento essenziale per una analisi reale della società.

Per questi motivi Dopo molte estati muore il cigno appare un testo la cui interpretazione si apre a più voci. La storia è ambientata nel castello di un eccentrico miliardario californiano, Jo Stoyte, che ha riunito all'interno delle sue mura la più svariata umanità: dall'intellettuale, educato nel più puro stile “Trinity College”, alla bionda svampita ma fermamente devota alla Santa Vergine, dal cinico scienziato alla ricerca della formula per l'immortalità, all'artigiano eccezionalmente colto.  L'intera vicenda ruota intorno all'antico desiderio dell'uomo di vivere per sempre. Ambizione che lo scrittore inglese utilizza per descrivere, in maniera ironica e fortemente critica, la cultura americana, votata al narcisismo, alla superficialità e, appunto, all'ossessione per la giovinezza. Huxley, proprio in questo passaggio, sembra riprendere le parole del protagonista de Il Castello di Axel di Villiers De l'Isle Adam, opera che fortemente lo influenzò nelle sue prime produzioni. L'eroe del poema viene esortato dall'amata a godere dei frutti della vita ma arriva una risposta perentoria: “Vivere? No. La nostra esistenza è colma, la sua coppa sta per traboccare! Quale clessidra può contare le ore di questa notte? Il futuro? [...] Sara, credi a quel che ti dico: noi abbiamo già esaurito il futuro.”

Prendendo spunto dalle caratteristiche peculiari di ogni personaggio l'autore è in grado di aprire la narrazione ai grandi temi del Novecento. Ecco che il cinico scienziato Obisbo viene utilizzato per esplorare il rapporto tra scienza e fede, mentre l'artigiano colto Propter per parlare del valore dell'arte e il senso del bene comune. Ogni tema non risulta così slegato dalla trama o dalla situazione, ma si incastra nell'intreccio narrativo rendendo fluida la lettura.
Dopo molte estati muore il cigno appare così un libro denso ma mai pesante, lo si legge tranquillamente sotto l'ombrellone, e la sua dura ironia affronta con intelligenza le questioni proposte, evitando di risultare fine a se stessa. Ma in ultima analisi il testo è anche in grado di offrirci genuinamente quella che è la figura dell'intellettuale Aldous Huxley; protagonista poliedrico della cultura del secolo scorso che, a causa della sua insofferenza per le etichette, è stato più volte ,a torto, dimenticato o semplicemente ignorato.

 
 

TITOLO: Dopo molte estati muore il cigno

AUTORE: Aldous Huxley

EDITORE: Cavallo di Ferro

ANNO: 2010

PAGINE: 336

PREZZO: 19€

 
 
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