Considerato uno dei più grandi scrittori americani del Novecento, Francis Scott Fitzgerald mette in luce uno dei periodi storici più contraddittori del paese delle “grandi opportunità“. In tutto ciò che scrive si riscontra la sua esistenza, vissuta in modo estremo, negli anni compresi tra la Prima Guerra Mondiale e la Grande Depressione. E attraverso la lettura di quei pochi libri scritti nell’arco della sua breve vita, si riesce a cogliere quel movimento effimero, ma indimenticabile, denominato "Jazz Age".

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Francis Scott Fitzgerald: Tre racconti (2)

20 Dicembre 2018

Considerato uno dei più grandi scrittori americani del Novecento, Francis Scott Fitzgerald mette in luce uno dei periodi storici più contraddittori del paese delle “grandi opportunità“. In tutto ciò che scrive si riscontra la sua esistenza, vissuta in modo estremo, negli anni compresi tra la Prima Guerra Mondiale e la Grande Depressione. E attraverso la lettura di quei pochi libri scritti nell’arco della sua breve vita, si riesce a cogliere quel movimento effimero, ma indimenticabile, denominato “Jazz Age”.

ReadBabyRead #417 del 20 dicembre 2018


Francis Scott Fitzgerald
Tre racconti

Il curioso caso di Benjamin Button
Sogni d'inverno
La cosa più sensata

(2a parte)


per info su F. Ventimiglia e C. Tesser:

Lettura e altri crimini
iTunes podcast


voce: Francesco Ventimiglia


"Nel lontano 1860 era normale nascere in casa. Oggi, mi dicono, i grandi numi della medicina hanno decretato che i neonati debbano emettere i loro primi vagiti nell'anestetica aria di una clinica, meglio se alla moda. Il giovane Roger Button e consorte erano dunque in anticipo di cinquant'anni in fatto di stile quando decisero, un giorno dell’estate del 1860, che il loro primogenito sarebbe nato in una clinica. Se ci sia stato o meno un nesso fra questo anacronismo e la storia sorprendente che mi accingo a scrivere non si saprà mai."



Incipit, dieci buoni motivi
per leggere Fitzgerald


Di un classico e del perché un libro, uno scrittore o la sua opera si considerino classici si può dire tutto e di più. Tra le altre cose si può dire, senza eccessivo rischio di smentita, che classico è quel libro che resiste alla prova del tempo, passando di generazione in generazione senza perdere nulla del suo smalto (spesso, anzi, diventando più lucente ad anni di distanza dalla sua prima apparizione). Un circolo virtuoso che abbraccia nuovi scrittori, nuovi critici e nuovi lettori senza soluzione di continuità. Pure, poiché l'arte non è una fede ma un'esperienza dei sensi in cui nulla è scontato, non è inutile, ogni tanto, stilare un elenco dei motivi per i quali si dovrebbe - e si deve - continuare a mantenere vivo un autore classico. E, ancora, poiché l'arte ha anche qualcosa del gioco, perché non fare di questo elenco un decalogo?

Ad esempio, per quale motivo oggi, a centoventi anni dalla sua nascita (24 settembre 1896) e a poco più di settanta dalla pubblicazione postuma del Crack-up (più un capolavoro in sé che un frammento incompleto), dovremmo continuare a leggere i libri di Francis Scott Fitzgerald? Ecco dieci motivi. Primo: perché certamente un libro non si giudica dalla copertina ma dalla prima riga sì, e pochi incipit suonano efficaci come quelli di «Scottie», laddove basta un solo aggettivo per farci entrare in un'atmosfera emotiva, in un contesto sociale; in altre parole, nella storia che leggeremo. Secondo: perché i personaggi di un classico diventano classici essi stessi, finendo nel calmiere dell'immaginario collettivo di un'intera cultura. E, allora, alzi la mano chi non ha mai sentito pronunciare il nome di «Gatsby». Terzo: perché spesso un classico diventa personaggio egli stesso, e Francis Scott Fitzgerald - la sua esistenza, il matrimonio con Zelda, le feste a casa loro - è indubbiamente il protagonista di un romanzo memorabile, tanto brillante quanto drammatico. Quarto: perché un classico si capisce anche dai rapporti con i suoi contemporanei, dalle sue amicizie. E in questo caso basta fare il nome di Edmund Wilson o quello di Ernest Hemingway per avere la misura della grandezza di «Fitz».

Quinto: perché un classico contribuisce a creare il mito dell'epoca in cui vive; e senza Francis Scott Fitzgerald oggi non parleremmo di «Età del Jazz» né la «generazione perduta» (così, stando proprio a Hemingway, Gertrud Stein ribattezzò la compagine di scrittori di cui, insieme a Sherwood Anderson, John Dos Passos e Henry Miller tra gli altri, Fitzgerald fu uno dei massimi esponenti) sarebbe la stessa. Sesto: perché un classico, con buona pace dei distinguo, mette tutti d'accordo, abbattendo i confini tra cultura popolare e cultura alta, rendendo sterile ogni discussione in tal senso; mentre i suoi racconti (sfornati a un ritmo folle per un uomo morto a soli 45 anni) gli fruttavano per l'epoca cifre astronomiche da parte dei giornali di tutta America, a tal punto erano richiesti dal pubblico, i suoi romanzi sono stati ammirati da «colleghi» del calibro di T.S. Eliot e J.D. Salinger. Settimo: perché un classico è anche ciò che lascia, come la sua opera e il suo esempio condizionano le opere di chi gli succede; e, tanto per restare alla cronaca, l'ultimo romanzo di Jay McInerney (appena pubblicato in Italia da Bompiani, col titolo La luce dei giorni), da dove discende se non da libri come Tenera è la notte o Belli e dannati?

Ottavo: perché tracce della persistenza di un classico le trovi dove meno te lo aspetti, ad esempio guardando «Come eravamo», di Sidney Pollack, quando basta un attimo per realizzare che il protagonista interpretato da Robert Redford altri non è che sia un personaggio di Fitzgerald che Fitzgerald stesso. Nono: perché di un classico sono legittime le più diverse interpretazioni e trasposizioni, da quella patinata e fedele che Jack Clayton diede al cinema del Grande Gatsby (sempre con Redford come protagonista e Ralph Lauren come consulente della costumista Theoni V. Aldredge, premiata per l'occasione dall'Academy di Hollywood) a quella baraccona e circense di Baz Luhrmann (stavolta con Leonardo Di Caprio a interpretare Gatsby e la quattro volte premio Oscar Catherine Martin ai costumi). Decimo: perché Francis Scott Fitzgerald è uno scrittore con una voce riconoscibile come pochi altri e dieci motivi non bastano per spiegare perché sia un classico; ma solo per un classico possiamo trovare almeno dieci motivi validi per rileggerlo. Questi o quelli che, adesso come domani, le pagine di Fitzgerald suggeriranno alla nostra fantasia.

Stefano Gallerani
da Il Mattino, 26 settembre 2016


Le Musiche, scelte da Claudio Tesser

The New London Orchestra, diretta da Stephen Cleobury, The Celestial Country: Prelude [Charles Ives]
Ivani Quartet, String Quartet No. 2, Parte seconda [Charles Ives]
The New London Orchestra, diretta da Stephen Cleobury, The Celestial Country: Aria for Baritone [Charles Ives]
New York Philharmonic, diretta da Leonard Bernstein, Symphony No. 2: Andante moderato [Charles Ives]
Ivani Quartet, String Quartet No. 2, Parte terza [Charles Ives]
New York Philharmonic, diretta da Leonard Bernstein, Symphony No. 2: Adagio cantabile [Charles Ives]
New York Philharmonic
, diretta da Leonard Bernstein, Symphony No. 2: Lento maestoso [Charles Ives]
Symphony Orchestra of Bartók Conservatory Budapest
, diretta da Gergely Dubóczky, Central Park in the Dark [Charles Ives]
Timothy Fain, violin, Jeremy Denk, piano, Sonata for Violin & Piano, No. 3: Adagio [Charles Ives]
Josef Christof & Steffen Schleiermacher,
pianos, Three Quarter-Tone pieces: Allegro [Charles Ives]
New York Philharmonic
, diretta da Leonard Bernstein, Symphony No. 2: Allegro molto vivace [Charles Ives]
Josef Christof & Steffen Schleiermacher, pianos, Three Quarter-Tone pieces: Chorale [Charles Ives]


 
 

Copertina:
Brad Pitt in una scena del film "Il curioso caso di Benjamin Button" (2008), diretto da David Fincher e tratto dall'omonimo racconto di Francis Scott Fitzgerald.

 
 

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