Rancore – Musica per bambini

20 Dicembre 2018

Il caso ha voluto che il nuovo disco di Rancore uscisse il primo di giugno, giorno in cui tutte le televisioni sintonizzate annunciavano la creazione del nuovo governo. 

Rancore, pseudonimo di Tarek Iurcich, Romano classe 1989,  dal 2016 al 2017 è apparso in una importante serie di collaborazioni con altri rapper, produttori o musicisti della scena quali DannoMezzoSangueMurubutuClaver GoldKenkod (CyberPunkers), Giancane ed altri, ad oggi, nel 2018 il nuovo album è un pugno nello stomaco, realistico e cinico, ben scritto e prodotto, un disco che lo consacra uno dei rapper più interessanti sulla scena, capace di trovare la giusta alchimia tra rime, tecnica, fantasia e significati. In questo album il rapper accusa la sua fantasia per averlo portato in un viaggio interiore troppo lontano, tra labirinti mentali e sogni.

Musica per bambini, è un album di dieci tracce di rabbia in cui il rapper si spoglia dinanzi ad uno specchio ed attraversa cunicoli di sofferenza, di riflessione, non riservandosi un velo di ironia e provocazione, mantenendo un alto grado di cervellotica complessità. Una catarsi, incisiva e personalissima, di cui gli ascoltatori sono gli spettatori.

Underman, è la prima traccia rancorosa, urlare dà la possibilità di sentirsi meglio. Il flow fluido e cinico delinea scenari di insonnia, come se l’atto del dormire fosse calcolato da altri, piuttosto che da se stessi. All’interno del pezzo anche un violino che traghetta verso l’esplosione finale di una bomba.

Giocattoli è seriamente una risposta all’intitolazione dell’album. I ricordi nostalgici e alle volte asfissianti come gli involucri di plastica dei giochi, narrano scene sbiadite o realistiche quanto il graffiar delle unghie sulla pelle. La base è composta da un ripercorrersi di un carillion in minore, triste e incantato all’infinito.

“Li hai sempre lasciati in giro i tuoi giocattoli, per questo forse ti hanno continuato a cercare, cambiando solo forma.”

In Beep Beep Rancore, alla velocità della luce come il più famoso Road Runner, rappa precipitevolissimevolmente un logorroico testo, su una base di mix da videogame asfissiante ed ansiogeno. Una rappresentazione di quanto è capace di fare con delle rime ed una base in un climax ascendente di egocentrismo inversamente proporzionale ad un grado medio di umiltà letteraria.

Chissà se Rancore è davvero Depressissimo, tra superlativi e supersuperlativi, in maniera, per l’appunto, depressa e malinconica. Siamo a metà dell’album e ancora non si intravede una nota di colore, ed in Sangue di drago, ci si ritrova in una rapperballad che delinea un clima di favola.

È con Skatepark che la linea malinconica viene buttata fuori dalla narrazione. Ecco ricordi di skaters, giochi giovanili e racconti di strada, rimembrando, come certi stronzi urlavano, di “essere in Italia”.

Un problema enorme della nostra società è sicuramente l’assenza di comunicazione in un mondo in cui invece la comunicazione raggiunge vette elevatissime a livello tecnologico e di innovazione. Ed è qui che nasce il testo di Centro Asociale in cui è impossibile associarsi. L’irriverenza raggiunge il top.

"È meglio fare il black block o stare a casa ed aprire un bel blog?"

Bella la metafora di Arlecchino come il nostro Paese: composto da mille pezzi di stoffa diversi, che compongono disarmonicamente un unico abito, come l’Italia, da Napoli a Bergamo.

L’album termina in una scenica atmosfera da film di fantascienza. In Questo pianeta Rancore fa una piccola enciclopedia in un intenzionato minestrone di pseudoscienza, occultismo, spiritismo e complottismo senza mezzi termini, creando un linguaggio parallelo, come se non volesse farsi capire.

Rancore sottolinea la sua sensazione di sentirsi alieno in un mondo che non comunica più con lui e proprio nella veste di un alieno, accusa i terrestri di essere incomprensibili.

Un album come una barca che attraversa più tematiche sotto più sfaccettature, crescendo in maniera esponenziale tra rabbia, schifo, disapprovazione e volontà di diventar grande, seppur senza abbandonar per sempre i giocattoli.

 
 
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