Murubutu a #sherwood19 - Live Report

8 Giugno 2019

Si potrebbe pensare che la scena hip hop italiana, dopo ormai trent’anni di vita, abbia già vissuto ogni tipo di fusione artistica e abbia già affrontato ogni genere di tematica. Forse è così, ma ciò che non si può negare è che quello che un artista come Murubutu sta facendo è senza alcun dubbio interessante, ben fatto e in parte innovativo. Murubutu, nome d’arte di Alessio Mariani, prima dell’intervista passeggia per lo stand sfogliando qualche libro, soppesandoli, alla fine ne acquista uno. Un atteggiamento quotidiano e umano, che la fama tuttora in crescendo non ha intaccato. Dopo l’apertura dei Metro Quadro & Flexional, la band di Chioggia che si diverte e fa divertire, le note di I Miss You invadono l’atmosfera caotica del festival, mescolandosi con l’aria frizzante e il profumo di aspettativa. La coda al bar vela sembra non finire mai, nessuno vorrà schiodarsi dal Main Stage a concerto iniziato. Pochi minuti, e Murubutu ci sta già dicendo quale onore immenso sia per lui aprire Sherwood. Sono le 22 e 38. Sale sul palco, il professor Alessio Mariani, a braccetto col suo ultimo lavoro, Tenebra è la Notte ed altri Racconti di Buio e Crepuscoli, e con uno di questi brani si prepara a scaldare il pubblico: Idem. Tra una canzone e l’altra, un sottofondo di cicale che ricorda la campagna estiva, uno splendido filo conduttore che cuce l’album alla notte, protagonista di quest’ultima creazione. Non è solo sul palco: gli fanno compagnia Dj T-Robb e Dia, illuminati dalle luci viola.

Girovagando, noto le coppiette sdraiate in collinetta baciarsi appassionatamente con Grecale in sottofondo, la folla esplodere ai primi accordi di Mara e il Maestrale, il trucco è tendere l’orecchio e bersi ogni parola. I versi, se ascoltati attentamente, fanno apprezzare la bellezza dello story telling, uno stile musicale già di per sé coinvolgente col valore aggiunto della conoscenza filosofica dell’artista. Occhiali di Luna inizia a diffondersi, e la dedica alle creature della notte. A tutti noi. Mi incuriosisce un ragazzo magrolino seduto a terra, la sigaretta tra le dita, canticchia e si dimentica di fumare; alla fine della canzone si guarda le mani sporche di cenere, come se non capisse bene come c’è arrivato lì seduto. Come accennavo prima, è un concerto da assimilare, in un tu per tu con noi stessi.

Non sono mancati i richiami a Dutch Nazari e Caparezza, nel rispetto della collaborazione che l'artista reggiano ha fatto con loro. Un live intenso, piacevole, che ci ha senza dubbio regalato una serata di ottimo rap e di palpabili emozioni.

Per ascoltare il podcast della puntata di "In Diretta dal Festival" con l'intervista integrale a Murubutu clicca qui

 
 
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