Headphones strongly suggested :: Sound Against Humanity

di Mirco Salvadori

2 Luglio 2019

In viaggio nella densità del suono, dentro l'incessante pulsare della passione, lontani da qualsiasi realtà che non sia devota alla ricerca, questa è la Sound Against Humanity un'etichetta gestita da Edoardo Cammisa in arte Banished Pills.


Iniziamo subito ad inoltrarci lungo i sentieri che ci portano conoscere meglio il paesaggio che circonda la tua label. Lo facciamo con una scritta che appare sulla copertina della tua pagina FB, quella di Banished Pills, il tuo alter ego artistico. "Sweet Suffering", scrivi. Iniziamo a conoscerci partendo da questo messaggio che contiene dosi di spleen e vecchia cultura musicale anni '80.

Innanzitutto molte grazie per l’interesse, Mirco. Mi fa molto piacere.
“Dolce sofferenza”, già. Banished Pills è il mezzo attraverso cui passa la mia Weltanschauung, il mio rapporto -più o meno stretto- col mondo e con la vita. Finisco sempre per creare lavori estremamente personali, i quali di rado raccontano eventi veri e propri, sono invece concentrati sullo stato d’animo in senso lato, sul malessere esistenziale tipo sartriano, sul silenzio interiore e sul frastuono della realtà.
Questo progetto, che porto avanti dal 2013, non poteva che evolversi in tal modo. E’ nato per caso, quando, anche in quella sede per caso, ho cominciato ad ascoltare gli infiniti paesaggi sonori che scorrevano assieme alla quotidianità. In loro mi sono ritrovato e -come insegnano i grandi maestri Schafer e Cage-, nell’intento di preservarli, ho cominciato a registrare quasi ossessivamente le onde sonore che mi circondavano. Tutto quello che era attorno a me in quei momenti è rimasto pregno della mia visione del mondo che in quegli esatti istanti io avevo (o magari ancora ho) e, attraverso la loro manipolazione con nastri et simili, sono usciti i miei primi lavori. Mi viene in mente il caro “Patterns Of Life”, album che ha raccolto centinaia di registrazioni che feci nei miei primissimi anni di (non)attività, quando già ero avvezzo al field recording ma ancora non pubblicavo granché.
Dunque non c’è un vero e proprio “messaggio” all’interno dei miei lavori. C’è piuttosto una ricerca tanto sonora quanto interiore. Sono un documento di come io, in un determinato momento, vedo il mondo.
La vecchia cultura musicale anni ’80 che tu citi è di certo presente, ma non in ruolo predominante. Mi ritrovo nei pionieri dell’elettronica sperimentale, come Eliane Radigue, artista a cui sono profondamente legato. Ma anche Maurizio Bianchi, Pierre Henry, Brian Eno, Karlheinz Stockhausen e soprattutto John Cage, autore del concetto di silenzio a cui devo la mia attività artistica.
Per il resto c’è ben poco. Di classica musica cantata non sono mai andato pazzo.

Ovviamente anche il nome della label sembra rimarcare questa visione pessimista della realtà. Perché Sounds Against Humanity.

Bella domanda. E’ uscito da sé e così doveva essere. C’è chi considera l’umanità un errore dell’evoluzione - e perché allora non assecondarlo chiamando un’etichetta così?
C’entra anche la natura poco popolare della label: quante volte un ascoltatore di musica sperimentale si sente dire “ma quella non è musica!”, con tanto di faccia inorridita? Ecco, suoni contro quel tipo di umanità.
Tempo dopo l’apertura della label mi sono accorto della spaventosa similitudine del nome con il popolare gioco da tavolo Cards Against Humanity. Lo spirito del gioco mi piace, quindi non contraddico chi crede che il nome della label derivi da lì, anche se proprio così non è.

Torniamo all'inizio del percorso e cerchiamo di capire perchè, i questo periodo per nulla semplice dal punto di vista della distribuzione discografica, Edoardo Cammisa ha deciso di fondare una label.

Lo scomodo Vittorio Alfieri afferma che il compito del letterato è quello di giovare agli altri uomini attraverso i propri scritti. Dal momento che io non sono e non sarò un letterato e non giovo proprio a nessuno, ho deciso di dedicare un po’ del mio tempo (bugia, perché gestire quell’etichetta richiede parecchio tempo; anche solo per le code alla posta) per pubblicare artisti che a mio avviso valgono e contribuiscono al formarsi di una già vasta discografia di musica sperimentale.
Posso assicurare che la scelta di aprire Sounds Against Humanity è stata economicamente suicida. Ma ogni volta che penso a qualcuno che ascolta un lavoro di SAH e che non ne rimane indifferente, sono felice di aver dato il via a questo progetto.

Molte releases sono pubblicate su cassetta. Sono curioso di conoscere il parere di chi credo sia cresciuto ascoltando musica su supporti fisici più moderni. Il fascino della cassetta, Edoardo Cammisa, spiegacelo. Perchè questa scelta.

Credi corretto, l’iPod e i CD mi hanno accompagnato durante la mia crescita. La cassetta è meravigliosa, l’ho riscoperta cominciando a fare musica: poco ingombrante, bella, resa sonora rispettabile e la musica che pubblico ci sta benissimo. Poi è economica e le copie possono essere poche. Il fascino della cassetta, argomento trattato e ritrattato, sta nel vedere il nastro scorrere e sentirne il fruscio. Secondo me, mi ripeto, sono esteticamente belle. Le preferisco ai CD, anche se quest’ultimo formato ha vantaggi non trascurabili.

Un roster di sound artist notevole che si è sviluppato dall'ottobre del 2017 fino ad oggi. Vuoi segnalarci i nomi che più hanno significato qualcosa per la crescita della Sounds Against Humanity?

I nomi che più hanno contributo alla crescita di SAH sono i Mothell con quella cassetta che volò via in qualche ora (un capolavoro), David Newlyn con entrambe le sue uscite, Giovanni Lami con una delle mie release preferite, dal Giappone Rhucle con i suoi drone tendenti alla new age e la compilation che ha visto partecipazioni molto gradite come Giulio Aldinucci, MonoLogue (la mitica Marie Rose) e Gianluca Favaron.

Una domanda che sovente faccio a chi si occupa di suono elettronico, riguarda proprio la sua posizione rispetto una dottrina ormai diffusa, forse inflazionata. Quali sono le tue pregorative quando componi e, più in generale, cosa chiedi a questa categoria culturale non solo sonora.

Come si dedurrà dalla prima risposta, non ho grosse prerogative durante la composizione. Semplicemente lascio che arrivi quello che deve arrivare. Non nego però di avere cestinato ore di musica poiché ritenuta di scarsa qualità. Tendo ad essere severo con me stesso, anche in ambito artistico.
Tu definisci la dottrina elettronica ormai “diffusa e inflazionata” e ti do ragione. Da quando gestisco SAH mi sono resto conto di quanta produzione musicale ci sia. E’ sacrosanto che tutti, come il sottoscritto, possano creare e vogliano pubblicare musica. A patto che sotto ci sia davvero un’idea, un progetto, una ricerca. Vedo una preoccupante crisi di sovrapproduzione: il momento dell’ascolto, senza dubbio il più importante, non sempre è valorizzato come dovrebbe. La “musica di ricerca” per fortuna continua ad esistere e anche in discrete quantità, ma il materiale scadente e privo di anima è parecchio.

Come scegli il materiale da pubblicare?

Beh, questa risposta è collegata a quanto detto appena sopra. Ricevo una marea di proposte. Ma davvero una marea: almeno una ogni due giorni. Il colmo è che nella descrizione sulla pagina Bandcamp di SAH ho espressamente scritto “not accepting submissions”. E indovina? Non lo leggono nemmeno. Inviano spesso una mail preconfezionata e vedo un totale disinteresse degli artisti stessi verso la qualità del lavoro che propongono, stanno invece molto attenti alla quantità di pubblicazioni. Lo trovo triste. Nella maggior parte delle e-mail che ricevo leggo due righe o poco più dedicate alla spiegazione di cosa è e come è nato il lavoro che stanno proponendo, mi pare -non voglio essere troppo critico- una mancanza di passione e entusiasmo verso ciò che loro stessi hanno creato. Spero di stare sbagliando.
Comunque sia, da diversi mesi a questa parte ho dovuto a malincuore interrompere l’accettazione di demo. Ho già pianificato tutte le uscite fino a 2020 inoltrato e stabilirne di nuove sarebbe controproducente. Riaprirò le submission più avanti, ora come ora non so quando.
Scelgo cosa pubblicare in base a quanto il lavoro ha un buon concept e a come è strutturato; cerco di valutare suoni e soprattutto idee. Come avrai notato i suoni che si trovano su SAH sono molto diversi fra loro. Ho dato spazio a musica principalmente drone, ambient, concreta e di field recording, ma ci sono anche release IDM (il self-titled di Transmissions), noise (il meraviglioso “The Worlds We Left Behind” di meanwhile.in.texas e “Malachite” dei Monte Ossa) e sono in arrivo pubblicazioni melodiche contrapposte a uscite sempre più orientate verso musique concrète e tape manipulation.
In sintesi: mi deve piacere e deve esserci dietro della ricerca.

Il tuo parere rispetto la scena italiana. Esiste qualche nome che particolarmente attira il tuo ascolto, a prescindere ovviamente dagli artisti da te pubblicati.

Gli artisti italiani che sono riusciti ad emergere sono quasi tutti molto bravi. Certo è una scena che può sembrare lobbista, ma volendo dirla tutta di musica emergente pessima ce n’è tanta (ogni tanto mi viene voglia di fare un Best of con le peggiori demo che ricevo) ergo ci si accontenta per come è.
Un titolo a mio avviso da inchino è “A Conscious Effort” di Attilio Novellino (Midira Records, 2018). Poi “Borders and Ruins” e “Disappearing in a Mirror” di Giulio Aldinucci (Karlrecords, 2017 e 2018) sono due album favolosi. Mi piacciono molto gli stili di Andrea Borghi e di Carlo Giustini, originali, riconoscibili e autori di ottimi contributi alla scena concreta-sperimentale nostrana. Volendoci mantenere nei confini nazionali cito ancora la carissima amica Camilla Pisani, grande musicista. Un artista che ammiro è Stefano De Ponti e mi piace anche molto Francesco Giannico (“Deepness” è un gran album).

Come prefiguri il futuro della tua label.

Tutte le release programmate verranno fatte uscire in tarature e formati analoghi a quelli pubblicati fino ad ora. Ho in mente, verso la fine del 2020, di diminuire la quantità di uscite per concentrarmi su edizioni più ricercate e originali. Non so, vedremo anche quanto supporto troveranno i nuovi album. L’idea del vinile, ad esempio, c’è fin dall’inizio ma i costi non sono sostenibili e mi vedrei obbligato a stampare un numero di copie che dubito verrebbe venduto. Mai dire mai, però.

Quali le novità future che ci riservi.

Se lo sapessi sarei lieto di dirtelo. E’ in uscita uno split di musica concreta con Carlo Giustini, dopo quello non ho niente di pronto e da mesi sto raccogliendo campionamenti con microfoni, idrofoni, nastri e particolari vecchi registratori. Credo che li cucirò in un unico grande lavoro che oscillerà tra sound collage, drone e elettronica autogenerativa. Negli ultimi tempi sto contemplando il silenzio e suppongo che i prossimi lavori possano essere più -uhm- silenziosi del solito.

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BANISHED PILLS
Patterns of Death
Sound Against Humanity - Cassette / Digital Album - 5 Giugno 2019

Una cassetta assemblata con tutta la passione che usavamo noi, antichi abitanti del passato occidentale che solo di cassette vivevamo. All'interno un foglietto graffettato irto di parole scritte apparentemente alla rinfusa, un racconto ermetico forse, il flash di un ricordo fermato velocemente con la matita sul foglio: forte, gregge, paura, correre... La spinta iniziale che serve all'immaginazione per creare immagini, immagini eteree, oniriche come quella contenuta nel fotogramma custodito tra le pieghe di quel foglietto. Alberi, qualche panchina, un giardino sul quale riposa una casa silenziosa, tutto avvolto nella realtà sognante che il negativo Agfa ci porge in bianco e nero. Usare i due sensi, la vista e l'udito, diventa operazione necessaria per comprendere, per decifrare e far proprio questo nuovo lavoro di Edoardo Cammisa in arte Banished Pills.
Se l'intento è la descrizione e la ragionata archiviazione dei vari modelli di morte, l'immersione nel suono risulta prepotentemente viva, quasi palpabile. Al pari di di sub dotati di cuffie ad alta prestazione, riusciamo a percorrere tutti i corridoi sui quali si affacciano le varie declinazioni della fine, non necessariamente fisica. I droni aiutano la nostra discesa in spazi apparentemente abbandonati nei quali riecheggiano i suoni prodotti dai ricordi e l'eco dei rumori a loro appartenuti. La percezione della fine permea questa infinita discesa lungo i sussulti di un presente che ha cancellato la memoria e prosegue noncurante verso un futuro destinato ad esaurire le proprie speranze, una frazione di tempo nel quale anche la bellezza si trasformerà in decadenza, come recita il titolo della prima traccia che apre il lavoro. Il suono di Cammisa è pura astrazione, capace di trascinare l'ascoltatore verso il fondo senza speranza della desolazione, lasciando però dei piccoli passaggi aperti, cunicoli che riportano alla luce, al centro di un giardino illuminato dal negativo in bianco e nero di una realtà che ancora, forse, può donarci il silenzio.

 
 

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