Joker: il riscatto di un “cattivo”?

Il “Joker” di Todd Philips confrontato con la storica saga di Batman

11 Ottobre 2019

Esattamente 30 anni fa veniva presentato il film Batman di Tim Burton, l’eroe pipistrello di Gotham City che nel suo primo film aveva come suo nemico Joker, interpretato da Jack Nicholson. Dopo trent’anni vince il festival di Venezia il film Joker, del regista Todd Philips, interpretato da Joaquin Phoenix, un film realistico che difficilmente si può inquadrare nella saga dei film di Batman. Salvo però una cosa: nei film di Batman una certa vena politica c’è sempre stata, proprio come è ravvisabile un forte contenuto di critica sociale nel Joker di Philips.

Proprio nel Batman di Burton per esempio, la scena in cui Joker/Nicholson percorre la città in una street parade sopra un carro carnevalesco da cui lancia soldi a tutti i cittadini (per poi volerli avvelenare) sembrava rappresentare il capitalismo che dopo la caduta del muro di Berlino era pronto a promettere una felicità illusoria a tutti. Che Tim Burton avesse uno sguardo critico sul mondo lo si poteva ben capire dal film Batman – Il ritorno , un film il cui suo arci-nemico apparente era Pinguino (interpretato da Denny De Vito) ma che in realtà era Max Shrex, magnate dell’industria che ha avvelenato con i rifiuti dell’industria tessile le fogne di Gotham, ha ucciso un vecchio socio in affari, vuole costruire una mega centrale elettrica che serve solo a fare profitti e non a generare energia per la città.

Secondo voi Burton non è abbastanza social? Sentite cosa ha risposto anni fa a un’intervista rilasciata a Valentina Neri, quando lei gli chiese perché la Warner Bros gli avesse impedito di girare altri film su Batman: «Pare che a Mc Donald’s e Burger King, che compravano le licenze commerciali, non fosse piaciuto il personaggio di Penguin. Facemmo una riunione e mi dissero “Ma che cos’è quel liquame nero? Cosa fa uscire dalla bocca di Denny De Vito?” Ed io ho risposto: “E voi nelle nostre bocche che roba strana mettete”».

Sta di fatto che in seguito ci saranno i Batman diretti da Joel Schumacher, tutto sommato fumettistici, che hanno registrato attori del calibro di Jim Carrey, Arnold Schwarzenegger, Uma Thurman, Val Kirner, Nicole Kidman, Tommy Lee Jones. E poi c’è la trilogia di Cristopher Nolan. Se il primo episodio, Batman Begins, si inserisce nel solco dei film da comics di Schumacher, Batman – Il Cavaliere Oscuro è un film che ha acceso tanti entusiasmi. Antagonista di Batman è lo Joker interpretato da Heat Ledger: Batman è oscuro (ma veramente oscuro), a partire dal tono di voce, Joker è pazzo pazzo pazzo e il film sembra un gioco di forzature di immagini piatte più che di attenzione per l’immaginario.

A ogni modo nel film il regista fa venire fuori il pensiero di Joker, inquadrato come il pensiero del cattivo ovviamente. Quando l’uomo dai capelli verdi e il viso dipinto da clown va a trovare in ospedale Jack Due Facce, ecco che parte un monologo sul caos. Secondo Joker (per cui la parola caos equivale a quella di anarchia) il caos è giusto e serve a svelare la falsa stabilità dell’ordine. L’ordine delle istituzioni e delle regole è fasullo, quindi ci vuole disordine, caos, violenza, perché almeno queste ultime sono giuste. Un ragionamento che giustifica il pensiero classico della destra per cui l’organizzazione gerarchica è l’unico modo di organizzazione politica possibile dato che le masse spesso sono in preda a impulsi irrazionali.

Nessuno sfruttamento, nessuna ingiustizia, nessuna diseguaglianza, nessun arbitrario appropriarsi delle risorse altrui, anzi, se mai ci fosse tutto questo,  si chiamerebbe ordine, mentre al suo opposto c’è la cieca violenza di cui parla Joker.

Ma è nel Il ritorno del cavaliere oscuro che Nolan dà il meglio del suo pensiero reazionario. Una corretta interpretazione del Nolan pensiero la fornisce Juan Carlos Monedero, professore di scienze politiche dell’Università Complutense di Madrid, intellettuale tra i fondatori di Podemos, nel libro Corso urgente di politica per gente decente: «I problemi di Gotham City sono gli stessi della crisi economica attuale, e quindi gli emarginati (gli Indignados di Occupy Wall Street) si rivoltano. Niente universitari, lavoratori o donne indignate che ricordino le insurrezioni per il pane della Rivoluzione francese. Il capo è un pazzo rancoroso che non sembra avere niente di umano. I difetti del sistema sono noti, ma cadere nelle mani dei nemici dell’ordine significa cadere nel peggiore dei disordini: processi popolari, esecuzioni sommarie compiute di fronte una folle esultante, violenza gratuita, odio inveterato, rancori storici dei poveri verso i ricchi. Il facchino che all’inizio del film aiuta gentilmente una signora con la valigia, dopo l’ascesa del popolo la trascina per i capelli in mezzo alla strada. Il popolo che reagisce è un criminale. Il popolo perbene se ne sta a casa. E’ Batman, con l’aiuto della polizia, che deve scendere nelle fogne per dare la caccia al movimento sociale e salvare la città».

E veniamo all’ultimo Joker di Philips, che ha vinto il Leone d’Oro dell’ultima edizione del Festival di Venezia. Arthur Fleck prima di diventare Joker è un tipo alienato e con patologie mentali che vive nei sobborghi della New York del 1981. Si guadagna da vivere facendo il pagliaccio, ma è un lavoro miserabile. Le persone lo guardano male per la sua risata involontaria che non può controllare, la metropoli lo inghiotte, controlla la malattia con 7 pillole al giorno ed il servizio psichiatrico non è granché.

Una sera, mentre tornava a casa, tre ricchi rampolli di Wall Street lo malmenano e lui, in preda al panico e le sofferenze, reagisce istintivamente sparando loro con una pistola non sua regalatagli in modo infingardo da un amico al lavoro, uccidendo i giovani yuppies. Il giorno dopo vede in televisione il candidato a sindaco Thomas Waine (padre del piccolo Bruce, altro chiaro riferimento a Batman) che spiega alle telecamere come l’autore dell’omicidio sicuramente sarà stato animato da un’invidia sociale che non fa bene alla società.

E poi c’è la rivolta dei cittadini di Gotham contro il governo che taglia i servizi e mantiene tutti in povertà, con i cittadini che scendono in strada a protestare. La psicologa del servizio pubblico spiega ad Arthur che le sedute sono finite perché il servizio di assistenza sanitaria è stato tagliato: «Quelli se ne fregano di te e di me» afferma. In tutto questo, privato di qualsiasi diritto, rimane sempre intatto in lui il suo sogno di fare breccia nel mondo dello spettacolo, come quello di abbracciare il suo idolo, il presentatore televisivo Murray Franklin interpretato da Rober De Niro.

Joker non è la storia di un emarginato ribelle a capo di una rivolta che chiede giustizia, non c’è una trama così lineare, il film è più che altro un allegoria dei tempi. La sua maschera non sostituirà nel nostro immaginario quella di Guy Fawkes come simbolo di Vendetta; Arthur non è neanche Travis Bickle di Taxi Driver, che in qualche modo diventa un eroe improvvisato ed ingenuo di strada. E’ animato da un solipsismo psicotico e la sua è una violenza cieca, però la sua è una reazione in un mondo che fin da bambino lo ha messo all’angolo, questo forse si.

La sua vicenda non si giustifica, si comprende. E’ difficile pensare che il film di Philips possa far parte della saga di Batman, ma almeno rispetto al classico "uomo pipistrello", quando penseremo a Joker potremmo appigliarci ad una pellicola che possa dire qualcosa di meno reazionario dei Batman di Nolan. 

 
 
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