Sanremo 2020 - Day 1

Sanremo visto da Sherwood

5 Febbraio 2020

Devo dirvi la verità, mentre tornavo a casa e sentivo in Radio lo start ufficiale del Festival di Sanremo ho attraversato Via Venezia col piede a tavoletta.
Non dovevo assolutamente perdermi i neon che facevano capolino sul palco dell’Ariston illuminando l’orchestra ed il pubblico ingessato, e nemmeno il successivo «Buona Sera a tutti» del presentatore. Ed invece, spoiler, l’ho perso.
Siamo tuttavia nell’epoca dello streaming, del Rai Play sempre sul pezzo come un registratore di VHS nel 1999, e quindi lo ho rivisto in differita.
Non mi son persa nulla. Se non le mordenti battute politiche di Fiorello – ovvio.

Mentre col fiatone salivo tre rampe di scale, percepivo dagli appartamenti del condominio televisori a volume non proprio moderato, tra trafficare di stoviglie post-orario di cena e vocii indistinti.
Inserisco la chiave nella toppa, butto a terra la borsa. Prendo il telecomando e ricomincio la giostra annuale dei social: piattaforme cinguettanti, faccialibro e perfino instagram, tutto pronto al commento post to post, momento per momento, artista per artista.
È un gioco che accomuna decine di migliaia di utenti anche se totalmente disinteressati alla musica italiana o, addirittura, alla televisione in generale. Quel che accomuna tutti è l’essere italiani, in un momento in cui si mostra in Mondovisione una cartina tornasole dell’italianità.
Ma attenzione, non è uno sfogo sovran-nazionalista, è più un sentirsi capitale critico di uno show concentrato di contraddizioni.

Quest’anno il festival è entrato nella bufera al vetriolo prima ancora che cominciasse. Tutti conosciamo il tenore delle parole di Amadeus che hanno accompagnato l’ormai nota Conferenza Stampa di presentazione, e l’attenzione di questi giorni è focalizzata soprattutto su di lui.
Quel che ho notato fin dall’inizio del Festival è stato l’atteggiamento sarcastico con la quale con fittizia disinvoltura Amadeus spicca critiche verso se stesso.
Oltre, ovviamente, ai timidi applausi del pubblico in sala ad ogni riferimento – non propriamente velato – a quella famosa gaffe (se così può denominarsi).

Tanta è stata la mia delusione per l’eliminazione degli Eugenio in via di Gioia, un vero e proprio Tsunami di creatività in un misto indie-arabesk. Vabbè.

Successivamente ai primi quattro giovani, la carrellata di Big alza l’asticella dell’attenzione (pur tuttavia non essendoci motivo alcuno) … Irene Grandi, scialba, Rita Pavone, regina della resilienza con un sound scopiazzato dai peggiori riff anni ‘90, con il barbuto Masini il mio umore si risolleva: il pezzo è bello, non dei suoi migliori, ma nel contesto fa un bel figurone.

Sono rimasta totalmente sbigottita (come tutto il resto del mondo) dal look estroso del miglior amico della disinibizione Achille Lauro, prima interpreta San Francesco e, spogliandosi dalla ricchezza, come il Santo, diventa Jennifer Lopez nel giro di 2 minuti -ohmyGold. Un momento memorabile.

Il sound Sanremese porta Tiziano Ferro a calcare l’Ariston, non propriamente nel suo smalto migliore. Prima Volare di Modugno poi Almeno tu nell’universo di Mia Martini con grottesche stecche sulle note più acute (e relativi facepalm).
Successivamente il momento tanto ambito dal pubblico over: gli ospiti Albano e Romina Power +1 (Romina Power Jr), con un momento da Nostalgia Canaglia, Felicità ed un inedito dalla firma scoppiettante del re del Trash Cristiano Malgioglio. Un pezzo cantato, udite udite, in playback, roba assolutamente inaccettabile ad un Festival canoro. Anche per i Placebo (ricordate il festival di Sanremo 2001?).

Tra mani nei capelli e sbuffi di noia ascolto e scruto gli interventi della «bellissima» Diletta Leotta, che esegue un monologo sulla, (ma dai?), bellezza. Con un filtro degno da TikTok traspone la sua immagine invecchiandola di cinquant’anni poi onora la bellezza (ormai sbiadita, ci tiene a precisare) della nonna ultra ottantenne. Termina la performance con un sonoro «La bellezza è un vantaggio, sennò col cavolo che sarei qui».

Sto ancora cercando le braccia. Qualcuno le ha viste?

Di diverso contributo è stato, senza alcun dubbio, il monologo di Rula Jebreal incentrato sullo stupro. Il monologo è di presa diretta, emozionante e da brividi. Da stampare, leggere e comprendere, urbi et orbi.

Con la performance di Elodie penso che finalmente ci siamo: il sound del nuovo decennio è finalmente sul palco. Prima, pensavo di esser ritornata al festival 2009.

Brusca frenata sul mio entusiasmo: il duetto di Morgan e Bugo. Ero convinta che potessero donare all’Ariston un degno pezzo rappresentativo dell’underground-alternative italico. Come non detto.
Mentre il sonno avanza, la mia attenzione rientra con l’esibizione di Emma. Suona il pezzo che è ormai sull’onda radiofonica da un po’ Stupida allegria, con corredata band di percussionisti a seguito. Se l’avesse presentato qui, penso, probabilmente avrebbe vinto.

Amadeus tiene a specificare che il festival è dedicato totalmente alla figura della donna. «La donna è presente su questo palco a volte con contenuti seri, a volte con contenuti leggeri». Con tale affermazione, nella mia testa, si è creata una sorta di ideale gerarchia delle fonti femminili di Amadeus, tutte accomunate da un unico scopo: lo sfoggio. Non c’è una seria collaborazione tra il presentatore e le co-conduttrici, percepisco quest’ultime come lontane, isolate, riempibuchi che compaiono di volta in volta con nuovi vestiti scintillanti. Non è una squadra. Poco ma sicuro.

Ospiti a sorpresa: Gessica Notaro e Antonio Maggio cantano La faccia e il cuore, un brano scritto da Ermal Meta che racconta la storia di Gessica, sfregiata con l’acido dal suo ex fidanzato. Di nuovo protagonista la tematica della Violenza sulle donne.

Mi chiedo, polemica mode: on, se il concentrarsi così tanto sull’emergenza violenza sia un sentimento profondo o solamente una risposta-frecciatina alle polemiche dell’ultimo mese. Spero nella prima.

È ormai l’una quando Gualazzi, in perfetto stile western miscelato ad Elton John, sfoggia un pezzo jazz-pop-carioca, a mio avviso il migliore della serata per esecuzione, composizione e performance, e proprio il caso di dire: Chapeau!

Con la classifica demoscopica si conclude la prima serata del Fesival, siamo ormai all’una e trenta e quasi i miei occhi si chiudono.

Il podio lo detengono Vibrazioni, Elodie e Diodato.

Foto: Gian Mattia D'Alberto/LaPresse


To be continued…

 
 
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