Dileo "Circensi" - Recensione

La recensione del disco uscito il 28 febbraio per Dissonanze Records

13 Marzo 2020

Se dovessi sintetizzare il disco di DiLeo mi verrebbero in mente alcune immagini dispiegate: la prima rappresenterebbe un’immersione diretta in acqua gelata, la seconda, invece, un abbraccio stretto e confortevole dopo essersi persi e poi ritrovati.

Il nuovo disco del cantautore salernitano DiLeo, aka Carmine Di Leo, è intitolato Circensi e succede al debut album La nuova stagione, entrambi fuori con l’etichetta Dissonanze Records.

Le sette tracce trascorrono liete e mutevoli, in un disposto certamente eterogeneo, toccante e privato, ma al contempo anche prorompente e pubblico, un sentimento senza filtro che assume la forma di Manifestazione d’intenti.
Dall’incipit morbido e sinuoso, tra gli scivolìi metallici della chitarra acustica, il sax mordente ed un beat da atmosfera in lume di candela, si approda alla traccia omonima, ben più disinibita, a cui fa da sfondo un riff circolare che si mescola in gorgoglii acuti di pianoforte.

Le tematiche assumono un lineamento piuttosto nostalgico, una consapevolezza da espiare attraverso parapendii voraci: con bassi assillanti ora e arpeggi taglienti poi.
Un cantautore non può rinunciare a dipingere una musa, anche se ormai persa, abbandonata, lasciata, stravolta, via. La ballad melanconica Eri bella davvero si avvolge su se stessa e termina così come iniziata, tra sfumature lievi e disincanto che approda.

Il cuore del disco è sul serio immaginifico: Pelle, una delle tracce più ben riuscite, tratteggia in un exploit musicale notevole l’assenza tangibile di un corpo, sì, ma anche della sua anima. Il pezzo è una mutazione continua e travolgente, un esperimento armonico dallo sguardo lontano, in un melting pot di fiati e beat, tra echi e fraseggi.
L’attenzione non cala nel prosieguo della narrazione musicale, si resta così, Immobili, tenendosi per mano, tra chorus sussurrati, un assolo di fiati interminabile e bellissimo, in una composizione moderna, pop, elettronica. La mente riporta ad un Tiromancino degli anni ’20, con un tocco personalissimo di emozione, inventiva e sperimentazione.

La chiosa non poteva che ridurre ad unum quanto affrontato nel corso dell’album, sia in punta di musica che di lirica. L’accompagnamento in minore con lo scandire acutissimo della mano destra fa approdare i non-luoghi fantastici, dove sentirsi magari un po’ tristi, ma con gli occhi bagnati dall’emozione più vivida.

DiLeo è, in finale, un cantautore dal quale attingere passione e tragicità. Circensi fa sentire vivi anche se appesi ad un filo, mentre si elevano ricordi tangibili e tremendi, ma in fondo forse, non resta che ripartire.

 
 

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