Come verso un approdo, in fondo a un viaggio sterminato

di Mirco Salvadori

25 Maggio 2020


STEFANO 'EDDA' RAMPOLDI & GIANNI 'MAROK' MAROCCOLO
Nojo; volevam suonar
Contempo Records - disco gratuito

Premessa

I pochi che mi conoscono sanno che mi intrattengo e anche molto volentieri con Gianni Maroccolo. Ci lega il suo progetto discografico multimediale denominato 'Alone' per il quale collaboro come creative writer nei racconti che accompagnano i vari volumi che, lo ricordo, escono con moto perpetuo due volte all'anno. Il 17 Giugno ci attende il quarto episodio.

Questa premessa per chiarire che, pur essendo direttamente coinvolto in questo progetto, nulla ho a che spartire con la folle creatura partorita dai due musicisti camuffati da fratelli Caponi in una Milano di sessant'anni or sono.

Fatta salva quindi la mia estraneità a qualsiasi conflitto di interessi spiego anche perché un ascoltatore come lo scrivente, assai poco - oserei dire per nulla - avezzo al cantautorato italico di relativa nuova generazione, decide di recensire un disco come questo. Ho conosciuto Stefano nel backstage della FLOG fiorentina mentre si attendeva di salire sul palco per presentare il primo volume di Alone, nel quale partecipa con una strepitosa (qui il conflitto mi parte ma m'importa na sega, come direbbe Edda) collaborazione. Confesso che ero partito prevenuto a causa del troppo carico di ansia provocatomi dalle apparizioni di questi nuovi, 'giovani' cantautori con gli sguardi tristi e i testi che annaspano alla ricerca di una poetica sociale, politica, intima che si annienta in un passato inciso su pietra impossibile da scalfire. Convinzioni di un vecchio settantasettino che ha vissuto in prima persona gli ascolti di quei lunghi anni, affascinanti e immondi come il fango del Parco Lambro.

Da anni proiettato in un universo musicale che prevede il termine 'elettro' prima del successivo vocabolo 'acustico', mi sono ritrovato seduto a fianco di uno dei rappresentanti di questa specialità musicale italiana e ho iniziato a studiarlo per capire come 'funzionano' questi modelli di - si fa per dire - nuova generazione cantautorale. Per quei pochissimi che non lo sanno, Edda militava nei Ritmo Tribale fin dal 1987, con loro ha prodotto sei album prima di scomparire per una decina di anni e riapparire all'improvviso verso la fine della prima decade del nuovo millennio. Tanto giovane quindi non lo è ma confesso che non lo conoscevo, non lo avevo mai ascoltato essendo lui una sorta di tramite tra il passato e ciò che è giunto poi, gli anni '90 e il loro temibile seguito rock-acustico. Mi sono bastati pochi minuti, una conversazione frammentata con continui interventi esterni e voglia di cioccolato divorato a velocità ultrasonica, thè caldo e qualche scambio di frasi surreali per farmelo amare. Mi sono reso conto di avere di fronte un personaggio decisamente altro, assai vicino al mio modo di sentire, anche se totalmente diverso nel porsi apertamente ai suoi interlocutori. Una volta sul palco questa mia idea si è fatta convinzione grazie ad una performance che aveva del magico. Un'apertura vocale che lascia attoniti, senza sbavature. Una limpidezza che coinvolge e travolge. Così ho conosciuto Edda e questo il motivo per il quale ho deciso di parlare del nuovo progetto firmato a quattro mani da due artisti che sono entrati in modo dirompente nel lento scorrere della mia silente vita lagunare.

Finite le dovute premesse mi immergo in questo nuovo lavoro prodotto da due visionari che ben conoscono il termine indipendenza e lo usano come sinonimo di innovazione e continua ricerca, decisamente scevra da orpelli compositivi obbligati a ossequiare l'imperante mainstream.

La prima cosa da dire riguarda la modalità di diffusione di 'Nojo; Volevam Suonar' che sarà completamente gratuita previa prenotazione via mail indirizzata alla Contempo Records. Come ho già avuto modo di raccontare, non è la prima volta che mi trovo a parlare di uscite discografiche completamente gratuite. Nel 1986 ho vissuto in prima persona l'incredulità di un pubblico assolutamente esterefatto dalla notizia che un musicista veneziano di nome Gigi Masin, tutt'ora molto attivo soprattutto all'estero (nemo profeta in patria), regalasse il suo 'Wind', disco totalmente autoprodotto e divenuto vinile di culto, a chi lo richiedeva. A distanza di oltre trent'anni il piccolo miracolo si ripete e trovo sia un gran bel segno di integrità artistica e sensibilità rispetto una realtà poco benevola nei confronti di tutti noi, persi e spersi tra pandemie, mancanza di lavoro, povertà alle porte e violenta dilagante ignoranza. Un messaggio ai grandi rockers nostrani che si dimostrano attoniti e privi di impulsi a causa del Covid, o tutt'al più vanno a farsi una suonatina in playback in una deserta e a loro concessa Piazza San Marco, che tanto ai grandi artisti tutto è permesso.

Edda e Marok (c) Alberto Trakle Bonucci

"Racconto una storia, non volevo fare l'eroe, le gaffe ci sono tutte", sembra quasi che Marco Philopat - tra i fondatori delle edizioni Shake e del centro sociale milanese Virus - sapesse che il titolo del suo libro, uscito nel 2017, avrebbe riassunto in poche parole il contenuto di un racconto musicale che lo avrebbe anche citato inserendo proprio lo storico centro sociale milanese in una delle sue canzoni: "Servi dei servi chiudono la via | Autogestioni dell’autonomia | Tanta gente per il centro sociale | Oggi la polizia la facciamo scappare".

Più mi immergo nei testi e nel suono, più il tempo si ferma e pian piano rotola indietro, i tasselli volano in rewind andando a riformattare una memoria sfilacciata, intaccata dalla troppa ansia odierna e dalla continua tensione verso un altrove sonoro che tende ad un futuro forse inesistente. Con grande sorpresa mi ritrovo a riascoltare i testi e la musica, inizio a cantarli conoscendo ormai benissimo i passaggi sonori che li accompagnano. È una sensazione tra il dejà vu e la sorpresa, la riscoperta di un antico piacere dimenticato, riesumato grazie all'apparente nonsense delle liriche e dalla presenza costante di un suono che le riveste con una sapienza che va oltre la bravura professionale. Sono due le voci che si percepiscono in questo disco, quella di Edda che si esprime cantando e quella di Marok che sa interpretare e tradurre quella voce con una profondità impressionante, recuperando una romantica sporca ruvidezza che avevamo abbandonato nei nastri delle mille musicassette ascoltate cavalcando la nostra gioventù.

 

Dividiamo l'indivisibile

Testi

I testi hanno potere coinvolgente con uno stile decisamente intricato - qualcuno direbbe contorto - capace di affermare senza minimamente accennare. La loro efficacia raggiunge lo scopo dopo più ascolti che permettono le diverse declinazione di lettura. L'incontenibile continua esplosione di parole crea un muro iniziale davanti al quale non ci si deve soffermare. Si usa l'ascolto come arrampicata libera rendendosi conto che man mano ognuna di loro ha un peso, un proprio specifico senso e significato all'interno di una struttura che appare sbilenca, dissestata, visionaria, tossica, volutamente senza senso apparente. Prende così via il magnifico viaggio che tutto travolge, il bellissimo delirio iniziale nel quale si piglia per il culo la realtà finta indie italiana dei Negroamaro e si spara una Maranza che urla il proprio disagio e la voglia di ben altro. Servi dei Servi potrebbe essere la classica hit estiva per coloro sempre se ne sono fottuti delle hit. Un ritornello che entra e non molla neache se gli spari. La feroce presa in giro dell'inesistente indipendenza musicale italiana diffusa dai media televisivi prosegue con Noio e il suo feroce lalalalalà che accartoccia in un secondo il più famoso e diffuso lalalà dei Baustelle. Stai Zitta è l'intima e sofferta rappresentazione dello strappo nella coppia, la comunicazione che si interrompe, il fragore dei corpi che si spezzano nel male della perdita. Con Madonnina si rimane in tema esplorando l'assurdità di certe devianze amorose, "Se mi ami non ti voglio più | Madonnina infilzata di blu". Bebigionson è forse il vero omaggio ad un'epoca remota, nella quale si usava la modalità punk per elencare ciò che proprio non andava. Punk si ma declinato con una procedura assolutamente in linea con lo stile canzone italiana. Ed è qui che parte la botta, da questa apparente dissociazione. Esce il Sangue dalla Neve che considero la più intensa di queste undici tracce, scritta tempo addietro con l'artista e cantautore padovano Alessandro Grazian. Commovente. Con Achille Lauro si torna alla critica ferocemente sognante di un mondo musicale che di questa disciplina non possiede più nulla. Sognando sta lì a dimostrare il rispetto per quella scrittura che è riuscita a segnare con profondità la canzone italiana, lasciandoci testimonianze indimenticabili come questa, firmata da Don Backy nel 1978. Mantrino incanta, un'oasi di pace e silenzio nel quale perdersi. Due mantra legati alla disciplina mistica cara a Visnù che riempiono di quiete e mistero l'ascolto. La chiusura è affidata a Claudio Rocchi e alla sua Castelli di Sabbia, canzone contenuta in I Think You Heard Me Right, disco del 1996. Omaggio dovuto a un musicista e grande amico che sempre e comunque accompagna Gianni nel suo percorso.

 Musica

Come prima detto ascoltare la musica prodotta di Maroccolo è un'esperienza particolare. Il musicista toscano ha la la capacità di creare suono usando un linguaggio ben riconoscibile, capace di tradurre la musica in racconto, donandole voce e parola. Eccolo quindi accompagnare il cantato di Edda senza però limitarsi a comporre seguendo le strofe ma creandone a sua volta e a loro volta incastonate in una struttura musicale solo apparentemente definita. Un'occasione unica questa per usare il fidato basso nelle molteplici possibilità conosciute, piegandolo contro la resisenza del tempo per farci rivivere atmosfere care agli anni nei quali si attendeva l'apertura del negozio per acquistare il vinile del gruppo amato. Lo si stringeva impazienti nel tragitto fino a casa e chiusi nella propria stanza, si iniziava il rito dell'ascolto e della lettura delle note di copertina. Si memorizzavano i passaggi, i ritornelli, i cambi di ritmo, gli assoli, le improvvisazioni al synth, le aperture e l'introduzione del nuovo linguaggio elettronico. Si ripeteva all'infinito l'ascolto immergendosi nel low-fi che solo molti anni dopo sarebbe divenuto moda, si dondolava seduti sul letto di una camera che rappresentava tutto il mondo, a sua volta chiuso in un paio di cuffie. Tutto questo lo si ritrova ascoltando la parte musicale di questo disco che Marok ha prodotto utilizzando solo basso e electronics, assemblando il tutto nel suo studio casalingo, al pari di Edda che ha registrato i suoi pezzi direttamente su iPad. Inutile cercare di dare delle etichette di stile al suono prodotto dal successore di Attilio, sarebbe un'operazione inutile, cara tutt'al più a certa stampa musicale incapace di usare il cuore al posto dei tecnicismi. La musica di questo disco rappresenta il passato, presente e quel tocco di futuro che ci aiuta a capire in quale modo Gianni potrebbe varcare la soglia del comunque sempre presente rock e proseguire sulla strada lungo la quale da lunghi anni tutti noi lo seguiamo "Come verso un approdo | In fondo a un viaggio sterminato".

Gianni Maroccolo (c) Francesco Ballestrazzi

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Stefano Edda Rampoldi: voce e chitarre
Gianni Maroccolo: basso & electronics
Flavio Ferri: batteria e synth in “Esce il sangue dalle vene”
Alessandro Grazian: chitarra Acustica in “Esce il sangue dalle vene”
registrato a casa del sig. Rampoldi e a casa di Marok
missaggi e masterizzazione: Lorenzo Tommasini
arrangiamenti e produzione artistica: Gianni Maroccolo
Edda e Marok
Noio; volevam suonar.
30 giugno 2020
L’album è un regalo offerto dagli artisti, da Contempo Records e dai partner coinvolti nel progetto. Per riceverlo, è necessario inviare un preordine entro il 15 giugno 2020 a [email protected], effettuando un versamento di €9 a copertura delle sole spese di spedizione e consegna. Gli ordini verranno evasi il 30 giugno 2020. IMPORTANTE: solo gli ordini pervenuti entro il 15 giugno danno diritto alla copia regalo.

 
 

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