Una balena bianca specializzata in letture per l'infanzia nel cuore del Trentino

Intervista alla libreria Moby Dick di Caldonazzo

1 Luglio 2020

Per ampliare anche al di là della realtà padovana lo sguardo delle librerie indipendenti su ciò che è successo in questi mesi di pandemia, approdiamo ora alla libreria Moby Dick di Caldonazzo, in Trentino. Abbiamo fatto due chiacchiere con Pino, il proprietario, per capire cosa vuol dire aprire una piccola libreria in un paese.

Iniziamo con due parole per presentarvi, e per presentare la vostra libreria.

«L’abbiamo aperta nel 2012, nei primi anni ci lavoravo soprattutto io, con qualche collaboratore occasionale. Ora se ne occupa soprattutto mio figlio, ho passato il testimone a lui per dedicarmi ad altro, ma ogni tanto trovate anche me in libreria.»

Cosa vi ha spinti a imbarcarvi in questo progetto dentro una realtà così particolare, come può essere quella di un piccolo paese?

«È una storia un po' singolare; io e mia moglie abbiamo entrambi un altro lavoro, quindi la libreria non è la nostra attività principale. Inoltre, siamo proprietari del locale, cosa che ha senz’altro aiutato, non so se lo avremmo fatto senza queste condizioni di partenza. Quello che ci ha spinti è stata la passione per i libri, non solo come lettori ma anche per lavoro. Il fatto che ci troviamo a Caldonazzo è un po' casuale, in realtà. Abbiamo abitato in molti posti e qui abbiamo trovato il luogo adatto per portare avanti un progetto di vita.»

Credete ci siano differenze tra l’aprire una libreria indipendente in un paese rispetto alla dimensione della città?

«Credo che per aprire una libreria indipendente in una città ci voglia una convinzione molto più forte, perché è davvero facile trovare ed affidarsi alle catene di franchising. In paese la situazione è diversa: ovviamente non può essere troppo piccolo, credo che Caldonazzo sia proprio della grandezza minima. Poi è sicuramente necessario riuscire a proporre alla popolazione un qualcosa di particolare, il progetto non può fermarsi all’apertura.

In questo senso il nostro punto di forza è da sempre la letteratura per l’infanzia e per ragazzi, ci conoscono anche da fuori per questo. Curiamo molto di più questo settore, magari a discapito di una ricerca più attenta e approfondita in altri ambiti, forse più intellettuali, diciamo così. Finora è una scelta che è stata premiata.»

Avete scelto questo focus per un motivo particolare?

«A me piacerebbe che i giovani riscoprissero il piacere della lettura. È vero quello che diceva Umberto Eco, "chi legge può vivere cinquemila vite”. E soprattutto leggere aiuta a formarsi delle idee, delle opinioni, e quindi a stare dentro alla società. La lettura diventa uno strumento, una palestra. E poi non c’è solo il libro, ma tutto quello che lo circonda, tutto il mondo della cultura, dai festival alle librerie alle case editrici. Invece mi sembra che le nuove generazioni, gli adolescenti e i giovani adulti di oggi, abbiamo perso l’interesse nei confronti della lettura, per trasferirlo forse sui social. Bisognerebbe fare in modo che questi due mondi si parlino. Di sicuro con il nostro impegno nella selezione dei libri per l’infanzia tentiamo di far riscoprire ai bambini e ai ragazzi l’amore per le storie, sperando poi che da adulti lo mantengano.

Poi, c’è da dire che negli ultimi dieci anni si è vista una crescita in questo settore; forse i genitori nati negli anni ’80 e ’90, essendo stati loro stessi lettori, sono riusciti a far appassionare anche i figli, e questo si vede nei risultati delle vendite.»

Qual è il rapporto con il territorio e con la popolazione, e quanto è importante?

«Ci sono persone che vengono da noi da otto anni, perché ci conoscono e sanno cosa possono trovare. Ancora una volta, credo che sia stato l’esserci specializzati in un settore particolare che ci ha salvati, perché difficilmente un cliente che viene da noi potrà trovare nelle vicinanze una scelta paragonabile alla nostra. Abbiamo quindi messo in atto una sorta di fidelizzazione del prodotto. E ha funzionato, siamo aperti da otto anni e forse nemmeno noi ci speravamo!»

E il rapporto con altre librerie presenti in Valsugana?

«Il rapporto fra librerie, nella mia esperienza, è un po' difficile, ognuno è geloso del proprio orticello. Non abbiamo grandi contatti, in realtà, forse proprio perché ci occupiamo per lo più di libri per l’infanzia e quindi diventa difficile entrare in contatto con realtà che si occupano di tematiche più politiche, più sociali. Ci piacerebbe, ma abbiamo preso questa linea e per ora la manteniamo.

Come avete affrontato questo periodo di lockdown e che ripercussioni ha avuto sulla libreria?

«Se posso dare un parere personale, sono rimasto molto sorpreso dalla scelta di chiudere le librerie. Ci saremmo aspettati un’attenzione un po' diversa da parte delle autorità nazionali, ma soprattutto provinciali, che hanno dimostrato secondo me di non conoscere bene il territorio da questo punto di vista. In Trentino ci sono solo otto librerie indipendenti, nelle valli tutte le altre sono cartolerie che vendono anche libri, e che quindi hanno potuto aprire prima. La chiusura non ha fatto altro che penalizzare questi otto esercizi. Mi è parsa una scelta un po' strana, che è andata a favorire alcuni a discapito di altri. Anche dopo il 14 aprile, data in cui a livello nazionale le librerie avrebbero potuto riaprire, in Trentino la giunta ha deciso di prolungarne la chiusura. Quella è stata secondo me una decisione puramente politica, e non dettata da reale necessità di misure di sicurezza.

E poi dobbiamo considerare anche la valenza sociale del libro, che è un oggetto fatto per lo spirito e per la compagnia, quindi quale momento migliore per poter offrire la possibilità di approcciarsi alla lettura. Credo che l’indifferenza nei confronti delle librerie dimostri che il libro è diventato un oggetto sconosciuto ai più.

Considerato questo, l’abbiamo passata bene! Abbiamo fatto qualche consegna a domicilio, e poi ne abbiamo approfittato per rivedere la nostra offerta e anche per adeguare gli spazi in vista dell’apertura.»

L’ultimo ddl limita gli sconti applicabili in copertina. È un provvedimento che secondo voi avrà degli effetti sulle librerie indipendenti?

«Assolutamente sì, io sono sempre stato favorevole a questo provvedimento e non sono mai riuscito a comprendere le critiche che sono state mosse. A parer mio, è un provvedimento che va a danneggiare Amazon, e quindi inevitabilmente favorirà in qualche modo le piccole librerie. L’aiuto principale viene però dal “bonus librerie”, che è il terzo anno ormai che viene riconfermato, grazie a cui si può avere uno sconto fiscale legato a vari costi (contributi, affitto, etc.). In Francia esiste da vent’anni e, considerando che allo Stato non costa praticamente nulla, essendo dedicato solo alle piccole librerie, ci si poteva pensare anche prima. Io credo che sia soprattutto questo che sta salvando molte librerie indipendenti.»

Quali sono, in termini di riforme, le vostre speranze per il futuro?

«Si sta parlando ora anche della detrazione fiscale per l’acquisto di libri. Anche quello può essere un aiuto importante. Secondo me bisogna considerare che la libreria non è un negozio qualsiasi, poiché vi si vendono libri, che alla fine sono idee. Vuol dire fare cultura, ovvero promuovere un’attenzione verso il sapere, verso la conoscenza, che è un aspetto fondamentale di una cittadinanza attiva. Se c’è tanta attenzione verso le biblioteche, queste attenzioni dovrebbero essere rivolte anche alle librerie, che sono alla fine lo specchio privato delle biblioteche. Ma forse tanti aspetti di questa conoscenza danno fastidio.

Poi quello che auspico è certamente un alleggerimento della burocrazia. Troppe volte mi è capitato di pensare “Ma chi me lo fa fare?!”. Corsi sulla sicurezza, formazione dei dipendenti… prendono tanto, e non solo a livello economico, ma soprattutto di tempo. Sono tutti procedimenti che, se vanno bene per una grossa azienda, per un negozio piccolo si rivelano più che altro dei costi paradossali.»

 
 
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