Il ballo del debuttante

di Massimo Menti

23 Ottobre 2020


JÓNSI - Shiver – (Krunk, 2020)

A distanza di dieci anni dal suo esordio solista e sette dall’ultimo lavoro con i Sigur Rós, Jónsi ritorna con il nuovo e attesissimo “Shiver”, anticipato sin dalla fine di aprile dall’uscita di ben quattro singoli e relativi video. La genesi del nuovo album è stata tutt’altro che semplice, visto che Jónsi ha composto, registrato, mixato e prodotto tutto da sé, nonostante alla fine, dopo un momento di crisi si sia fatto aiutare da A.G. Cook del collettivo PC Music, per la produzione e stesura definitiva. Il risultato è un full length atipico per il musicista islandese, ricchissimo di sfaccettature, molto eterogeneo ma con un intento preciso, ovvero quello di sperimentare con la propria voce e con le sonorità, cercando di creare qualcosa di nuovo o mai sperimentato prima. 

Reduce da innumerevoli progetti collaterali, soundtrack, collaborazioni varie (Sin Fang, Julianna Barwick, Gyða)  installazioni artistiche (la più importante delle quali “Dark morph” presentata a Venezia al padiglione Ocean Space a fine maggio dell’anno scorso assieme al visual artist svedese Carl Michael Von Hausswolff) Jónsi ha fatto tesoro di queste svariate esperienze per dare alla luce Shiver. 

 

Esplosioni di suoni, batteria elettronica e synth impazziti, voce filtrata e modificata, rallentamenti e accelerazioni, ritmi semi-industrial, tutto ciò caratterizza le peculiarità del nuovo lavoro. Jónsi ripete come un mantra “I lose control” in Wildeye, come se temesse di perdere il controllo, il suo è quasi un grido/lamento sovrastato da deflagrazioni metalliche, battiti sintetici e interrotto dall’arpa celestiale di Mary Lattimore che dona solo per un istante, calma e pace. Esplosione viscerale o implosione emotiva? Chi può saperlo!
Exhale è eleganza e sinuosità nel suo incedere rallentato, è un inspirare ed espirare quel “inhale” ed “exhale” ripetuti nel testo, è una danza eterea e raffinata, quella ripresa nelle movenze velate del dance-performer nel video ideato e diretto in collaborazione con l’attore americano e amico Giovanni Ribisi. Danza che diviene bellissima pop-song nel duetto con Elizabeth Fraser, dove le due voci si affiancano e quasi si confondono ripetendo e sussurrando all’unisono “ you know it’s only out of love” con un candore porcellanaceo (…you've got perfect skin, soft enough porcelain). Voglio immaginarlo quasi un omaggio a quel dream-pop nato con i meravigliosi Cocteau Twins e che i Sigur Rós hanno riportato volenti o nolenti in auge contaminandolo con il loro sound post-rock.

Un’estate dalle tinte pastello sporcate qua e là da screziature elettroacustiche, evidentemente artica e che mai realmente arriva, come suggerito dalla traduzione letterale del titolo è quella di Sumarið Sem Aldrei Kom, recitata in islandese come fosse una preghiera pagana fatta di vocalizzi celestiali, echi, sovrapposizioni vocali e ricamata dalle note distillate di piano dell’amico e compositore Nico Muhly già presente nell’esordio “Go”. Lingua madre che ritroviamo anche nella successiva Kórall, corallo che nelle sue tonalità richiama un po’ la Björk di “Medúlla” e “Vespertine” per l’uso della voce e delle graffiature glitch-pop. Smaccatamente sigurrossiana è invece la maestosa Grenade col suo piano appena accennato, l’incedere marziale della batteria di Samuli Kosminen e il falsetto Jónsiano che si fa spiraglio di luce tra una coltre di nubi oscure. Salt Licorice è la perfetta scandinavian pop-song in accoppiata con la cantante svedese Robyn, quel desiderio di ballare e scatenarsi che Jonsi ha finalmente avuto occasione ed il coraggio di dimostrare. Sono però le sonorità electro intense e spesso ridondanti e frastornanti quelle che rimangono più impresse di quest’album, come quelle che si rincorrono nella title-track, o nell’accoppiata Hold / Swill, decisamente sintetiche e quasi “metamorfiche” alla Arca, evidentemente sollecitate dal giovane co-produttore londinese A. G. Cook. Beautiful boy rimanda direttamente al lavoro a nome Riceboy Sleeps, album ambient del 2009 realizzato con l’allora compagno Alex Somers e al progetto solista Frakkur uscito nel 2018 ma che raccoglie tre mini album risalenti a registrazioni fatte tra il 2000 e il 2004 durante le pause dei tour con i Sigur Rós.
Un album questo Shiver decisamente eclettico, di un artista completo, che ha voglia di sperimentare e (forse) di osare, e chissà, ancora alla ricerca di stimoli o alla ricerca di sé stesso. Magari un pizzico di emotività in più non avrebbe guastato, magari avrebbe alleggerito un lavoro comunque fortemente strutturato, attualissimo ed egregiamente prodotto

 
 

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