Recensione del "Breviario del rivoluzionario da giovane" di Bruno Osimo (Marcos y Marcos)

7 Novembre 2020

Mi trovo nella piccola libreria indipendente Marcopolo in campo Santa Margherita a Venezia. Nella scelta dei libri mi lascio spesso e volentieri catturare dalla copertina, sembra superficiale ma lì è racchiusa l’essenza dell’opera. Mi capita sottomano un libro dalla pelle interessante. La copertina, della giovane illustratrice Gaia Scarpari, è semplice e ritrae un giovane ricciolino con in mano un martello appisolato su un’amaca che assuma una forma per molti contraddittoria, ovvero una falce rossa. Devo leggerlo.

Il libro è un piccolo romanzo autobiografico in cui l’autore racconta, travolto da quello che quasi può sembrare un flusso di coscienza, la sua giovinezza vissuta fra occupazioni scolastiche, manifestazioni e lotte studentesche. Ma c’è spazio anche per l’amore, la famiglia, la quotidianità, la musica, i libri, la filosofia e la politica. Il tutto, di certo, non carente di comicità. Anzi.

Il giovane Bruno percorre la sua adolescenza partendo da Padova e arrivando nella Milano degli anni Settanta. Tutto è in piena evoluzione e Bruno si ritrova immerso in un mondo fatto di ideali, senso di appartenenza e, soprattutto, voglia di rivoluzione. Forse è tutto troppo dinamico per il timido e pacifico Bruno, ma la voglia di entrare in questo mondo fatto di socializzazioni lo spinge a farsi avanti, a mettere da parte ogni riserva e così si abbandona alla vita, come lo chiamasse. Tutto è politica, il personale è politica. Bruno quasi annega nelle regole, ma ce la mette tutta.

Una serie di piccole storie. Di piccole esperienze di vita. Viene raccontata l’insicurezza, la voglia di partecipazione, la voglia di cambiare il mondo e di appartenere ad un movimento che cambia le regole del gioco imposto dai “borghesi con la camicia stirata, l’ombrello e l’impermeabile lungo”. Infatti per il giovane rivoluzionario “l’Italia ha due mentalità: quella col cappotto della domenica mattina e quella con l’eskimo del sabato pomeriggio, quella con i pantaloni di lana Lebole della domenica e quella dei jeans Roy Roger’s del sabato, col taschino piccolo rinforzato, comodissimo per la spranga”.

È una piccola testimonianza della vita di uno studente voglioso di partecipare ai cambiamenti sociali. Attualissimo e padre di riflessioni, che non possono non farci notare come la carica di vita e la voglia di rivoluzione di un adolescente, possano portare a vivere esperienze fuori dal comune. Esperienze, che Bruno vive, fatte anche dalla violenza nelle manifestazioni e nelle lotte contro il sistema capitalista e borghese “perché è proletaria e i vecchi non lo capiscono”. Ma quei “vecchi democratici con grandi barbe, occhiali piccolissimi e che fumano nell’atrio” presenti al cinema del quartiere di Brera, in cui Bruno si sente a casa, fanno sorgere un dubbio al giovane protagonista “i vecchi possono essere democratici, ma noi siamo rivoluzionari. Quindi c’è una differenza inconciliabile comunque, o è la stessa cosa?”

Questo libro ricco, da leggere con leggerezza e a cuore aperto, è accompagnato dai cantautori italiani del tempo, con citazioni riportate dall’autore quasi in ogni capitolo. Mi sento di accompagnare anche questa recensione con una citazione che potrebbe in qualche modo descrivere la giovinezza del rivoluzionario Bruno e forse risolvere il suo grande dubbio. Questa citazione la trovo nella canzone Eskimo del 1978 del maestro Francesco Guccinia vent’anni si è stupidi davvero, quante balle si ha in testa a quell’età”.

 
 
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