Sky Of Birds: la recensione di "Matte Eyes / Matte Moon"

17 Novembre 2020

Anche se gli Sky of Birds sono cinque musicisti che gravitano intorno a Frosinone la loro musica vi porterà di peso in un deserto americano, mentre fate morgane tremolano all’orizzonte e voi vi schermate gli occhi, chiedendovi come diavolo siete finiti lì.

Nelle dieci tracce che compongono Matte Eyes / Matte Moon, il loro secondo album, si sentono echi di blues allucinato, alternative country e psichedelìa. Fra i beniamini del gruppo vengono citati i Fuck di Timmy Proudhomme: non li conoscete? Neanch’io. Tanto per chiarire subito che qui si bazzicano territori parecchio distanti dal mainstream. Strade di periferia, anzi sterrate. A me viene in mente il Wovenhnand meno allucinato.

Ma quello che viene in mente è poco importante perché questo disco sta in piedi sulle sue gambe, anche senza troppi riferimenti. Le canzoni filano tutte bene, il sound è perfettamente a fuoco: analogico, caldo, il canto strascicato avvolto da una nube di riverbero che fa venire in mente certi cieli plumbei sopra teenage wastelands, mentre sprazzi di uccelli neri sembrano chiamare le anime a raccolta.

Sicuri di aver convinto l’ascoltatore, da metà scaletta i nostri si prendono qualche sfizio, inserendo arpeggiatori e drum machine analogiche o concedendosi un maestoso lento, per finire in una ninnananna talmente sfocata e lo-fi da rasentare l’ambient.

Bel disco, tra l’altro l’ennesimo da parte di una label, la MiaCameretta Records, che si sta facendo notare con altri ottimi artisti compagni di strada degli Sky Of Birds, da Country Feedback ai Modern Stars.

 
 

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