"Boogie Bonanza": la recensione del nuovo disco dei Boogie Bombers

Rock blues che ci porta "back to New Orleans"

5 Dicembre 2020

I Boogie Bombers sono una band blues rock attiva dal 2004 (e nella forma attuale dal 2013) proveniente da Torino, ma, se nessuno ve lo avesse detto prima, avreste potuto benissimo supporre che fossero originari di New Orleans o Nashville.

La band è composta dai “fratelli” Boris (voce e armonica), Joe (chitarra), Marco (basso) e Simone (batteria). Fratelli per modo di dire, dato che i quattro non sono in realtà imparentati ma hanno deciso di rinominarsi Tabasco, seguendo l’esempio dei Ramones. Proprio per motivi legati al copyright del termine “tabasco” i quattro hanno dovuto cambiare nome, e da “Fratelli Tabasco” hanno assunto l’attuale nome di “Boogie Bombers”.

Freschi di un tour che a febbraio 2020 li ha visti attraversare il sud degli Stati Uniti, dove evidentemente hanno avuto modo di sciacquare i panni, anziché in Arno, nelle acque fangose del Mississippi, i nostri pubblicano il 20 Novembre il loro primo disco in studio, “Boogie Bonanza”, per l’etichetta Volcano Records.

Ruolo di primo piano nel disco ha l’armonica di Boris, che si fonde ottimamente con i giri blues della chitarra di Joe. Ne è chiaro esempio il pezzo di apertura dell’album: Look!, che con le sue alternanze di chitarra elettrica e armonica ci porta al primo lento del disco Back to New Orleans, un blues che sembra uscito direttamente dai bayou della Lousiana. Dai cori del ritornello si arriva all’assolo di chitarra, semplice ma pieno di sentimento (perché come diceva Jimi Hendrix “il blues è facile da suonare ma difficile da sentire”, anche se nutro seri dubbi sul “facile”) e di nuovo ai cori, perfettamente studiati per essere intonato dal pubblico in sede live.

I riferimenti sono chiari: Muddy Waters, Howlin’ Wolf, ma accompagnati da un taglio moderno che ricorda in alcuni tratti i Black Keys dei primi due album o, per rimanere in Italia, impossibile non menzionare i Bud Spencer Blues Explosion.

What a night e Heavy load rappresentano forse il cuore di questo album. La prima con un riff di chitarra che in un crescendo porta ad un rock blues energico che si apre sull’assolo di armonica, la seconda dai riff distorti quasi hard rock. Ma la versatilità della band si mostra anche nel pezzo successivo, in cui c’è spazio anche per un lento romantico, Easy, dagli echi quasi alla Ben Harper.

Il disco si chiude con una sorta di outro in stile blues anni ’30, nonché l’unico pezzo cantato (in parte) in italiano:  D.q.t.h.l. – Nashville edition (acronimo di “Da quando ti ho lasciata”?), in cui pare di ascoltare un vinile rovinato su un vecchio grammofono.

Terminato l’album, è quasi obbligatorio proseguire con The Docks Dora Session. Come riferito dalla band stessa, l’album del 2016 è un live-in-studio influenzato dalle atmosfere dei cosiddetti juke joint, i tipici locali, ritrovo degli afroamericani nel sud degli USA, in cui si suonava blues, si ballava e si beveva al termine di una giornata nei campi.

Un ottimo lavoro insomma quello dei Boogie Bombers, un blues rock elettrico, vivo e coinvolgente che non potrà fare a meno di farvi muovere a ritmo. Le radici sono ben piantate nei classici del genere, ma con un tratto moderno che gli permette di non scadere nel semplice “vintage”. Citando la loro biografia: il ritmo giusto per liberare l’ascoltatore dai propri blues quotidiani.

 
 

 
 
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