di Mirco Salvadori

Is Vic Still There?

in conversazione con Carlo Casale

28 Dicembre 2020

CAZALELoop LifeCasal Gajardo Records

Cerchiamo di non sottostare alle regole della comparazione, dei parallelismi, del "questo suono mi ricorda" e iniziamo ad ascoltare il flusso di vita che viaggia in loop trasportandoci dove non possiamo prevederlo. E' già notevole la sorpresa nel risentire dopo moltissimo tempo una voce cara per mille motivi e non solamente musicali, che il parere su quanto esce dagli altoparlanti passa quasi in secondo piano. Carlo Casale torna su disco e non lo fa con i suoi Frigidaire Tango o con i Vindicators ma da solista, oltre la soglia del tempo che tutto avvolge e immobilizza. Loop Life termina il suo primo giro e stranamente riprende la sua corsa da dove aveva iniziato. Il lettore in modalità cicla tutti i brani riparte quasi percepisse la voglia di approfondire, riascoltare, immergersi in un nuovo disco che contiene un'infinità di materia intima sedimentata in anni e anni di esperienza sul campo. Quasi fosse un diario di bordo, Casale ci trascina nei suoi mondi che profumano di assoluta introspezione illuminata dalla luce di una luna che sola può accogliere una vita non abituata alla routine quotidiana. Dopo più ascolti ci si convince che questo album permette di ritrovare ciò che si era perduto nel lento cammino attraverso il tempo. Anche se gli ascolti sono notevolmente cambiati, queste tracce stanno a dimostrare che la matrice primaria ancora ti appartiene e continua ad agire spalancando le porte con i suoi richiami che giungono dalle decine di copertine di dischi consumati. Carlo non lascia indietro nessuno, anzi lo prende per mano e lo trasposta con sé il tempo necessario alla rinascita e lo fa con la dolcezza e il rispetto dovuti, quasi accarezzando il suono che gli scivola tra le braccia. Ora nelle vesti di cantautore, ora di vero e proprio chanteur de charme e profondo interprete di poesie suonate al pianoforte nella solitudine del bush o nella torre di controllo di qualche stazione stellare abbandonata. E poi abitante di mondi metropolitani che pulsano nei mixaggi dei dj ombra e ancora viaggiatore. seduto nello scompartimento di una metropolitana che lo trasporta attraverso il sottosuolo di Bristol. Soprattutto reale e maturo interprete di un suono che non va catalogato ma lentamente sorseggiato, permettendo alla sua fragile bellezza di palesarsi tra un accordo e una strofa cantata. A volte la vita che si ripete non è poi così terribile anche se lentamente, piano piano, scivola via.

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Facciamo un accordo Carlo, la prima domanda la rivolgiamo al passato poi continuiamo il percorso con lo sguardo verso il futuro, sperando ancora vi sia un futuro inteso come tale.
Allora: gli anni 80, le scene italiane, Bassano del Grappa, le sue discoteche, i molti concerti organizzati, le tante formazioni nate in quella zona, i Frigidaire Tango, Carlo Casale. Dove è finita tutta questa vita vissuta, cosa è successo da lì in poi, quale il ricordo che ti porti appresso, cosa è rimasto di quella antica e lontana scintilla.

Se riavvolgo il nastro e guardo tutto come osservatore direi che si è trattato di un processo spontaneo e naturale, nulla di pianificato per raggiungere chissà quali obbiettivi ma solo uno sconfinato amore per la musica.
Ci siamo tutti ritrovati a cavalcare un'onda che aveva come caratteristica peculiare la creatività, quindi quando sei libero di esprimerti artisticamente senza dover rendere conto a qualcuno tutto diventa più facile e autentico.
Personalmente non potrei vivere senza musica e il fatto di trovarmi all'epoca geograficamente lontano dalle cose che succedevano mi creava un forte frustrazione quindi decisi di farle succedere qui.
C'era e ci sarà sempre chi vuole andare oltre il mainstream e quella cosiddetta nicchia aveva bisogno di un faro... poi le le congiunzioni astrali fecero il resto.
Difficile a dirsi cosa rimanga oggi di tutto quel fervore, forse materialmente una manciata di dischi, qualche libro e cicliche celebrazioni ma di sicuro credo che l'epoca in cui capiti ti possa migliorare come persona, renderti più sensibile alla bellezza della vita e quindi più elevato nel giudicare il prossimo.
La nostra generazione è stata il crossover tra l'era analogica e quella digitale anche in senso filosofico, ci si sentiva più umani non perché fossimo migliori ma perché le circostanze ce lo imponevano.

Casale è un essere che non sta mai fermo, lo so. In tutti questi anni hai sempre lavorato a progetti tenendo sempre la musica a vista. Ci farebbe estremamente piacere ascoltare un riassunto di quanto hai combinato dalla fine della grande onda.

Ho sempre considerato “la grande onda” appartenente agli anni settanta, i più bei dischi uscirono tra il 1977 e il 1982 ma per i comuni mortali che non vivevamo nell'epicentro del terremoto l'eco arrivò con un leggero ritardo che sconfinò nel nuovo decennio fissando i nostri ricordi nei cosiddetti “favolosi anni '80”.
In realtà noi, come addetti ai lavori bisognosi di stimoli, iniziavamo a guardare altrove consapevoli che il tramonto della fase più creativa della new wave era vicino.
C'erano due strade: o l'approfondimento più cerebrale delle caratteristiche di quella musica o la riscoperta del passato attraverso il prepotente ritorno dei sixties che stava occupando il vuoto lasciato da un incerta fase creativa.
Alla nostra generazione mancava il punto partenza di questo miracolo chiamato rock’n’roll, ancora troppo giovani nei mitici anni sessanta per assorbire in pieno le vibrazioni di quel big bang.
Così scegliemmo la fisicità e il contatto finalizzati al puro divertimento.
Erano di nuovo la semplicità e l’immediatezza ma questa volta si creava una relazione, non più isolamento, semplicemente un altro aspetto della comunicazione di cui tutti abbiamo bisogno.
Nacquero i VINDICATORS che incisero due Lp e salirono sul palco 120 volte tra il 1987 e il 1992 divertendosi come dei pazzi.
Contemporaneamente, essendo un instancabile ascoltatore di musica prima che un cantante, cercai un posto dove poter fare ascoltare agli altri ciò che mi emozionava e quello che per molti era sconosciuto.
Iniziò così la fase dei locali che va spiegata tornando a quarant'anni fa, nel1980, quando piantai il primo seme creando il MODERN'S CLUB, un locale esclusivamente dedicato alla musica alternativa dell'epoca che non poteva essere che il Post Punk e la New Wave.
Grazie a quel locale, a un negozio di dischi chiamato Pick up nel quale lavoravo e all'interesse che si stava creando attorno ai Frigidaire Tango che stavano per registrare il loro primo album, iniziò a formarsi una cultura locale che traeva interesse da questi stimoli coinvolgendo persone comuni che non necessariamente facevano della musica la loro priorità (almeno fino a quel momento).
Il lavoro “didattico” proseguì con l'acquisizione dello SHINDY Club nel 1982 che diventò meta di pellegrini dark da tutto il Veneto e che rimase fino al 2010 il locale di riferimento.
Fu in quel periodo che iniziai ad organizzare concerti, distribuiti tra lo Shindy e il VINILE, un'altro locale fondamentale per lo sviluppo della cultura giovanile locale nella seconda metà degli anni ottanta.
Oltre a gran parte delle band garage dell'epoca salirono sul palco dei due piccoli club anche nomi illustri come Nico, Jonathan Richman, Paul Simonon dei Clash o gli Opal futuri Mazzy Star.
Verso la fine del decennio concretizzai un'altro progetto, la fondazione della CASAL GAJARDO RECORDS che pubblicò una decina di titoli in vinile di band esordienti.
Poi arrivarono gli anni '90, Lo Shindy viaggiava con il vento in poppa grazie ad un nuovo risorgimento del rock che offriva un ampio panorama di stili e tendenze adatti ad essere ballati e ascoltati, Grunge, Trip Hop, Funk Rock, Brit Pop, Electro Punk ma soprattutto la tanto bistrattata Techno che rivoluzionò nel bene o nel male l'approccio alla musica di un’intera generazione. Ufficializzai la mia attività di organizzatore creando la King Kong Promoter che mi permise di ampliare il parterre degli artisti.
Nel decennio precedente la difficoltà di trovare le cosiddette location adatte non mi permetteva di contattare band più popolari, ero riuscito a piazzare nomi importanti in posti improbabili ma capienti come i Killing Joke nel piazzale interno di un castello medievale, i Suicide in un cinema porno o i CCCP in una balera di liscio ma l'accesso a teatri e palasport si concretizzò all'inizio del decennio.
Fu così che arrivarono a Bassano Steven Brown, David Sylvian, Robert Fripp, i Mano Negra, I Negress Vetres e altri molti nomi illustri.
L'attività in qualche caso si spostò fuori città per gli eventi più sensibili come nel caso di Johnny Thunders, Ramones o Dinosaur Jr.
Non contento di tutta questa iper attività decisi di rilevare alcuni locali per renderli diversi dalle classiche discoteche.
Il Meat Factory, fondato dalla Diesel, nel 1994, il bellissimo Totem Club di Vicenza che feci inaugurare dai Temptations nel 1996 e il suggestivo Monte Cruz nel 1998.
Alle soglie del nuovo millennio rallentai il ritmo grazie alla nascita della mia prima figlia, mi limitai a ristrutturare e ad ampliare come ristorante indiano lo Shindy Club mantenendo la mia costante attività di DJ ( dicasi Disc Joker nel mio caso) e il club continuò ad ospitare artisti di spessore da leggende underground come i Germs o i New York Dolls fino alla scena cantautorale nostrana alimentata dalla “Tempesta” dei Tre Allegri da Giorgio Canali alle Luci della centrale elettrica non dimenticando una serata intima al lume di candela con il genio pazzo furioso di Morgan.
Il club stava cambiando pelle, e nella sua natura di locale avant garde creò uno spazio per nuovi ritmi, l'eclissi definitiva del rock coincise con la fine del millennio e da quel momento liberi tutti, liberi magari di aprirsi ad altri mondi e soprattutto ad altri suoni.
Conoscevo limitatamente il reggae e la musica brasiliana ed iniziai ad approfondire l'argomento che in quel particolare periodo sembrava in fermento e veniva etichettato frettolosamente come Musica Etnica.
Al di là dei generi che noi ascoltiamo perchè abbiamo bisogno di quella particolare vibrazione, esiste in ogni tipo di musica qualcosa che vale la pena di essere conosciuto poichè l'autenticità di un opera trascende dal suo genere.
In questa fase della mia vita evidentemente avevo bisogno di sensazioni più attenuate e sicuramente più spirituali rivolgendomi però a tutto ciò che mi sembrasse in fase evolutiva.
I viaggi in Brasile stimolarono ancora di più il mio interesse e così entrai a far parte di un ensemble di 12 musicisti che amavano i ritmi tropicali e in particolare la samba ma li esprimevano dal vivo con un approccio da rockettari bianchi creando un suono più potente, ruvido e impreciso e quindi caratteristico tanto da definirlo “Combat Samba”.
Chiamammo il gruppo BLOKO MARANHAO da un viaggio mai fatto in quella zona del Brasile.
Suonai il Surdo (Tamburo Brasiliano) per 146 concerti tra il 2002 e il 2006 pubblicando due Cd con la mia etichetta.
Contemporaneamente creai lo “Shindy Splash”, locale itinerante che si piazzò per 8 anni dal 2004 al 2012 al centro del più grande festival europeo di musica reggae.
Tutto ciò non mi impedì nel 2006 a lasciarmi andare a un po' di nostalgia per le mie radici, vuotai gli archivi dei Frigidaire Tango e misi insieme un cofanetto esaustivo della mia band con incluso concerto celebrativo.
La risposta fu lusinghiera e così nel 2009 pubblicammo un disco tutto nuovo cantato in italiano e naturalmente influenzato da tutto quello che c'era stato in quel buco temporale di vent'anni ritornando sul palco per un ultimo tour.
Il progetto Frigidaire non ebbe pubblicamente un seguito ma in realtà in quest'ultimo decennio a nome Frigidaire Tango sono state registrate circa 20 tracce inedite che vedranno la luce solo quando la luce guarderà gli autori.
Nel nuovo decennio misi mano a un vecchio progetto. Nel 1996 avevo creato uno studio di registrazione a Cittadella chiamato anch'esso King Kong come anche un piccolo negozio di dischi rari che avevo aperto nello stesso periodo, in quello studio io e Alessandro Marusso in arte Alex Redsea avevamo registrato una serie di demo acustiche che rimasero in un cassetto per vent'anni, nel 2018 abbiamo deciso di ricavarne dei brani elettrici pubblicati recentemente sotto il nome di CONVENTIONALS, si tratta di materiale classico, da delicate ballate folk a impetuose cavalcate rock.
L'ultimo progetto in ordine di tempo è del 2019 ma si concretizza durante il primo lockdown, tutti stretti tra pandemia e tecnologia ma con molto tempo a disposizione, costretti a stare a casa ad ascoltare un vecchio disco o magari a leggere un libro o più semplicemente a riflettere su chi siamo.
Avendo già riflettuto a suo tempo ho deciso invece di completare questo disco chiamato Loop Life.

So che ancora giri i dischi, tra l'altro anche in un altro storico punto di riferimento della zona, il Vinile di Rosà. Cosa è cambiato in tutti questi anni, come e chi è la gioventù che frequenta le un tempo 'discoteche di tendenza', oggi?

La discoteche sono ormai un retaggio del passato e questo momento gli sta dando il colpo di grazia.
Per fortuna le forme di aggregazione non smettono di esistere ma la percezione del divertimento cambia nel tempo.
La musica rimane il collante ma il più delle volte è depotenziata di contenuti e rimane fine a se stessa.
La mie rare apparizioni sono di solito collegate a serate celebrative di miti comuni da Bowie ai Joy Division o a qualche data organizzata per vecchi amici fraterni come i Fleshtones o Federico Fiumani e i suoi Diaframma.
La presenza giovanile è risicata ma comunque presente e la curiosità ogni volta viene soddisfatta.

Verso la fine del 1980 - correggimi se sbaglio data - Carlo Casale decide di aprire una label, la Casal Gajardo Records. Nel suo catalogo i Vindicators, ovviamente ma anche formazione come gli ottimi Scary Melodies o, i per me tutt'ora meravigliosi Alice in Sexland. Come mai la decisione di aprire una tua etichetta discografica e soprattutto quale è stata la molla che è scattata provocando la sua riapertura nel 2020 con una serie di nuove uscite che poi andremo a scoprire.

Era il 1987 quando concretizzai il progetto. Tutta quella controcultura locale si era tradotta in un proliferare di band che stavano creando una scena di un certo rilievo e meritavano un minimo di attenzione, fino a quel momento avevamo prodotto nel nostro studio alcune demo di cult band come gli ormai leggendari Death in Venice o gli Art Core di uno sconosciuto Pierpaolo Capovilla e pubblicato l'unico ep degli apprezzati D'As Hirth, ma fu con il primo album degli Scary Melodies che iniziai a dare un seguito al catalogo producendo tra gli altri l'esordio degli Alice in Sexland, un disco straordinario che consiglio a tutti, le compilation dei Rock Contest del Vinile Club che sono una testimonianza istantanea della scena a cavallo del decennio, o ancora la prima stampa in vinile dei Futuro Antico, progetto parallelo di Walter Maioli degli Aktuala.
La voglia di rimettere in sesto l'etichetta dopo dieci anni è tornata nel momento in cui ho riaperto gli archivi e trovato materiale inedito di band italiane e registrazioni live di ottima qualità, a questo si aggiunga il fatto che un po' di tempo fa Gianlorenzo Giovannozzi mi chiese se lo aiutavo a comporre una playlist di materiale inedito di band venete per la compilation 391 Veneto Wave, vera e propria raccolta di perle che fotografa l'essenza e la purezza di band che si esprimevano in buie cantine nelle quali scendevo con un piccolo registratore per catturare una sorta di involontaria instant art scevra da qualsiasi artifizio. Colsi l'occasione per radunare per una notte alcune di quelle band e dentro ad un Vinile sold-out sfilarono Frigidaire Tango, Wax Heroes, Plasticost, Degada Saf, Isolamento, Lynx Avenue e Bobby Watson, una serata memorabile.

Un excursus sul nuovo catalogo a questo punto è d'obbligo. Chi lo compone e chi andrà ad aggiungersi?

Il nuovo catalogo sarà suddiviso tra una collana retrò che pubblicherà materiale dal vivo inedito di band sconosciute dell'epoca come New Design o S.S. Band, ma anche nomi più popolari come Gaznevada o CCCP, e verrà distribuita dalla Go Down Records e una che guarderà al presente
includendo, oltre alle mie personali produzioni, artisti che riescano a farmi provare una qualche emozione. Nell'attuale scuderia ci sono i già citati Conventionals di cui faccio parte, band che ha radici negli anni 90, i Sam Onso & the Kiters con il loro Greatest Hits Lockdown Lion e poi il sontuoso ritorno dei Degada Saf con “Foresto” che sembra un vademecum dell'elettronica degli ultimi 30 anni.

L'altra grossa novità è il tuo ritorno davanti al microfono che devo dire sorprende per intensità e costruzione musicale. Spiegaci cos'è Loop Life e il perché della sua uscita.

Il momento cristallizzato della nostra esistenza e questa drammatica e affascinante clausura mi hanno sicuramente stimolato a livello creativo.
Alla fine degli anni 90 avevo preso in gestione un piccolo locale immerso nel verde e situato in cima a una collina chiamata Monte Crocetta che noi ribattezzammo subito in “Osteria Moderna Monte Cruz”, era a due passi dal centro di Bassano e dominava la zona ovest della città, Nell'appartamento al piano superiore avevo piazzato una serie di synth e groove box con i quali improvvisavamo ore di musica in totale libertà, non usavamo nessun computer ma soltanto un masterizzatore che catturava in diretta qualsiasi cosa facessimo sfornando decine di cd.
Da tutto quel materiale nel 2001 ricavai dodici tracce che finirono nel cd “Monte Cruz Session” (https://www.jamendo.com/album/70650/montecruz-session?language=ite) e nel 2018 analizzando altre 80 ore misi insieme il più corposo “Electronic Vintage” composto da 35 tracce. (https://soundcloud.com/carlocazale/sets/electronic-vintage-2002)

Queste esperienza mi ha portato a provare ad usare l'elettronica in modo più casuale e improvvisato e quindi più spontaneo, per poi, come in un processo inverso, operare un lavoro di taglia e cuci creando brani che nascono più dal cuore che dalla mente.
Ho utilizzato lo studio ma molte parti sono fatte a casa e questo è un aspetto molto interessante del lato positivo della tecnologia, puoi rimanere ore concentrato a perfezionare quello che stai facendo senza l'assillo del tempo che passa che in uno studio faresti fatica a permetterti.
Oggi si può far musica con la musica mescolando frammenti a strumenti suonati senza paura.
Il mio principale obbiettivo in Loop Life era quello di non avere limiti nella scelta dei suoni, ci sono infinite possibilità a portata di mano e volevo crearmi un genere personalizzato.
Ho usato suoni minimali e ritmiche Trap perché mi piace la loro profondità ma le ho combinate con strumenti tradizionali dando al tutto un tono cantautorale per umanizzare la presenza dell'elettronica ... volevo ascoltare qualcosa che non avevo mai sentito prima.

Che mi dici dei testi, a chi si rivolgono.

All'umanità.
Faccio fatica a non esprimere concetti e mi sento profondamente anarchico quindi l'asservimento a qualsiasi potere mi ha sempre creato un senso di disagio che puoi combattere con la fuga dalla realtà o scrivendo canzoni che parlano di amore universale sperando di risvegliare qualche coscienza sopita. In definitiva credo ci sia della poesia contaminata che non fa mai male.

Ad ascoltarlo sembra quasi un viaggio dentro il ricordo, nella memoria. Trasmette affascinante spleen che si esemplifica in tracce come ad esempio Monte Cruz, uno strumentale che segue andamenti rough legati ad una disciplina trip-hop dimenticata e di notevole poetica.

Tanto ti do ragione sull'accostamento al Trip Hop quanto involontario lo è stato.
Era uno dei miei generi preferiti degli anni 90 e può essere che inconsciamente abbia fatto riemergere certe atmosfere di oscura psychedelia moderna.

Pensi di portarlo in giro, una volta finita la tempesta, o credi sia un'esperienza destinata a rimanere fissata su disco e punto.

E' nato come esperimento e non ho mai preso in considerazione l'idea di portarlo in giro ma ultimamente ho iniziato a riarrangiare i brani con la mente per capire le varie possibilità e non è da escludere che qualche brano possa finire on stage.

Prima di chiudere una domanda che si deve porre a chi da decenni si occupa di musica. Come la vedi questa affannata e stanca scena 'alternativa' italiana.

La scena alternativa italiana è semplicemente invecchiata ed è diventata solo alternativa a se stessa.
Se è vero che la musica si sviluppa dal basso il pallino è in mano a chi vive la propria gioventù nelle strade come del resto abbiamo fatto noi, è lì che nascono le scene. A tal proposito, caro Mirco, ti stupirò dicendoti che ho fatto un serio viaggio conoscitivo dentro il mondo della tanto vituperata Trap che nel bene o nel male si è presa tutti gli spazi a disposizione cambiando radicalmente la forma della musica ma non i suoi contenuti che in certi casi, nel loro parossismo, sono molto più autentici, crudi e attuali di quanto non si pensi.
E' difficile da digerire lo so ma se si fa uno sforzo (come non lo fecero i nostri genitori quando videro i Sex Pistols) e si cerca di capire cosa sta succedendo si può scoprire che c'è qualcosa di reale che vale la pena di essere osservato molto più di qualsiasi Talent show del cazzo.

L'ultima domanda solitamente la si dedica ai progetti futuri. Avevo sentito da voci di corridoio che stavi lavorando ad un libro. Confermi?

Il libro è completato, copre un arco di tempo che va dal 1974 al 1996 e racconta fatti vissuti nei back e front stage di tanti concerti che ho visto e organizzato.
Vorrei fare uno sforzo e renderlo illustrato accompagnandolo con il materiale fotografico che ho raccolto nel tempo. Il 2021 potrebbe essere l'anno buono.

Ah si! Charlie, is Vic still there?

Vic è ancora lì e soprattutto qui perchè la notte è giovane, l'atmosfera è dolce e c'è musica nelle mie orecchie.

 
 

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