Hei ja kiitos kaikesta, Alexi

(“Ciao e grazie di tutto, Alexi.”)

15 Gennaio 2021

È il primo lunedì di questo 2021.

La situazione non è di certo variata, la semplice datazione non può cambiare l’enorme bagaglio pieno di incertezze, dubbi, circostanze strane e caotiche del periodo precedente che ora ci dobbiamo portare appresso.

Nonostante la giornata uggiosa e il fattore monday, la tazza di thè caldo che ho tra le mani sembra dare quel comfort ricercato da tempo, e farmi dire, con più fermezza rispetto ai mesi precedenti, “ce la farò”, “andrà tutto bene”.

Apro il browser, e la notizia che mi si presta davanti mi scuote tuttavia più del previsto: ad andarsene, questa volta, è Alexi Laiho


Ex-frontman della leggendaria band melodic death metal Children Of Bodom, non è stato solamente uno tra i chitarristi e songwriter più badass che abbiano mai solcato il suolo finnico, ma, banalmente, anche uno dei più grandi "compagni di viaggio" che io abbia mai avuto, musicalmente parlando.


Alexi, o “Wildchild, il "ragazzo selvaggio", era uno di quei geni che hanno dovuto fare i conti con loro stessi troppo presto (41 anni non sono pochi, ma nemmeno troppi) ma che, d'altro canto, ha lasciato un enorme vuoto dentro il cuore dei fan, e un'eredità musicale di tutto rispetto. E la risposta della comunità metal, e non solo, ne è un esempio.


Un vero animale da palco, oltre ad essere un enfant prodige.

Il Live in Stockholm del 2006 ne è la perfetta rappresentazione: un'esplosione di pura energia, un connubio di virtuosismi di barocchiana memoria e di grande tecnica - la sua formazione classica non aveva nulla da invidiare al Malmsteen o allo Steve Vai di turno, portandolo presto nell'Olimpo degli Dèi della chitarra elettrica - spesso accompagnati dalla tastiera di Janne Wirman, con il quale era solito duellare (il rimando a l'accoppiata Rudess-Petrucci dei Dream Theater è presto fatto) regalando belle, ma davvero belle emozioni.

E poi devi essere abbastanza figo per avere la tua signature, la tua chitarra personale, come può essere quella di Angus Young, di Tony Iommi, o di uno Zakk Wylde al quale ti ispiravi negli ultimi tempi. 


Mentre sfoglio le notizie e rispolvero gli album di quelli che furono i vecchi fasti della Hate Crew, posso solamente pensare ad una cosa: “Dannazione, infame, non avevi intenzione di mollare mai!”. 

E forse era meglio così. 


A 14 anni aveva già fondato gli IneartheD, i “proto-COB”, a 18 avveniva la pubblicazione di Something Wild, ventata d'aria fresca e portatore di innovazione per il genere. 

Susseguono divini album come Hatebreeder, Follow The Reaper, Hate Crew Deathroll, e sperimentazioni industrial-thrash come Are You Dead Yet? o Blooddrunk, fino al più recente Hexed, il cui livello tuttavia non raggiunge quello dei prodotti della "Golden Era".

Poi le collaborazioni con gli Impaled Nazarene, con i compaesani Thy Serpent, il sodalizio musicale con il supergruppo dei Sinergy, le collaborazioni con i Norther

Per non parlare della recente nascita dei Bodom After Midnight, avvenuto in seguito allo split-up della band principale e che purtroppo non vedrà la luce per beh, ovvie motivazioni.


Sapeva di avere i giorni contati e nonostante tutto ha preso una decisione da true frontman: continuare, in punta di piedi.

Perché forse aveva ancora tanto da dire.

E perché "lo show deve andare avanti".

Ora la tazza si è raffreddata, e nemmeno la quantità industriale di zucchero che ho versato riesce a togliermi l'amaro in bocca.

Hai risvegliato sentimenti che credevo assopiti, e riaperto il famoso cassetto dei ricordi che credevo di tenere in soffitta.


Mi rimane soltanto una cosa da dirti, o Wildchild, e lo dirò in lingua suomi, la tua

"Hei Ja Kiitos Kaikesta".

"Ciao e grazie di tutto", Alexi.


 
 
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