Padovaland

Periferia padovana. Tra feste di laurea e villette a schiera.

14 Febbraio 2021

PADOVALAND, Miguel Vila (Canicola, 2020)

Chi è Miguel Vila? Miguel, classe ’93, è un fumettista padovano. Laureatosi a Venezia in Pittura, ha poi frequentato il corso di Linguaggio del fumetto all’Accademia delle Belle Arti a Bologna. Padovaland, la sua prima opera, è un fumetto molto interessante che riesce a suscitare sensazioni che a volte si scontrano.

Miguel, attraverso i suoi disegni, ci racconta la periferia di Padova e lo fa mediante una prospettiva particolare. Il suo intento è proprio quello di raccontarla così com’è, per come appare agli occhi di una ventenne qualsiasi, magari prossima alla laurea.

Dentro troviamo le varie storie dei personaggi che si intersecano fra loro, regalandoci una visione della provincia padovana tutt’altro che banale. Incontriamo, per esempio, Irene, una ragazza che al supermercato subisce il mobbing delle sue colleghe e che prova sulla sua pelle il pregiudizio; o ancora Giulia, prossima alla laurea, che passa le giornate a girare in bicicletta alla ricerca di scatti perfetti di depositi d’acqua per la tesi sull’architettura della periferia veneta e vittima di stalking da parte di Andrea, un ragazzo invaghitosi di lei che, a sua volta, viene maltrattato dalla fidanzata. E poi abbiamo Fabio, fratello diciamo poco responsabile di Irene, intrappolato in provincia con una cotta per Catia, amica della sorella, che subisce continue attenzioni indesiderate.

Insomma, il fumetto ci riserva e ci dona una lettura all’insegna della realtà, di tabù sdoganati, di crudele quotidianità della provincia. E il tutto è accompagnato da vignette di color pastello, che risultano a volte quasi come un ossimoro rispetto alla forza delle scene rappresentate da Miguel. Quelle scene talvolta così impattanti e talvolta intrise di serena abitudine, circoscritte in un’ambientazione costituita da villette a schiera colorate, piccoli bar, campi e stradine.

E’ un’opera che ti permette di entrare in contatto con la provincia. La provincia padovana che si apre al lettore e che si lascia scoprire per la sua interezza. SI lascia conoscere per quella che è, senza troppi giri di parole.

Diciamo che la sintesi perfetta e l’essenza di tutto ce la regalano la prima e l’ultima vignetta, ovvero la scritta sull’asfalto davanti alla villetta “Luisa torna da me ti prego” che si trasforma in “Luisa troia”.


Segue una breve intervista per iniziare a conoscere meglio il nostro fumettista e la sua prima graphic novel.

Facciamo un passo indietro rispetto al tuo primo lavoro, Padovaland. Com’è nata la passione per il disegno e il fumetto?

Allora… i miei genitori mi hanno detto che disegno da sempre. Ho iniziato praticamente a disegnare dai due anni e già quando ero piccolino avevo un sacco di voglia di fare fumetti e raccontare storie, ma non riuscivo mai a finire i fumetti. Poi da ragazzo, alle superiori, ho frequentato il liceo artistico Modigliani a Padova e dopo le superiori, sembrerà non centrare niente, ma ho iniziato a frequentare l’Università di Pittura a Venezia per quattro anni. Può sembrar non centrare niente con l’arte del fumetto, infatti la cosa più logica era che andassi a fare il corso di fumetto; ma in realtà da questo corso di pittura ho imparato un sacco di cose. Ho imparato moltissime cose riguardo le composizioni e, soprattutto, anche di impostazione di lavoro e lavoro artistico in generale.

Mi laureo e dopo la laurea ho deciso di frequentare a Bologna il biennio di fumetto all’Accademia delle Belle Arti, il corso di Linguaggi del fumetto. E inizio, diciamo, a canalizzare le abilità sul fumetto integrandole comunque con le conoscenze che mi sono portato dietro dalla laurea a Venezia.

Com’è nato Padovaland?

Ok allora, beh l’idea del fumetto mi è nata durante il biennio all’Accademia a Bologna, ma già da molto avevo intenzione di raccontare la provincia ma in senso positivo, non in senso negativo. Mi ha sempre affascinato la provincia di Padova, che diciamo in qualche modo completa il nucleo storico della città ed oggi, come possiamo vedere, è completamente urbanizzata; per questo non volevo raccontare la solita provincia in modo, diciamo, grottesco, ma volevo raccontare com’è veramente com’è la provincia di Padova e la provincia in generale, comunque in senso positivo.

Com’è nata l’idea di raccontare la provincia padovana?

Ho deciso di raccontare la provincia perché in provincia, come in periferia, diciamo che mancano le regole, quindi diventa tutto più ambiguo, senza regole e il tutto si trasforma in un’opportunità creativa. Diventa tutto senza regole. Ad esempio, se avessi deciso di ambientare il mio fumetto a Padova e raccontare Padova, avrei dovuto attenermi a certe regole, quindi a un ambientazione più rigida come la giusta collocazione dei siti turistici. Invece la provincia la vedo come un luogo, uno spazio senza regole, dove tutto è più libero e questo mi ha consentito di essere più creativo e di esprimermi al meglio. Tutto parte da una città per poi sgretolarsi. E’ come se quelle regole si sgretolassero.

E attraverso i disegni sei riuscito a far trasparire tutto questo.

Beh io vivo all’Arcella e da quando ero più giovane mi è sempre piaciuta la provincia e il suo contesto. Infatti quando ero ragazzino mi piaceva partire in bicicletta e fare giri eterni in esplorazione della provincia e ci passavo più ore e, diciamo che intraprendendo spesso questi viaggi di esplorazione, ho allenato gli occhi e quindi ho sviluppato sempre più una coscienza e sono entrato sempre più in sintonia con il mondo della provincia e comunque ho accompagnato certo questa mia curiosità con libri sulla provincia veneta, in particolare. E’ come se mi fossi creato questa piccola identità provinciale in testa per poi riprodurla.

La cosa che mi ha molto interessata sono le tematiche che hai trattato nel tuo fumetto, in modo diretto direi.

Eh sì io ho voluto ritoccare i personaggi in modo azzardato e quello che non volevo era alleggerire troppo i personaggi, che comunque sì è un lavoro che è stato fatto, ma volevo mostrare i personaggi nel modo più umano possibile e, quindi, anche evidenziare le sfaccettature diciamo negative delle persone e certo, ci sono degli aspetti che è giusto alleggerire e velare un po’, ma ce ne sono altri invece che necessitano di essere esposti, di essere messi sotto una luce, di essere portati alla ribalta. Insomma, bisogna mostrarli di brutto.

Infatti, a me sono quasi sembrati come degli eterni adolescenti impossibilitati a realizzarsi. Come hai pensato di strutturarli e quale connotazione hai voluto dare ai personaggi?

Beh… ho voluto e cercato di trattare i personaggi senza troppe pretese. I personaggi, infatti, sono come detto prima molto umani e non ricercano la perfezione. Non ho voluto ricercare la perfezione, ma anzi ho voluto ricercare l’espressività del personaggio che è propria, poi, dell’essere umano. I personaggi diciamo che sono dei ventenni (la maggior parte almeno) e sono in una fase della vita in cui sono costretti ad iniziare ad entrare nell’età adulta e mi sono riconosciuto un po’. Gli adulti che si comportano da adulti sono bravissimi per carità, ma mi piace mostrare quegli adulti-adolescenti, quegli adulti destinati a non crescere e a rimanere degli adolescenti per sempre.

Mi sono comunque ispirato alle mie conoscenze. Alcuni personaggi sono spiccicati ad amici e persone che conosco, ovviamente i loro caratteri e i comportamenti sono frutto della mia fantasia.

Secondo te il contesto della provincia enfatizza in qualche modo le sfaccettature dei tuoi personaggi o potremmo fare lo stesso discorso anche se fosse ambientato in città?

Beh secondo me è possibile rappresentare questi personaggi nel contesto della città, poiché alla fine ormai è tutto unito. Ormai le province, le periferie sono urbanizzate e quasi tendono a offrire più della città, è come se non ci fosse più alcuna differenza. In provincia troverai sempre quello magari non bigotto e in città si può comunque trovare la persona bigotta e diciamo “provinciale”. Quindi ormai non è più nero o bianco, ma ormai sta diventando sempre più un tutt’uno. E’ vero che le persone in centro sono diverse, ma le persone si intercambiano tra città e provincia. In provincia e in città puoi trovare entrambe le realtà. Diciamo che questa ambiguità della città che diventa un tutt’uno con la provincia, crea quella situazione interessante che si rivela essere un terreno fertile per fare una storia, per raccontare una storia.

Hai altri progetti e lavori in programma?

Sì! Sto continuando a scrivere e a lavorare qualche storia e sono in cerca di un editore, ma arriveranno altri fumetti.

Canicola è un’associazione culturale nata a Bologna nel 2004. Si occupano di divulgazione della cultura del fumetto attraverso un progetto editoriale di ricerca in ambito grafico e narrativo, la promozione di giovani artisti, esposizioni e workshop. Il progetto editoriale è la base di tutte le attività dell’associazione.

 
 

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