Anomalia Sanremo 2021 Day 4, o un CIAO, 2020! Fatto male

Pensavo fosse show... invece era un calesse

6 Marzo 2021

Premessa logica: questi sono pareri personali, un talk schietto sulla musica e sullo show, che finiscono dove finisce il mio gusto, sperando di non aver davanti qualcuno che debba per forza sentirsi diri solo il suo stesso pensiero. Dunque be humble, non prendetela sul personale!

20.40. Pubblicità e si parte. Pubblico assente in sala, solo palloncini, ma sostanzialmente cambia poco rispetto al solito, e poi con la line up di questo 2021, totalmente anti old boys, hai voglia. Che bello tornare a beccarsi gente buttata nella mischia della recita di fine anno - only improved version - con un due maschi bianchi che fra una battuta cameratesca e l’altra presentano i partecipanti. Sarebbe stato bello il contrario: Matilda De Angelis, Elodie, Beatrice Venezi (ad es.) al comando delle serate, al centro di una narrazione differente. Non basta dare i fiori pure alla controparte maschile, sembra quasi un trailer di Maccio: una chance de la chance sprecata. Invece ci troviamo con un alternative take dei quiz pre-cena, nell’impostazione, più un Fiorello (dalla legacy incontestabile) che qui sembra essere tornato al Karaoke.

E la musica? Ah la musica quest’anno - questa serata in particolare con i tutti i suoi bei 26 nomi in cartellone sul palco - si dimostra per quel che è. Un cambio generazionale tentato, apprezzabile certamente, che stenta a decollare, ovvero molti hanno preso il loro stile e adattato all’ammore romantico, desueto nel 2021, facendo il compitino, cavandosela chi meglio e chi peggio. Qualsiasi introduzione, attenzione da parte dei conduttori agli artisti in gara non è pervenuta, se non fosse per Beatrice che giustamente sottolinea e ringrazia l’importanza dell’orchestra, del loro lavoro (mai come ora), dimostrando come, oltre le belle parole, sul lungomare della città dei fiori è già un mazzo gettato al largo.

Ci sono tentativi di sabotaggio al futuro della musica nostrana come gli Extraliscio, scappati dalla festa del paesello che tanto fa stereotipo dell’Italia all’estero; c’è Willie “luogo comune sulla musica odierna” Peyote che invece sembra scappato dal discorso del politico medio impegnatoh. Ci sono Fedez e Francesca Michielin: lei cresciuta tantissimo, una sicurezza assurda e uno stile impeccabile; lui in feat. ci sta benissimo e si vede quanto si stia impegnando. Però, impatto alla mano, Federica Carta e Shade erano messi meglio sotto il profilo del songwriting.

Poi ci sono i vari emergenti che sono tutti… come si dice… “fuori tempo massimo”, rappresentanti di una verve it pop classe 2014 più che 2021. Rimandati e cambiate produttori. Fa eccezione a parte Davide Shorty che con il suo nu soul porta classe, eleganza e speriamo sia la volta buona spicchi il volo, senza però diventare il Volo.

Annalisa e Noemi performano dei pezzi classici, apprezzabilissimi se piace stile, musicalità e assenza di groove, elementi diversi in Gaia: il suo beat latin potrebbe ricordare una neo Elettra ad ascoltatori disattenti e vetusti, ma in verità ha tanto da dire, forse non il suo brano più forte, e si farà sentire. Per me una promessa, ascoltabile anche nella playlist Playground Soul by Playground - Hoops n Records from Radio Sherwood, con Chega.

Tutto il resto è abbastanza dimenticabile e soprassedibile, andando così ai due brani migliori della kermesse sospesa tra un Sanremo old school e un Mi Ami inizio anni Dieci (manca solo una prod. di Paradiso e ci saremo).

Madame - Voce: sbocciata. Letteralmente sbocciata. Come un pomeriggio assolato e tiepido di primavera dopo una mattinata nebbiosa e val padana. Una canzone scritta bene, interpretata meglio, prodotta come il 2021 vuole, necessità, brama. Ha fame, vuole voce per l’appunto. Lei svetta sopra tutto e tutti, scrolla di dosso la polvere di ascolti stantii e racconta nella metafora (forse, lettura personale) di desiderio e libidine, acquisto e perdita continue d’essi, e così facendo di desideri di vita connessi a ispirazione e creatività. La Voce vuole rimanga nel tempo: la sua pulsione a vivere, a guardare avanti, uno struggle atavico che prende forma dalla densità emotiva del cantautorato italiano portandolo ad un livello intimo, ma chiaro. Intellegibile da molti. La prod. di Dardust si comprende, e si nota pure l’impianto ritmico a là Soldi.

Ghemon - Momento Perfetto: chi lo ascolta dai tempi di Qualcosa Cambierà Mixtape sa bene della vena soul, della passione per Neffa, del voler miscelare rap e canto. Pensavo di averlo perso anche lui nelle canzoni d’ammore, manco fosse a due passi dell’altare (dio stesso ce ne liberi, per carità!), bensì torna con un singolo da KG che sa di nu disco, levigata abbastanza dal pop. Una canzone da ballare o ascoltare lungo le passeggiate o con gli amici quando di sti cazzo di vaccini arriveranno. Must seen il video-citazione a Blues Brothers e Aretha Franklin.

Ma dove stanno Colapesce, Di Martino, Coma_cose, Maneskin? Bè, nel limbo fra potrebbero aver fatto bene ma hanno fatto così così. Menzione d’onore per i primi due grazie ad un pezzo che ricorda We Are the People degli Empire of the Sun e Julio Iglesias - Se Mi Lasci Non Vale (thanks to my bro Salvatore). Non è una critica, anzi, due pezzoni a cui ispirarsi.

Quello che mi sono chiesto in chiusura è: perché tutti questi esseri umani seguono uno show del genere? Perché questo chiacchiericcio in particolare quest’anno, maggiore degli ascolti?

Sanremo è l’evento polarizzante in pro e contro per antonomasia del mondo musicale nazionale, e a livello comunicativo il conflitto della narrazione che viene fuori non è certamente relativo alla qualità, ma a quanto al di là di tutto non vogliamo essere esclusi da un elemento della cultura popolare, fondante per ognuno. E dunque ecco chi sviolina e chi critica. Vogliamo tutti fare parte dello stesso gioco, poppettari e snob, addetti ai lavori e persone comuni. Tale dinamica in quest’anno lontano della c.d. “normalità” emerge ancora più forte: non è più soltanto il voler fare parte del dibattito mediatico, ma in aggiunta si profila la ricerca di un concetto di normalità perduta che Sanremo, classico irrinunciabile d’essa, rappresenta nel fior fiore dei modi. Due conflitti, due narrazioni che si sovrappongono come una matrioska, perché, al di là delle sovrastrutture identitarie di ognuno, alla fine quel che cerchiamo è lavorare, incassare, mangiare, scopare, bere, goderci passioni e amici, perseguire il desiderio di esserci, di vivere leggeri, facendo cose che rimarranno indimenticabili per noi e per chi abbiamo attorno. Ed è per questo che Madame e Ghemon hanno incarnato nel migliore dei modi la wave sanremese 2k21.

Un grazie per il suggerimento del titolo a Fabio della webzine

 
 
loading... loading...