New Adventures In Lo-Fi: Lo-fi? Lo fanno di altissima qualità!

Review dell'ultimo full-length "Godspeed"

7 Maggio 2021

Recensione (a cura di Andrea Boiani)

Il mio costante contatto con il Brutto Posto di Padova mi inserisce sempre di più in quella scena underground che purtroppo dista quasi 700 km da casa mia, quella del Nord-Italia, la quale si mostra ricca di sfaccettature e soprattutto prolifica di perle assurde.

Ed è proprio la collaborazione fra le quattro etichette: Dotto, Scatti Vorticosi, Floppy Dischi e il Brutto Posto che porta alla luce l’ultimo lavoro in studio dei New Adventures In Lo-Fi e non c’è da stupirsi visto che oramai le suddette etichette sono una garanzia musicale colma di qualità e passione, e, specialmente in questa release, all’insegna del sentimento (quindi viste le mie precedenti reviews, potete immaginare la gioia che mi da ascoltare infinite volte e recensire un album parecchio emotivo come questo).

Godspeed esce lo scorso 23 Aprile. Ad un primissimo ascolto si capisce subito che le cinque tracce non peccano di manie di protagonismo, sono tutte pesate a dovere e posizionate nell’ordine migliore per accompagnarci delicatamente nel lungo sentiero della nostalgia. Arrivando a parlare in maniera tecnica, il trio congiunge vari elementi della musica emotiva ma non necessariamente passando per l’Emo. Infatti sentiamo come le chitarre arpeggiate in riverbero stile Dream Pop, che strizzano l’occhio ai Red House Painters, amalgamino perfettamente gli altri elementi nelle strofe di In Beetwen e andando anche sull’arpeggio leggermente crunchy della opening track e primo singolo, Double Negative.

Per “altri elementi” intendo una sezione ritmica di perfetta intesa fra basso e batteria, la quale spesso si avvicina ad un portamento volto a creare un groove richiamante una drum machine, tipo il drumming Nugaze dei primi Silversun Pickups, ma con piccoli cenni di personalità al posto giusto per ricordarci che quel groove così impeccabile è opera di mani umane: parlo di pezzi come Mild e Dark Knights (il secondo singolo), dal quale ritmo serrato implode un ritornello che ci fa fluttuare nello spazio-tempo delle nostre mancanze, sempre grazie ad arpeggi e linee vocali profonde, merito dei timbri caldi delle voci del trio che spesso si sovrappongono in armonie cullanti: è lo splendido caso di Lovely Bones, il mio preferito dei tre singoli, dove un verso in particolare dice: «Being alone is the start for us all».

Niente di più vero, visto che non appena ti metti sotto le coperte per dormire in totale solitudine, il cervello si accende e via con monologhi, pensieri, sogni ad occhi aperti… Tutte manifestazioni astratte della mente che questo splendido disco può solo amplificare. Quindi se siete drogati di emotività musicale, l’album in questione non può mancare nella vostra collezione. Se invece non lo foste, beh… è il caso di iniziare ad esserlo.Buon ascolto e buon viaggio.

Intervista (a cura di Matteo Molon)

Raccontare tramite domande trasversali e basta un disco come Godspeed rischierebbe di non rendere giustizia alle storie dietro ogni pezzo. Per questo ho scelto di portarvi attraverso un track by track dove i New Adventures ci raccontano i dietro le quinte di ogni brano.

Double Negative è una canzone d'amore, come tutte le canzoni di questo EP. Dentro ci sono un sacco di interrogativi e doppie negazioni che in latino corrispondevano ad affermazioni, in italiano non è mai stato molto chiaro; ma no, non è un trattato di linguistica. È una canzone scritta correndo veloce e pensando forse troppo. Poi è anche una canzone sul cadere, possibilmente in piedi, senza farsi troppo male.
Il titolo Dark Knights è un palese riferimento al Batman di Nolan in cui c'è Heath ledger che si è ucciso durante le riprese. La canzone racconta di un amore felpato, silenzioso, tra due persone che hanno perso tragicamente il proprio partner e si trovano a condividere il lutto nel modo più costruttivo che possa esistere, rimettendosi in gioco come coppia. Queste due persone sono phil Elverum (The Microphones, Mount Eerie) e l'attrice Michelle Williams e il loro matrimonio è stato reale e molto romantico. Qualche mese dopo aver scritto il testo, i due hanno divorziato, ma questa probabilmente è un'altra storia per un altro album. Ci manca molto suonarla dal vivo, ci siamo riusciti un paio di volte ed è stato bello.

In Between è quel tempo durato 7 anni che segue un'importante relazione finita con una porta chiusa male e precede un incontrarsi di nuovo, riaprire timidamente quella porta con consapevolezze e aspettative diverse. I ricordi sbiadiscono nel tempo, alcune cose restano le stesse. Musicalmente è il pezzo più dark che abbiamo scritto, la nostra A Forest, che in qualche modo ci fa sentire ormai più vicini a una scrittura new wave figlia dei Cure, un po' fuori dai binari dell'emocore su cui abbiamo spesso viaggiato. Con Godspeed ci sembra di aver virato verso un sound più essenziale e scuro, ma non cupo. Sarà la vecchiaia?

Lovely Bones è ispirata dal meraviglioso romanzo omonimo di Alice Sebold (noto soprattutto per il film diretto da Peter Jackson) e dal terzo episodio della serie di videogiochi Bioshock, Bioshock Infinite (modalità nerd: on), in cui compare in continuazione la canzone popolare americana Will the circle be unbroken; dentro Lovely Bones ci sono una serie di riflessioni, considerazioni e consigli che un defunto regala dall'aldilà a una persona cara ancora in vita. Parla dell'apparente ineluttabilità delle proprie scelte, della ciclicità soffocante del tempo e di quanto queste preoccupazioni possano sembrare ininfluenti a chi è dall'altra parte della fine. È venuto fuori un pezzo praticamente shoegaze, semplice e dolente.

Mild è l'ultimo pezzo che abbiamo scritto e infilato dentro Godspeed. È nato poco prima della pandemia, come strumentale. Poi ovviamente è diventata la canzone con il testo più lungo dell'EP. Mild significa "lieve" o qualcosa di simile. In tempi difficili, ricercare la leggerezza nella sua accezione più positiva è una sfida importante. A tal proposito nessuno di noi tre ha mai pronunciato la parola "Mild", per noi questa canzone si chiama "Va portato d'urgenza" in onore del gatto di Paolo Brosio. Ecco.

Domande bonus:

Nel vostro ep ogni brano ha un focus sonoro – a mio sentire – sulle batterie, in quanto giocano un ruolo fondamentale nel dare struttura e vigore ad ogni canzone, e ciò richiama molto un uso “jazz” di esse. Da dove deriva, se presente, questo approccio?

Con Godspeed è stata data molta importanza ai suoni di batteria e ai groove in generale, l'idea era quella di avere una ritmica meno rock del solito e più pulsante, ripetitiva, in cui ogni minima variazione fosse importante ed emergesse chiaramente. Non sappiamo se "jazz" sia il termine giusto, ma sicuramente ci si è voluti distaccare dall'approccio ritmico indie-rock del nostro album precedente, Indigo, in favore di qualcosa che facesse muovere di più la testa.

Secondo voi di questo anno e mezzo di covid e lockdown vari, quali sono i cambiamenti (di ogni tipo) che rimarranno a lungo nel lavoro del musicista?

Bella domanda. Ti possiamo dire che noi non abbiamo creduto molto nella svolta streaming di questo periodo nero. Probabilmente è un approccio su cui non ci sentiamo particolarmente a nostro agio, mentre per altri è stata un'opportunità da sfruttare; crediamo semplicemente che la musica sia e debba restare condivisione pura, fisica. I live, ma anche le prove, le registrazioni. Godspeed l'abbiamo registrato tutti insieme tra un lockdown e l'altro, nulla è stato fatto a distanza e non ci è mai venuto in mente di inventarci qualche bizzarra sessione live su Zoom. Non ci vediamo da settembre - siamo divisi tra Torino e Verona e i DPCM in questo non aiutano - abbiamo voglia di rimetterci al lavoro su nuove canzoni, ma lo faremo solo quando potremo trovarci in studio, tra qualche settimana.

Speriamo che il vero cambiamento (al di là di una inevitabile fase di ritorno al live con pubblico seduto e distanziato) possa essere il mettere in discussione un sistema malfunzionante già da prima della pandemia, fare dei passi indietro per affrancarsi dalle logiche di mercato e riscoprire una vera nicchia indipendente sana e in qualche modo sostenibile. Perché è da anni che ce la meniamo con la parola "indie" ma se l'indie è quello che è finito a Sanremo, allora è il momento giusto per guardarsi negli occhi, ridefinire gli spazi e se necessario trovare un nuovo nome per tutto quello che sta a metà tra la strimpellata all'oratorio e il palco del primo maggio. Responsabilità anche degli stessi musicisti.

 
 

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