No Label, No Party

Un padovano alla corte di Red Bull

4 Giugno 2021

Appena ho sentito "MEGA" ho esultato.

Dico davvero.

Ca**o se volevo una cosa così qui in Italia. Pensate poi a scoprire che No Label, al secolo Carlo Megighian, è un mio concittadino.

Le sinapsi sono letteralmente andate in cortocircuito e la voglia di intervistarlo è esplosa.

Un padovano alla corte della Red Bull Records? Robe da pazzi.

Ma eccoci qui, a raccontarlo in un’intervista.

Ciao Carlo! Domanda banale, forse scontata: perché questo nome d'arte? 

Il nome d’arte l’ho scelto totalmente a caso, ho iniziato a fare beat per gioco a 17 anni.. prima suonavo in una band e non mi interessava questo mondo. Mi serviva un nome d’arte, quindi ho usato un generatore di parole casuali ed è uscito “No Label”, che mi ha subito flashato perchè mi è sempre piaciuta l’idea di essere difficilmente etichettabile musicalmente.

Sei una delle poche persone, insieme a Caterina Barbieri, Lorenzo Senni, Godblesscomputers e veramente pochi altri, ad aver destato un particolare e spudorato interesse nella new wave della scena elettronica italiana, polarizzando la mia attenzione. Credi che spesso venga sottovalutata? Cosa consiglieresti per un miglioramento?

Guarda ti dirò, per me il problema in Italia è che siamo sempre noi in primis a sottovalutarci: gli stranieri nella nostra testa sono sempre più avanti di noi, quando in realtà ci sono tanti esempi di italiani che hanno spaccato a livello internazionale. Però, appunto, spesso sono gli stranieri a dover prendere le nostre realtà più fighe e a metterle sotto i riflettori, vedi Warp records con Lorenzo Senni ad esempio.

Il problema è anche che in Italia non c’è proprio mercato per questo tipo di musica, che invece all’estero gira un sacco.

Non saprei dirti nel concreto cosa servirebbe per un miglioramento, sicuramente (sperando che riprendano i live a breve) eventi freschi come Club to Club sono una bomba per far iniziare a far conoscere di più al pubblico italiano certi sound che di solito, appunto, non riescono a trovare spazio in altre realtà nostrane.

Ascoltandoti, innegabili possono risultare le influenze di un Aphex, un Four Tet, una SOPHIE, un'ArcaQuali ritieni sia la tua influenza maggiore?

Sinceramente non saprei, quando produco cerco sempre di immergermi nel mio trip ed evito di pensare a cosa farebbero altri artisti al mio posto.

Alcune delle influenze che mi vengono citate spesso non le ascolto nemmeno così tanto, ad esempio Four Tet ed Aphex per quanto siano dei colossi li ascolto abbastanza poco.

Non ho un’artista per cui impazzisco, solamente da ragazzino ero fan assurdo prima dei Nirvana e poi degli Arctic Monkeys... Capirai ahahah!

Da dove nasce una tua idea e come la strutturi? Perché nonostante il tutto sembri un miscuglio disomogeneo, un suo assetto ben preciso lo ha.

Una mia idea può nascere in mille modi diversi, di solito mi metto a cazzeggiare con Logic, e se mi flasha un suono o un’idea di suono che mi intrippa particolarmente, poi da lì ci costruisco attorno tutto il resto.

Comunque si guarda, in queste due uscite ho cercato di portare un sound abbastanza preciso ma allo stesso tempo di giocarci il più possibile, infatti mi fa piacere che tu dica questa cosa perchè è quello che nella mia testa avrebbe dovuto dire un qualunque ascoltatore.

Di base il mio unico obiettivo quando mi metto a produrre cose come questi ultimi due singoli è quello di far vivere un viaggione a chi se li ascolta.. un viaggione non per forza tranquillo!

Di recente è stato ripreso un tuo beat per il nuovo album di Drimer, e già conosciute son le tue collaborazioni con Rosa Chemical, Egreen e Crookers. Nonostante tu sia un produttore multiforme, hai qualche preferenza? Ti trovi meglio nella sperimentazione o come beatmaker?

Li vedo come due binari paralleli, quando sperimento mi sento libero di premere l’acceleratore al 100% se ne ho voglia e posso permettermi i peggio trip musicali.

Però fare i beat è una cosa che mi gasa ugualmente, anzi diciamo che la maggior parte del tempo che investo nella musica lo dedico a quello. Diciamo che, al contrario, il bello di fare il beatmaker è che sono costretto ad essere più diretto, oltre al fatto che è figo confrontarsi con gente mega diversa per chiudere un pezzo. Di base non ho preferenze, voglio solo fare musica che mi possa piacere e che possa piacere a chi se l’ascolta, che sia elettronica spinta o che sia un pezzo drill o un pezzo pop.

Ho aperto con una domanda banale, chiudo con una domanda che banale lo è, ma non la risposta: qual è il tuo sogno musicale nel cassetto?

Lo cambio periodicamente ahahah, quindi ti dico che spero solamente di continuare a mettermi sempre in gioco.

Grazie Carlo per l'intervista, alla prossima magari di fronte ad uno spritz!

 
 
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