Distanti

di Mirco Salvadori

23 Luglio 2021

Erano giunti lì dove il pensiero ancora non riesce a comporre il termine domani.
Erano in bilico sul dirupo del primo bacio giunto per caso e per questo assaporato come nettare sconosciuto, una sostanza assunta con sapiente ingordigia e a più riprese da due adulti alle prese con un nuovo gioco capace di ravvivare lo stanco peregrinare del loro instabile e datato vivere. Frequentavano distrattamente le ore perché una giornata era troppa cosa da sopportare e si ritrovarono abbracciati guardandosi negli occhi, affascinante e dimenticata abitudine, mentre la linfa tornava a scorrere e far pulsare i loro cuori posizionati da tempo sulla panchina del quotidiano. Troppo difficile affrontarlo trasformandolo in materiale per costruzioni assai più solide e durature. Molto meglio abbatterlo con uno slancio tardo giovanile, foriero di battaglie carnali e confronti mentali già vissuti decine di volte ma pur sempre gravidi di rinnovata carica vitale, necessaria per continuare a esibirsi in quel sogno dove tutto era magistralmente creato per apparire vero, reale, tanto che loro stessi sapevano non sarebbero più riusciti a smettere i costumi per tornare alla vita normale.

Erano giunti lì dove il pensiero ancora non riesce a comporre il termine domani quando il domani giunse a sciogliere il loro abbraccio riducendolo ad un semplice ricordo imprigionato in una gabbia con le sbarre incrostate di furiosi batteri capaci di sacrificare il respiro del prescelto sull'altare dell'asfissia. Il trionfo della morte giungeva a rendere distanti coloro che prima si stringevano scambiandosi quanto di più intimo e prezioso è possibile travasare nell'altro. Era giunto il tempo del distanziamento sociale, l'isolamento era l'unica salvezza per il corpo. Non lo era affatto per la mente.

Un rumore ovattato segnava il tempo e i suoi accadimenti, giungeva da molto lontano ma riusciva a coprire dolcemente il brusio costante di un'esistenza immobile, costruita incastrando comodità e paura di cambiamento, scelte mai prese e pigrizia dettata dall'incapacità di gestire la temuta solitudine. Quel rumore lo aiutava a concentrarsi, a capire fin dove poteva spingersi in quel gioco che sapeva essere l'ennesima sconfitta nei confronti di una vita agiata, tranquilla, falsa.

Di tanto in tanto si fermava, agitava la lingua all'interno della bocca cercando di percepire quel sapore che improvvisamente si era insinuato dentro di lei. Un gusto troppo amorevole per esser vero. Eppure lo sentiva, distingueva il tocco di quelle labbra, il loro premere sulle sue aprendosi in un bacio ricevuto come ennesima performance magistrale da parte di chi, sbucando dalla confusione che lo avvolgeva, aveva allungato le mani cercando un solido appoggio che gli evitasse la caduta definitiva nell'ovvietà della sconfitta per abbandono, per rinuncia.


Eppure oltre l'indistinto muro creato da quel rumore, il dubbio iniziava lentamente a scavare nei suoi pensieri. Il suo non era più un vagheggiare perdente tra bottiglie di ottimo vino, cene nei locali giusti, notti di totale comunanza nella quale inserire la spina della ricarica vitale. Quel gioco interrotto era in procinto di trasformarsi in senso di mancanza. Ora iniziava a cogliere la dolorosa lontananza da quello sguardo che per primo lo aveva attirato, istigandolo a iniziare l'ennesimo incontro prediletto dagli adulti privi di consapevolezza. Doveva riuscire a rivederla, doveva superare la barriera imposta dell'isolamento, responsabile unico del continuo rumore di fondo. Doveva fissare lo sguardo dal quale si era allontanato troppo velocemente, sentiva il bisogno di parlarle, stringerla a sé cercando di capire se la vita gli stava offrendo un'insperata nuova occasione per uscire dal bozzolo dell'eterna inquietudine giovanile protrattasi oltre il tempo massimo consentito. Erano distanti, troppo lontani.

Quella sera, poco prima della coattiva cerimonia isolazionista collettiva, la sera nella quale era accaduto l'imprevedibile. Lei conosceva a memoria tutto il copione ma non voleva rinunciare all'ennesima recita. Tutto era troppo perfetto, irreale, privo di pause e imbarazzo. La cena con le amiche, il suo sguardo che incrocia quello di un ospite seduto al tavolo di fronte. Uomini in libera uscita, pensa subito, ma lo fa troppo lentamente. Il tempo di visualizzare tutti i contro e i pochissimi pro di un incontro con esemplari di quella specie e gli sguardi iniziano a inseguirsi. Cos'è l'attrazione? Pensava ora, immersa nella solitudine della propria poltrona che galleggiava come una barca malandata nell'immenso e silente mare dell'isolamento sociale. Perché non riusciamo a controllarla, a farla brillare alla luce del sole producendo un'esplosione visibile a chilometri di distanza? Perché non urliamo il nostro coinvolgimento, invece di trattenerlo nel sussurro all'amica fidata o confinandolo nel ticchettio dei tasti che compongono il testo di un messaggio notturno. Un solo lungo bacio e la mancanza iniziava a farsi sentire, pulsava come un rumore di fondo, ovattato dalla separazione che lo gonfiava come la tempesta gonfia il mare e lo trasforma in un mostro schiumante rabbia. Manchi! Aveva digitato sul cellulare con dita indecise. Manchi ma non mi manca ciò che tu sei, quell'uomo che ho stretto a me nella frazione senza tempo di una notte di libertà virtuale. Mi manca sapere ciò che potresti essere, che potremmo essere se solo questo isolamento cessasse all'improvviso, liberandoci. Mi manca sapere se potremmo affrontare la vita giocando come solo due adulti sanno fare.

Aprì gli occhi lentamente senza distinguere nulla, non riusciva a muovere nessun muscolo del corpo mentre il cuore iniziava a battere sempre più velocemente. Si rese conto che era disteso a pancia sotto e qualcosa gli stava segando la gola dal di dentro. Il rumore ovattato che lo aveva accompagnato fino a poco prima, si era trasformato in un concerto di suoni che sembravano partoriti da macchine impazzite. Rumore puro mixato alla perfezione con le voci delle molte persone che si davano da fare attorno al letto dove giaceva. Era come se avessero posizionato un masso da un quintale sulla sua schiena, il respiro si faceva via via sempre più corto. Non riusciva più a riempirgli i polmoni con la preziosa sostanza necessaria a mantenerlo in vita. Il rumore crebbe diventando frastuono, riuscì a distinguere il viso di qualcuno che lo incitava a tener duro stringendogli la mano.

Nel definitivo sovrumano sforzo per raccogliere l'ultima goccia di ossigeno necessario alla sopravvivenza riuscì a spalancare gli occhi puntandoli sulla visiera di plastica dietro la quale lo scrutava lo sguardo della giovane infermiera. Serrò la gola attorno al tubo che lo stava martoriando da chissà quanto tempo e stringendo allo spasimo quella piccola mano, con l'ultimo frammento di battito ancora a disposizione, impercettibilmente sussurrò: distanti.

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"Distanti" è un racconto breve apparso nel volume Quinto Paesaggio / Concerti di Idee in Azione curato da Daniele Menichini e Diego Repetto per D Editore - 2021

 
 

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