Venezia78 - "The lost daughter" e madri smarrite

Una donna in fuga dai problemi del suo passato, una giovane madre vulnerabile e sola, l'incontro tra le due in una sperduta isoletta della Grecia.

8 Settembre 2021

Maggie Gyllenhaal, al suo esordio dietro la macchina da presa, porta sul grande schermo la trasposizione del romanzo di Elena Ferrante, La figlia oscura. Un debutto non semplice quando si tratta rendere immagine tutto ciò che è il senso di inadeguatezza, senso di colpa, disagio.

The Lost Daughter, inizia con Leda Caruso (Olivia Colman) che fissa le onde del mare prima di accasciarsi per terra. È un’insegnante di letteratura comparata italiana che sta trascorrendo le vacanze estive su un isola greca. In fuga dal suo passato, forse da sè stessa, è spigolosa, salta sempre i pasti, respinge chiunque si avvicini e nei suoi occhi si leggono tormento e angoscia.

La sua tranquillità solitaria viene turbata dall’arrivo di una chiassosa famiglia greco-americana, tra loro una giovane madre, Nina (Dakota Jhonson) con la piccola figlia Elena. 

Guardando il rapporto tra madre e figlia delle sue nuove vicine di ombrellone, Leda si ritroverà a rivivere gli anni lontani della sua maternità e la sua stessa mente la catapulta in un vortice di ricordi delle proprie figlie.

Il peso della maternità si staglia sullo schermo attraverso i continui flashback di una giovane Leda (Jessie Buckley), stanca ed esausta nel crescere due bambine piccole mentre cerca di non mandare all'aria la propria carriera, fino a quando non abbandona la sua famiglia per tre anni, fino quando non torna perchè le mancavano, definendosi una "madre snaturata".

Ma la domanda che inconsciamente sorge spontanea è se davvero una madre può perseguire la realizzazione di propri obiettivi lavorativi senza essere accusata di trascurare i figli.

Senza voler deprecare la maternità, il matrimonio o il lavoro domestico, però c’è la necessità di dover riflettere  - ancora una volta - sulla possibilità di poter scegliere liberamente e non essere costrette dalla cultura patriarcale a essere esclusivamente madri, mogli o guardiane del focolaio domestico. Non esiste un modo unico di essere donne e allo stesso tempo la necessità di rifuggire da ruoli stereotipati è sempre più necessaria. Come del resto il peso della gestione familiare non può gravare solo sulle spalle delle donne.

Il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza, le differenze salariali tra uomini e donne, le imposte sugli assorbenti, le molestie sessuali sul luogo di lavoro e i femminicidi sono temi che riportano al fatto che ancora non c’è una totale parità tra uomini e donne.

The lost Daughter è un film che si snoda attraverso complessi corridoi emotivi, Maggie Gyllenhaal ha il pregio di far riflettere sul conflitto tra chi siamo e ciò che vorremmo essere, sulla percezione che ognuno ha di sé e gli effetti dello sguardo altrui.

Libertà, ribellione ed emancipazione devono realizzarsi a prescindere del coronamento della maternità, c’è chi lo sceglie, chi non lo desidera, chi se ne rende conto troppo tardi o chi cambia idea. Nessuna donna nasce - per forza - madre.

 
 
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