Barbara+Marco: Sonic Garden Experience

Secret Lovers Records

21 Giugno 2022

Recensire l’album d’esordio di Barbara+Marco è un po’ come rimettere a posto lo scaffale della mia vita: gli amici, le città, i viaggi, le scoperte e soprattutto le musiche.
Perché?
Beh, Marco Dianese è prima di tutto un amico con cui, da sempre, condivido la stessa passione per la musica che un tempo si sarebbe detta “alternativa”. Barbara Gogan, pur non conoscendola personalmente, è un’artista che ho cominciato a seguire appena il mio ascolto si è fatto consapevole.
Tutto cominciò negli anni ’80, c’era la “new wave” e prima come ascoltatore, poi come conduttore radiofonico cercavo, pur vivendo nella profonda provincia veneta, di seguire quella nuova tendenza. Alcune trasmissioni radio mi hanno aperto quel mondo, un’onda che ho surfato, in cui mi sono immerso, che ho inseguito per le città di mezza Europa a caccia di dischi, di concerti, di situazioni.
Nello studio in cui cominciai a trasmettere assieme al mixer, ai nastri che giravano sul bobinone, al microfono ricoperto dalla spugna gialla, c’erano due giradischi su cui appoggiare con cura in miei vinili. Uno dei primi LP che ci posizionai sopra era “Thirty Thousand Feet Over China” dei The Passions. La puntina calò su "I'm in Love With a German Film Star" e sentivo la voce di Barbara Gogan nelle cuffie così come sarebbe uscita dai ripetitori in modulazione di frequenza: eterea.

L’ atmosfera in radio in quelle serate, che diventavano spesso nottate, la ricordo anch’essa “eterea”. Del resto questa parola significa letteralmente “pertinente all'etere” e dallo studio di Radio San Donà abbiamo immesso per anni nell’etere suoni e parole appassionate. Tra i dj di quella libera emittente c’era anche Marco Dianese.
Marco è arrivato a Radio Sandonà negli anni novanta in piena rivoluzione digitale, quando la new wave veniva inghiottita dall’ondata elettronica, proponendo da subito un suono stranamente “contaminato”.
Oggi sembra impossibile ma all’epoca c’erano musiche che erano percepite agli antipodi: o si ascoltava il rock e le sue derivazioni (post punk, wave, indie ...) oppure si era dell’altra parte e si sceglieva l’elettronica, gli albori della techno/house, dell’IDM.... Io per esempio, attratto ancora una volta dalle nuove tendenze, abbandonai quasi completamente la new wave e le varie derivazioni rock per immergermi totalmente in quell’onda elettronica. Marco invece ha sempre scavalcato questa contrapposizione comprendendo da subito quanto sciocco fosse ragionare ancora per generi, per compartimenti stagni. Il suo approccio “contaminato” mi ha spesso aiutato a mantenere aperte delle porte, a superare un atteggiamento troppo “settoriale”.
Vi racconto tutto questo per dirvi che ci sono persone, suoni, voci che mi serve ritrovare quando fatico a orientarmi nell’ascolto, perché mi permettono di concatenare, di trovare il giusto ritmo nella ricerca sonora.

Fin dal primo ascolto questo album mi è parso capace di dosare l’energia e l’atmosfera, curare le sfumature tra buio e luce, giocare con alcuni equilibri che hanno formato una parte importante del mio giardino sonoro: la voce e la chitarra di Barbara riportano alla new wave più estatica e angelica ma integrandosi perfettamente con l’elettronica di Marco permette all’ascoltatore di attraversare epoche e sonorità diverse. Un suono che sembra piegare la linea del tempo in una spirale che libera biodiversità sonora: “Sonic Garden Experience”
Ascolto consigliato!

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