Speciale Premio Dubito #Sherwood 2022

Intervengono Marco Philopat (editore di Agenzia X e uno dei coordinatori del Premio Dubito), Gabriele Stera (vincitore per ben due volte del premio nel 2013 e nel 2016), Eugenia Galli (Monosportiva Galli Dal Pan e Zoopalco collettivo artistico e label e vincitrice nel 2020) e infine Giulio Musso (del progetto Astolfo 13, vincitore nel 2019).

24 Giugno 2022

Il Premio Dubito, su iniziativa della famiglia Feltrin, è stato fondato dieci anni fa per ricordare Alberto “Dubito” Feltrin, ed è veramente stato attraversato da centinaia di artiste e artisti provenienti da nord a sud, con percorsi diversi che si sono intrecciati in una comunità sempre in cambiamento.

Il premio è organizzato in collaborazione con Agenzia X Edizioni, CSOA COX18 e CSO Django. Un premio che per citare le parole di Gabriele Stera “ha letteralmente inventato una scena, catalizzando proposte artistiche provenienti dal mondo dello slam, del rap, del post-rock, della musica popolare e sperimentale, ecc.”.

ll Premio valorizza e stimola la produzione artistica giovanile nel campo della poesia ad alta voce (spoken word, poetry slam) e della poesia con musica (spoken music, rap) privilegiando le esperienze innovative frutto dell’espressione artistica più pura, campi nei quali Alberto ‘Dubito’ Feltrin era uno dei più noti esponenti delle giovani generazioni.

Il Premio è riservato a giovani poeti, musicisti, performer che non abbiano ancora compiuto il 35esimo anno di età e ai gruppi o autori collettivi.

Esattamente due mesi fa, tra il 23 ed il 24 aprile 2022 al Cso Django, si sono celebrati i dieci anni di premio dubito, intitolato “Rime di pietra sui divieti” con l’esibizione di tutti i vincitori e vincitrice delle scorse edizioni. Ma non solo, due giorni pieni, vivissimi, una vera e propria esperienza a 360 gradi nell’arte performativa, nelle autoproduzioni e audiovisive, con la presenza di sala cinema permanente, sala conferenze con assemblee e tavole rotonde e sculture ed installazioni.

Siamo ancora attualmente nella cornice di iscrizioni per partecipare all’edizione corrente, apertasi lo scorso 25 aprile e che terminerà il prossimo 31 agosto 2022, basterà mandare il proprio materiale, per candidarsi, e per chi volesse partecipare rimando al bando rinvenibile sul sito Premiodubito.it

Marco Philopat racconta che il premio nasce dal libro Erravamo giovani stranieri, una raccolta di poesie, canzoni, prose e immagini di Albeto Dubito. Infatti Alberto lavorava per Agenzia X e la casa editrice dopo la sua scomparsa si è impegnata a pubblicare il libro, convinta che fosse un materiale prezioso per tutta la comunità, per tutti i compagni e tutte le compagne di Treviso. Il libro è diventato quasi un manifesto della generazione di Alberto. I genitori di Alberto hanno poi proposto la creazione di un premio, insieme ad un carissimo amico di Alberto, Lello Voce. Alberto era sì un musicista rap del gruppo Disturbati dalla CUiete, ma era anche un grandissimo poeta. Proprio per questo l’idea fu di unire le due arti, poesia e musica. La poesia, come la musica, riesce a smuovere alcune corde come nessun’altra cosa può fare. 

Il Premio Dubito non è soltanto un premio che raggruppa molti giovani appassionati di poesia, ma è riuscito a costruire una comunità che si impegna in tante iniziative, portando la poesia, il rap, lo slam poetry in giro per le strade. Ad esempio a Milano, nel 2020 quando ci lasciò il poeta L. Ferlinghetti, abbiamo fatto tante scorribande dove la movida si raggruppava. Ferlinghetti ha descritto questo ambiente, questa situazione in una poesia di rottura, che parla del clima falsamente gioioso del postlockdown. Noi abbiamo deciso di portare nelle strade questa poesia, questo autore.

Il Premio Dubito è uno dei pochi micromovimenti che è riuscito a creare una comunità, che si ritrova continuamente. In dieci anni ci sono stati nove vincitori, che tuttora continuano a trovarsi e a incontrarsi. Marco Philopat conclude ricordando una delle funzioni fondamentali della poesia: in questo periodo è difficile razionalizzare i movimenti, le campagne di lotta; la poesia è uno strumento per comprendere, per capire e condividere quello che queste esperienze vogliono lasciarci. 

Gabriele Stera, nato a Trieste, unico a vincere per due volte il premio dubito, nel 2013 e nel 2016, ha pubblicato un libro-disco, Dorso Mondo, e la serie di video poesie Fini del mondo. Attualmente, lavora come ricercatore-artista in arti e tecnologie all’università di Parigi. La sua prima partecipazione è legata a questo suo trasferimento infatti il giorno dopo l’esibizione doveva trasferirsi, è quindi arrivato alla finale del Premio trascinando una valigia pesantissima ed ingombrante con tutta la sua vita dentro.

In relazione al suo utilizzo della lingua italiana, che diventa la forma più autentica di sfogo e di espressione, specie nel momento in cui si vive all’estero, ci racconta:

“Ho avuto un percorso artistico intersecato al Premio Dubito, infatti mi sono interessato di poesia, di slam poetry, grazie ad Alberto e al Premio, che ha inventato e creato la prima scena di questo tipo in Italia. La prima edizione, a cui ho partecipato, è avvenuta durante un’occupazione, ed è stata un’emozione fortissima. A Parigi, non avendo grandi contatti con persone italiane, ho dovuto costruirmi un linguaggio nuovo, per costruire storie e per raccontarle una volta tornato in Italia.“

In una delle sue opere si legge: “Non e’ mai stata per me la pratica di una disciplina questa cosa che chiamiamo poesia. fare altro. Che il nostro tempo magari finisca per scriverci ma che debba per farlo inventarsi un alfabeto.” Quello che esprime è il concetto che la poesia non è un prodotto assemblato e confezionato a comando, che non segue un binario predefinito, ma che crea un suo registro volta dopo volta, situazione dopo situazione. 

Stera dice: “Si lega ad una formulazione che Alberto citava a più riprese: scrivi il tuo tempo prima che il tempo scriva te. Il lavoro sporco, ovvero quello di inventare un linguaggio, lo fa il tempo. Per dedicarsi all’arte della poesia, che non ha palchi grandi e soddisfazioni egotiche, uno ad un certo punto necessita di trovare uno scopo, un’obiettivo. Nel caso mio è trovare un linguaggio che possa creare un immaginario collettivo. Se non siamo in grado di immaginare parole che creino tempo e spazio collettivo, che sia praticabile davvero dalla collettività, perde di senso.  Non è questione di disciplina, ci sono dentro alcune tecniche, ma non c’è ricetta, non c’è tecnica perfetta. “

Giulio Musso insieme a Federico Pipia compone Astolfo 13,  un progetto meraviglioso, una reinterpretazione in chiave rap sperimentale ed elettroacustica di alcuni episodi de L’Orlando Furioso.

“Io e Federico (compositore di Palermo) siamo amici sin da piccoli, io scrivo i testi, e il progetto è nato in maniera naturale, mettendo insieme tutta una serie di cose che hanno sempre composto gli orizzonti della nostra immaginazione, il nostro modo di evadere dal quotidiano. Tutte queste cose le abbiamo messe là dentro. Nel nostro progetto non c’è solo l’opera che si studia a scuola, in mezzo ci sono tanti riferimenti che hanno a che fare con il rap, la musica popolare, la musica elettronica, le storie di avventura di quando eravamo piccoli. E oltre alla musica rap sono presenti scene teatrali e tradizionali siciliane in dialetto palermitano. Non abbiamo lasciato l’ambientazione tradizionale de L’Orlando ma l’abbiamo trasportato in parte nei nostri quartieri di origine.”

Eugenia Galli insieme a Lorenzo Dal pan forma il duo Monosportiva Galli Dal Pan, dalla crasi dei loro cognomi. 

Eugenia spiega che il nome monosportiva è stato dato in realtà da Toi Giordani che con il progetto Mezzopalco vinse la sesta edizione del Premio Dubito. Il nome Monosportiva poi si collega al  primo Ep di Eugenia uscito nel 2019 che trattava del tema del corpo declinato in alcune circostanze tra cui quella della palestra e dell’allenamento. Eugenia frequentava la palestra e nello specifico faceva sollevamento pesi, questo ambiente per lei era diventato motivo d’ispirazione, si è ritrovata avvolta da una speciale umanità in questo contesto che le ha fornito spunti interessanti e utili anche alla sua arte. Il nuovo lavoro di Eugenia riguarda sempre il tema del corpo al quale si richiede sempre di avere una certa forma, ma questa volta legandolo al tema del sex work.

Eugenia nella sua composizione ha introdotto l’utilizzo della schwa e ci spiega che per lei questo non è un atto provocatorio, è infatti da anni che l’ha accolta anche nel suo linguaggio quotidiano, nell’ambito lavorativo e in contesti culturali che le permettono di compiere delle scelte espressive e linguistiche indipendenti. Cerca di esprimersi con forme il più possibile inclusive anche in poesia, un mondo in cui molto spesso la schwa viene utilizzata in maniera ironica o addirittura dispregiativa. Eugenia contrariamente la utilizza per trascendere il binarismo di genere e oltre a porla per iscritto nei suoi testi, la pronuncia anche nel linguaggio orale, quando legge le sue poesie. Nonostante questo Eugenia ci tiene a sottolineare che presenta la schwa anche in modo critico; parlare da donna cisgender di soggettività non binarie potrebbe essere un atto di prevaricazione.

Per concludere viene chiesto agli ospiti quali potrebbero essere le prospettive future per il premio e cosa consiglierebbero a chi volesse parteciparvi.

Gabriele Stera interviene per primo incitando chi fosse interessato a partecipare al Premio in maniera originale.

Giulio Musso spiega che per lui il Premio Dubito ha rappresentato uno snodo cruciale che gli ha permesso di conoscere delle persone che fanno l’unico uso possibile della poesia, quello valido, politico e concreto di quest’arte. Il Premio Dubito è una comunità aperta, relazionale e Giulio si aspetta che continui ad essere un “faro nel deserto” per le persone che vivono male il proprio tempo e vogliono porvi dei rimedi, “mettere dei cerotti”.

Eugenia spera che al Premio Dubito inizino a partecipare anche gli adolescenti perché pensa che la generazione Z abbia degli altri modi di raccontare le cose, un linguaggio diverso che a lei piacerebbe ascoltare. 

L’ultimo a intervenire è Marco Philopat che spiega che nonostante il mondo sia cambiato, e stiano cambiando i linguaggi, non c’è dubbio che poesia e musica rimangano due strumenti di ricerca della propria identità, invita quindi tutti a buttarsi e a ricercare la bellezza che hanno dentro, suonando e scrivendo. 

Infine tutti gli ospiti concordano sul fatto che il premio dubito di per sè non porti a successo e popolarità, ma che chiunque decida di parteciparvi si troverà in una grande comunità che crede davvero nel potere dell’unione tra musica e poesia.

 
 

    audio

loading... loading...