Neighborhoods - Blink 182

Interscope, 2011

12 Novembre 2011

Una tappa devastante per la mia generazione, la stessa che pochi anni dopo crescerà coi Blink, è stata l'accettare la morte di Mufasa e vedere Simba impegnato ad esorcizzarla e superarla. Quando il Simba dedito allo sballo, all'hakuna matata, dimentico del proprio destino si trova a tu per tu con lo spirito del padre guardando il cielo, Mufasa scompare non prima di aver intimato, perentorio: “Ricordati chi sei”.

Neighborhoods racconta una band che si è smarrita, e che deve ricordarsi di se stessa, ritrovarsi.

Perché i Blink, come tutte le cose, da sciolti erano migliori. Vituperati e odiati al tempo del loro massimo successo, altro non erano che un gruppo pop-punk con qualcosa in più degli altri: gusto melodico, voci inconfondibili, un fuoriclasse alla batteria dal 1999 in poi. E piacevano al mondo intero. Un gruppo di cazzoni, con canzoni cazzone, testi cazzoni, immagine cazzona. E' che per la “scena” fare i cazzoni su MTV non era affatto simpatico.

Il vero valore dei Blink si è visto al momento di scrivere un disco diverso, un disco al passo coi tempi e avanti a questi allo stesso tempo, quel disco rimasto senza titolo che a mio avviso rimane una prova straordinaria anche per tutte le implicazioni che portava assieme al proprio valore assoluto; era bello, ancor più bello se in calce si guardava bene per leggere la scritta “e adesso state tutti zitti”.

Poi la follia, e quell'”undefined hiatus” che di fatto scriveva la parola fine su un gruppo che a suo modo aveva fatto la storia degli anni subito addietro. Nessuno ci sperava più.

Che cosa li abbia fatti riunire non lo so: l'aver guardato in faccia la morte, la voglia di coprirsi di denaro, le tesi sono diverse e a me sinceramente non interessano. So che i Plus44 erano inutili quanto gli Angels & Airwaves, e che i Blink 182 una possibilità se la meritavano. Ma tornare un gruppo dopo essersi odiati, aver rinnegato il proprio passato e aver tentato improbabili esperimenti progressive-rock non è facile come annunciare al mondo “Siamo tornati”.

Neighborhoods inizia male, malissimo. Ghosts on the Dance-floor è una canzone zeppa di effettini, delay e una voce sbiascicata che vuole sembrare consapevole, ma fa solo arrabbiare, mentre nessuno sembra accorgersi che le manca il ritornello. Natives si assesta su velocità più commoventi, si risente Mark, il riff rimanda a M+M's ma non è più lo stesso. Se anche l'esperimento nostalgia è fallito, i presagi per il futuro sono tetri. Il singolo Up all Night delude, ma è un singolo: i singoli deludono sempre; si può soprassedere, anche se paiono riff messi assieme a casaccio. E ancora, quella voce tronfia. La prima ballatona, After Midnight, non va a segno; adesso è qualcosa più di un sospetto: i Blink se ne sono andati per davvero, i Blink hanno scritto un disco brutto. Snake Charmer dà dei timidi segnali di ripresa: il synth, la strofa minimal, il riff coi chitarroni ricorda un po' Violence. La ricorda, sì, timidamente.

Vien voglia di spegnere e buttare via tutto. Cos'è questa band che si prende sul serio, che abusa degli effettini come fanno i peggiori dei principianti? Dove sono i ritornelli? Dov'è la melodia? Dov'è il colpo di genio che non ti togli più dalla testa?

Mentre tutto sembra perduto parte un interludio, pianoforte chitarra elettrica e vigorose pennate di basso. Pare una sigla di chiusura, il sipario che cala sull'esperienza Blink. Non la loro, la tua. Altro che undefined hiatus. Un addio. E' lì che si sveglia Travis, che sveglia gli altri tre, e parte Heart's All Gone. Un cazzo di pezzo hardcore, che pare quasi che Greg Graffin li stia sculacciando. Poi Wishing Well, e -attenzione- c'è la melodia, e funziona. Anche con gli effettini di merda. C'è un'idea finalmente. Un progetto. E la band va, funziona.

I Blink hanno sentito Mufasa.

Kaleidoscope fa temere che siano stati episodi isolati, colpi di culo, si ricade nel mediocre. This is Home, il pezzo migliore, chiedendo aiuto ai Cure di inizio Novanta, ci restituisce una band in forma. Non capisco più un cazzo. Mi viene quasi da piangere quando, nel brano successivo, Mark canta a squarciagola Hold on/the worst is yet to come/ stop living in the shadow of a helicopter. In momenti del genere ritorno a pensare che la musica ci salverà, ci salverà tutti.

C'è tempo per esperimenti bizzarri che fanno pur sempre il culo ai Killers (Love is dangerous), Fighting the gravity lascia sfogare Travis e i suoi gusti black, ma il risultato è sorprendente. Si chiude alla maniera dei vecchi Blink con Even if she falls, e viene da tirar fuori il fazzoletto bianco e salutare i Blink dalla banchina. Viene da pronunciare un arrivederci che suona meno amaro di prima. I Blink si sono ricordati di chi sono, con un disco soffertissimo e sudato, a tratti brutto, a tratti commovente, che ai fan intransigenti come me fa male, quel male che ti fa sentire più forte.

Io credo che questo album difficile racconti questo.

Oppure no, questa teoria è troppo forzata, il disco una merda e questa recensione solo un sogno. Ma in fondo, non si vive di sola realtà.

 
 

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  • Blink 182 - Heart's all gone
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